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"La scuola che vogliamo: un posto dove crescere, maturare, migliorarsi", di Sofia Sabotino*

Viaggio nelle associazioni studentesche. Sofia Sabatino (RdS): una scuola che possa diventare un punto di ritrovo sociale e che possa rivoluzionare ogni singolo quartiere e quindi, scuola per scuola, tutta l’Italia. E’ difficile entrare nell’ottica di una scuola completamente nuova, ma il modello che immaginiamo in realtà può sembrare utopico e irraggiungibile solo se lo paragoniamo alla scuola Italiana, in altri paesi europei quello che descriviamo è già la normalità.

Prima di tutto la scuola che immaginiamo è pubblica e gratuita, per d’avvero come dice la nostra Costituzione. Lo studente e la famiglia che gli sta alle spalle non dovrebbe sborsare nemmeno un euro per far studiare il proprio figlio, in questo modo tutti potrebbero veramente accedere all’istruzione, cosa che purtroppo oggi non è ancora garantita a una fetta ampissima di studenti.

La Scuola che vogliamo esce fuori dagli schemi attuali ed è un sistema istruzione che forma non solo lo studente per l’università o per il mondo del lavoro consegnandogli determinate conoscenze, ma è una scuola che pone come sua priorità la formazione degli individui in quanto cittadini, facendo in modo che ogni studente abbia modo di esprimere liberamente le proprie capacità, e sia lui stesso parte attiva del proprio percorso di formazione. Attore protagonista della vita scolastica e non spettatore.

La scuola che vogliamo è una scuola che va al nostro ritmo, non a quello dei nostri genitori o dei nostri nonni, è una scuola in cui l’apprendimento deve essere un processo partecipato. Si deve superare definitivamente l’idea di lezione frontale e costruire la lezione in maniera da coinvolgere tutti gli studenti e rendere l’apprendimento un processo collettivo del gruppo classe, anche se comunque indirizzato dall’insegnante.

Per questo la scuola che vogliamo deve essere innanzitutto un luogo diverso, propedeutico ad un’idea di apprendimento differente, con aule circolari per azzerare l’idea di lontananza tra docente e studente e accrescere quanto più l’idea di partecipazione, con laboratori, palestre, piscine, spazi comuni, biblioteche, aule studio.

La scuola che vogliamo deve essere un luogo dove valorizzare le capacità di ogni singolo studente, costruendo percorsi di formazione individuali per ogni ragazzo, che seguito da un tutor di riferimento deve essere in grado di scegliere consapevolmente il proprio percorso formativo. Proprio per questo immaginiamo un biennio unitario, garanzia di conoscenze di cittadinanza di base, con la possibilità di scegliere corsi facoltativi a scopo orientativo, per poter al triennio essere in grado di compiere una scelta consapevole sul proprio percorso di studi. Nel triennio ogni studente deve poter affiancare ad alcune materie obbligatorie, altre facoltative di formazione più specifica.

Inoltre è necessario sicuramente pensare ad una riforma dei programmi che sono gli stessi ormai da troppi anni, non concedono l’elasticità necessaria di cui un sistema scolastico così pensato ha bisogno e soprattutto sono troppo lontani dal mondo che viviamo ogni giorno.

Anche il sistema di valutazione dello studente deve cambiare. La bocciatura, intesa come misura esclusivamente punitiva, che nella maggior parte dei casi non aiuta in alcun modo a superare le lacune e finisce per essere esclusivamente causa dell’abbandono scolastico, deve essere superata. Sostituita da forme di recupero delle lacune nelle singole materie che non siano preclusive del continuo del percorso scolastico generale. Il recupero delle lacune deve essere sicuramente seguito da parte dei docenti con maggiore attenzione lavorando sulle difficoltà singole di ogni ragazzo.

Il sistema di valutazione, esclusivamente numerico, è decisamente limitativo. Un numero non può e non deve essere l’espressione delle capacità di uno studente. La valutazione nella scuola che vogliamo, deve essere frutto di tutto il percorso di apprendimento, della partecipazione in classe, del proprio percorso personale al di fuori della scuola e non solo della verifica, deve essere narrativa e vedere una partecipazione attiva dello studente da valutare e dell’intero gruppo classe.

Alla partecipazione in classe e nel processo di apprendimento, deve fare seguito anche la partecipazione sempre maggiore degli studenti negli organi decisionali della scuola, a partire dal Consiglio d’Istituto dove la presenza studentesca andrebbe incrementata sensibilmente.

La scuola che vogliamo è una scuola che non inculca nozioni ma che crea coscienza critica, per questo crediamo che l’obbligo scolastico debba essere innalzato fino a 18 anni, combattendo l’abbandono scolastico e investendo risorse per fare in modo che non un solo ragazzo non arrivi a compiere i suoi 18 anni a scuola, nello stesso tempo però togliendo un anno di scuola, per metterci al passe coi nostri coetanei europei. Tutto questo sistema scolastico non può in alcun modo essere scisso da una visione nuova e migliore dell’intera vita studentesca e giovanile.

La scuola che vogliamo deve essere non solo una scuola, ma un centro culturale per tutta la città o il quartiere, un luogo di cultura aperto tutto il giorno, fornito di bar, mense, palestre, biblioteche e tutti gli strumenti necessari per diventare il luogo dove ogni ragazzo (e non solo) può spendere il proprio tempo, anche al di fuori degli orari scolastici.

La scuola che vogliamo deve essere un posto dove crescere, maturare, migliorarsi, una scuola che possa essere vissuta dalla mattina alla sera, e che possa diventare un punto di ritrovo sociale e culturale e che possa rinnovare e rivoluzionare ogni singolo quartiere e quindi, scuola per scuola, tutta l’Italia.

*Portavoce nazionale Rete degli Studenti

www.partitodemocratico.it

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