attualità, partito democratico, politica italiana

"Lega addio. Il Pd in testa in Lombardia", di Andrea Carugati

L’asse Gemonio-Arcore investito al Nord da un vero tsunami. E il centrosinistra si trova a un passo dalla conquista di città che ieri sembravano impossibili. A Como, Lega e Pdl nel 2010 sfioravano il 60%, alle comunali di qualche giorno fa hanno preso il 20%. È qui, in quello che veniva chiamato «il Mugello del centrodestra», feudo incontrastato per tutta la seconda Repubblica, che inizia il nostro viaggio nella Lombardia posttsunami del 6 e 7 maggio. Una regione dove l’asse Arcore-Gemonio è semplicemente collassato, regalando al Pd e ai suoi alleati una chance formidabile: ritrovarsi primo partito, a un passo dalla conquista di città che sembravano aliene. Difficile parlare di una clamorosa avanzata dei democratici: quasi sempre i voti sono gli stessi del 2010, con qualche punta di eccellenza e qualche oscillazione al ribasso: ma quello zoccolo duro del 35-40% improvvisamente è diventato oro. «Mentre tutto un sistema salta per aria noi teniamo e ci consolidiamo, e riusciamo a mettere in piedi coalizioni che si aprono alla società civile», sorride Maurizio Martina, giovane segretario del Pd lombardo. «Non era affatto scontato, per me è un risultato che vale doppio».
A Como il geologo Mario Lucini è largamente in testa nella sfida del ballottaggio del 20 e 21 maggio: 35,5% contro il misero 13,2% della candidata Pdl Laura Bordoli. Qui, come in altre realtà importanti della Regione, da Crema (vinta al primo turno, a sorpresa, da Stefania Bonaldi) a Garbagnate Milanese, gli ingredienti messi sul tavolo dal centrosinistra sono quasi sempre gli stessi: costruzione di coalizioni con Idv e Sel aperte alle liste civiche, le primarie, la vittoria di persone che si erano fatte le ossa nei duri anni di battaglia all’opposizione. Un lavoro silenzioso, che però ha dato i suoi frutti, come confermano i dati del varesotto, dove il centrosinistra è in testa in due Comuni guidati per quasi vent’anni dalle camicie verdi, Tradate e Cassano Magnago, paese natale del Senatur, dove la Lega è clamorosamente fuori dal ballottaggio. Per non parlare di Monza, dove il sindaco leghista uscente Marco Mariani è rimasto fermo al primo turno con l’11% e ora in testa c’è il candidato Pd Roberto Scanagatti, forte del 38%, contro il pidiellino Andrea Mandelli al 20%.
C’è un unico filo che lega tutte queste realtà: un Pdl ai minimi termini, una Lega divisa e in caduta (a Tradate -15%), amministrazioni uscenti litigiose, con risse e faide tra i due ex alleati e anche al loro interno, la nascita di liste civiche di dissidenti, spesso ex leghisti, che in un caso, come ad Abbiategrasso, ora si schierano col candidato Pd Pierluigi Arrara. Mentre a Cassano Magnano, la candidata maroniana Stefania Federici ha fatto pubblica dichiarazione di stima per il Pd Mauro Zaffaroni, un medico che viene dal Pci.
Questo non vuol dire che sia in corso un flirt tra Pd e Lega. Ma che sarà assai difficile una ricomposizione nelle urne del vecchio centrodestra. «Libertà di voto», ha tuonato Bobo Maroni, fulminando il governatore Formigoni che auspicava un soccorso verde nei ballottaggi. E così il Pdl ora punta sui grillini: ha offerto sostegno all’unico candidato 5 stelle in corsa, Matteo Afker, che sfida il Pd Mario Pioli a Garbagnate. Ma quelli non ne vogliono sapere di apparentamenti, anche se il coordinatore si è spinto sino a offrire assessorati ai grillini in cambio del loro appoggio negli altri Comuni dove si torna alle urne. «Non sanno più cosa inventarsi», sorride Pioli, che ha già governato Garbagnate per 16 anni e ora parte dal 43,7% contro il 10% del grillino. A parte il corteggiamento dei grillini, al Pdl decimato restano poche carte. «Che devo dire, qui a Monza c’è un ottimo clima», sorride il candidato Pd Scanagatti, 57 anni, anche lui ex Ds, dirigente d’azienda. «Pdl e Lega possono anche cercare di ritrovarsi, ma da due sconfitte non nasce una vittoria». Lui, che ha costruito il suo successo dialogando con i tanti comitati di cittadini che sono nati in città contro le scelte urbanistiche del vecchio sindaco, va avanti per la sua strada. «Stiamo con i piedi per terra, ma c’è un elemento di soddisfazione: la Lega ha fallito e noi ci siamo fatti trovare pronti, in contatto con i cittadini e i loro bisogni insoddisfatti». Il comasco Lucini gli fa sponda: «Lo sa che ai banchetti tanta gente di centrodestra ha detto che mi votava perché di quelli non ne poteva più? Un signore mi ha preso per un braccio: “Io ho sempre votato Lega, ma lo so che voi i bambini non li mangiate…”».
I voti leghisti, dunque. Molti sono rimasti a casa, buona parte nelle file dei grillini. «Ma qui da noi c’è anche tanta gente di sinistra che votava Lega che è tornata a casa», spiega Zaffaroni da Cassano Magnago. «Noi siamo tornati tra i cittadini in modo capillare e abbiamo anche saputo presentare volti nuovi», sorride Stefania Bonaldi, classe 1970, eletta sindaco al primo turno a Crema. Anche lei, come Scanagatti e Lucini, ha guidato per anni il Pd sui banchi dell’opposizione.
Gente che ha contribuito a cambiare la geografia politica lombarda. Con il centrosinistra che vince al primo turno a Cesano Maderno e Pieve Emanuele (la cittadina sede nel 1991 del congresso fondativo della Lega Nord), è in testa in luoghi difficili come Desenzano del Garda e Melegnano, prova a giocarsela anche a Legnano, Erba e Magenta. A Tradate la favorita è Laura Cavallotti, una ex dirigente del Comune che a un certo punto, «stufa delle troppe cementificazioni», ha deciso di correre con una civica e si è alleata col Pd: 30% contro il 29,4% del leghista Gianluca Crosta. Un distacco esilissimo, una sfida che appare in salita. Ma lei non si dà per vinta. Del resto alle regionali di due anni fa Pdl e Lega facevano il 60%. «Niente fanfare», avverte il deputato Pd Daniele Marantelli. «Per noi c’è ancora molto lavoro da fare…».

l’Unità 11.05.12