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"Un miliardo di euro contro la povertà piano del governo su anziani e bambini", di Roberto Mania

Oggi pomeriggio il progetto sarà presentato da Monti con i ministri Barca, Riccardi e Fornero. Risorse dai fondi Ue per il Sud, coinvolti Comuni e Regioni. Un piano da un miliardo contro la povertà. Un piano per cominciare ad affrontare quella che sta diventando una vera emergenza sociale, tra anziani e bambini, soprattutto a Sud. Il progetto sarà presentato oggi pomeriggio dal presidente del Consiglio, Mario Monti, insieme ai ministri Fabrizio Barca (Coesione territoriale), Andrea Riccardi (Immigrazione e famiglia) e Elsa Fornero (Lavoro).

IL RIASSETTO DEI FONDI
Il miliardo arriverà dalla riprogrammazione dei fondi comunitari destinati al Mezzogiorno. Ci hanno lavorato nelle ultime settimane i due ministri Barca e Riccardi: il primo tra i maggiori esperti nell’utilizzo delle risorse di Bruxelles, il secondo nelle politiche contro il disagio sociale. L’obiettivo è di intervenire, in uno stretto collegamento tra il governo centrale e le istituzioni locali, per far restare all’interno della vita comunitaria le fasce di popolazione più fragili, evitare la loro marginalizzazione. Non la social card di Tremonti che è risultata in larga parte inefficace e che comunque puntava ai consumi di prima necessità, ma nemmeno una nuova forma di sussidio che è incompatibile con le regole di finanza pubblica europea.

OBIETTIVO ANZIANI
È un approccio diverso quello del governo Monti. Lo schema di intervento – per quanto è filtrato dagli uffici dei tecnici – è quello adottato recentemente dal ministero di Riccardi per bambini e anziani con l’accordo con le Regioni. Con circa un’ottantina di milioni sono stati rifinanziati alcuni servizi per i due soggetti più deboli e più a rischio povertà, secondo le indagini dell’Istat. Quel modello verrà riproposto su larga scala con il Piano nazionale contro la povertà. Per i bambini dovrebbero essere previsti nuovi posti negli asili nidi; per i più anziani l’obiettivo è quello di tenerli il più possibile all’interno della famiglia e, in ogni caso, dentro la vita sociale.

Non solo, dunque, il sostegno per permettere ad una persona anziana di continuare a vivere nel proprio domicilio, ma anche misure (decise a livello locale) per favorire il mantenimento di legami con il resto della società. Perché il rischio di restare fuori dalla società cresce con l’incremento del proprio disagio economico. E si spiega così il ruolo decisivo che dovranno avere le istituzioni locali (Regioni, Comuni) nell’implementazione del piano perché sono loro ad essere a contatto diretto con il disagio.

L’ALLARME DI PASSERA
Negli ultimi giorni sono stati proprio i ministri del governo Monti a lanciare l’allarme sociale. Prima il titolare del Welfare Fornero che non ha nascosto i ritardi dell’esecutivo nel valutare gli effetti recessivi (e depressivi, probabilmente) dei primi provvedimenti adottati in piena emergenza finanziaria per evitare il baratro del default; poi – ieri – il ministro Passera che ha indicato in circa sette milioni le persone che vivono in una condizione di difficoltà nel lavoro, perché disoccupati, perché inoccupati e scoraggiati, perché impegnati in forme di lavoro irregolare (il sommerso aumenta con la crisi). Tutto questo – per ammissione dello stesso Passera – può mettere a rischio la tenuta sociale del Paese tanto più che le prospettive di crescita dell’economia restano negative. E senza una crescita del Pil superiore al 2 % è difficile che possano essere creati nuovi posti di lavoro. Anche da qui il Piano contro la povertà.

OTTO MILIONI DI POVERI
Sono più di otto milioni – secondo l’Istat – gli italiani che vivono in condizioni di povertà relativa (circa il 14 % della popolazione). La povertà assoluta riguarda invece 3,1 milioni di persone (il 4,6 % delle famiglie). Nel Mezzogiorno le famiglie in povertà relativa sono il 23 % (contro il 4,9 del Nord e il 6,3 del Centro), e quelle in povertà assoluta ne rappresentano il 6,7% (contro il 3,6 e il 3,8 di Nord e Centro). In Basilicata è povero quasi un terzo delle famiglie.

La Repubblica 11.05.12