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"Parlare ai delusi del Nord", di Matteo Mauri

Domenica e lunedì si torna al voto per i ballottaggi, e tutti aspettano di vedere come andrà a finire a Palermo e a Parma, ci sta, di quelle città si parla molto in questi giorni. Però non ci sono solo Palermo e Parma in questo secondo turno, ci sono un sacco di altre cose interessanti, e non vorrei che ce ne dimenticassimo. Ne voglio segnalare una, il Pd al Nord. Il primo turno ha affermato la centralità del Partito democratico in tutt’Italia, nessun progetto di rilancio politico può prescindere da noi. Ma questo è ancor più vero al Nord, dove abbiamo dato una grande prova di forza. E non era assolutamente scontato.
Faccio alcuni esempi lombardi, che magari possono suonare meno conosciuti di Palermo e Parma, però danno una geografia del cambiamento. A Como abbiamo ottenuto un risultato storico, con Lucini oltre il 33%, a Cassano, paese nativo di Bossi, la Lega è fuori dal ballottaggio e Zaffaroni, candidato del centrosinistra, è al 40% con la lista Pd al 27%; risultati importanti li abbiamo ottenuti a Monza, con la Lega fuori dal ballottaggio nonostante Maroni si fosse speso non poco.
A Crema e Cernusco sul Naviglio abbiamo vinto al primo turno, e a Cesano Maderno, in Brianza, Gigi Ponti, segretario provinciale Pd, ha strappato il Comune al primo turno con il 56% (e col Pdl al 5%). Però non basta, perché questi risultati vanno consolidati, bisogna provare a vincere i ballottaggi, abbiamo fatto il primo passo, ora avanti col secondo. Dobbiamo parlare con i fatti a quegli elettori che, al Nord più che altrove, hanno sospeso il proprio voto rifugiandosi nell’astensione o che hanno scelto di dar voce al disagio con un legittimo voto di protesta a Grillo, non solo a Parma.
E questo in concreto vuol dire fornire ai cittadini risposte concrete a bisogni vecchi e nuovi, materiali e non, a partire da un rilancio del civismo e del senso di appartenenza alla comunità. Lo dobbiamo fare innovando, innovando e ancora innovando.
La nostra classe dirigente di sindaci e amministratori locali è di grande qualità e ha dimostrato più volte di essere all’altezza di un compito così difficile. Ma il lavoro sul territorio da solo non può bastare.
E qui vengo al secondo punto del mio ragionamento. Serve un forte segnale nazionale. La soluzione non può essere quella di ritirare fuori dal cassetto l’idea del Partito del Nord. Capisco la giusta tensione che spinge Cacciari a riproporla, ma quella non è la bacchetta magica. Non esistono scorciatoie politico/organizzative e se fino a oggi quella proposta non è mai decollata un motivo ci sarà.
Ritengo che il segnale nazionale che serve, l’altra colonna su cui costruire, è il rilancio del federalismo. Già proprio lui, il federalismo. Perché la sconfitta politica ed elettorale della Lega segna la sconfitta dell’ampolla sul Po, degli slogan beceri e spesso razzisti, di un folclorismo da fiera, ma non deve essere la sconfitta del federalismo. Al contrario, oggi più che mai è, nella nostra versione solidale, una scelta necessaria per il paese.
Se Fazio e Saviano mi chiamassero sul palco, la parola che porterei sarebbe proprio questa: federalismo. Perché? Perché è il modo per usare al meglio le scarse risorse pubbliche disponibili, riducendo gli sprechi e responsabilizzando le classi dirigenti dei governi locali e soprattutto delle Regioni, a partire dai costi standard. È il modo per stabilire un rapporto più diretto e trasparente tra cittadini e istituzioni, e riavvicinare così l’opinione pubblica alla politica. È il modo per mettere il merito al centro della nostra vita pubblica.
Chi amministra bene i soldi dei propri cittadini viene premiato, chi lo fa male non avrà alibi e ne pagherà il prezzo. Ci deve essere un rapporto più stretto tra risorse che provengono dal territorio e il loro utilizzo. Vogliamo dare più responsabilità e fiducia a chi sta in prima linea, uscendo da questa sorta di dirigismo centralista che fa male al paese. E se un sindaco si assume la responsabilità di chiedere ulteriori sacrifici ai propri cittadini deve poter avere la piena disponibilità di quelle risorse, non fare il gabelliere per conto terzi. Oneri e onori, senza paura.
Esattamente il contrario, per capirci, di quello che si sta facendo con l’Imu quando si prevede che il 50% delle risorse raccolte vadano allo stato centrale. La stessa cosa vale per il Patto di stabilità, che deve essere necessariamente allentato. Il federalismo è un’innovazione necessaria che non sarebbe utile solo al Nord ma a tutto il paese. Anche a quel Sud che ha sicuramente un grande bisogno di risorse per rilanciarsi, ma che non vede l’ora di dare a tutti una prova di orgoglio e di dar voce e gambe alla propria voglia di riscatto. Il federalismo è una scelta coerente con ciò che abbiamo detto e fatto in questi anni come Partito democratico. Andiamo avanti decisi su questa strada.

da Europa Quotidiano 17.05.12