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"Gli organici disorganici", di Pippo Frisone

Nelle scuole è tempo di organici, vale a dire con quanti docenti dovranno funzionare le scuole. E’ del 29 marzo la Circolare che anticipa le poche novità contenute nello schema di decreto interministeriale, emanato di concerto tra ministro dell’istruzione e ministro dell’economia. Una procedura complessa quella sugli organici, divenuta negli anni un ginepraio di norme, leggi, regolamenti, ordinamenti, circolari, intese e via complicando. Infatti occorrono tre pagine del decreto interministeriali per richiamare ben 28 norme di leggi o regolamenti, non sempre in totale sintonia tra loro, come quelle sul tempo pieno nella primaria o sulla sicurezza. L’obiettivo è sempre lo stesso: razionalizzare la spesa sul personale ovvero tagliare più che si può. La catena di comando sugli organici rimane ancor oggi ancorata al più rigido centralismo burocratico, formalmente nelle mani del Miur ma sostanzialmente in quelle del Tesoro.

I vincoli di spesa contenuti negli annuali DPEF e le clausole di salvaguardia fanno il resto.

In tale ottica gli organici vengono determinati annualmente a “budget”.

Per il 2012/13 è stata confermata la stessa dotazione del 2011/12 che ammonta a 723.514 posti docenti. Quindi all’apparenza niente tagli.

E qui salta fuori la prima la prima disorganicità,dovuta alla disomogeneità territoriale. Nelle regioni del nord dove alunni e classi aumentano, dare gli stessi organici dello scorso anno rischia di tradursi in ulteriori tagli.

Non a caso il Miur è dovuto correre ai ripari dando a queste regioni qualche centinaio di posti in più, compensando con le regioni meridionali dove il calo degli alunni ha fatto registrare forti riduzioni di organici.

La seconda disorganicità è che i posti vengono calati dall’alto cioè dal Miur alle singole direzioni regionali che a loro volta li assegnano per ordine di scuola agli uffici scolastici provinciali e da questi ultimi alle istituzioni scolastiche.

E così una volta definita la quota spettante a livello provinciale, numero di classi, tempo scuola, alunni H, sperimentazioni, serali , EDA e in ultima istanza il numero delle cattedre, tutti dovranno fare i conti con la dotazione organica assegnata.

E se per caso, come spesso accade, in quelle situazioni dove aumentano alunni e classi, non si riesce a stare all’interno degli organici assegnati, gli uffici territoriali sono costretti a forzare i limiti sulla formazione delle classi (classi-pollaio) in deroga alle norme sulla sicurezza, inserendo più alunni diversamente abili nella stessa classe, tagliando il tempo pieno e prolungato, accorpando le classi intermedie, formando cattedre superiori ai valori contrattuali e come ultima spiaggia, smontando le cattedre in organico di diritto, degradandole a spezzoni orari.

Da oltre dieci anni si va avanti così e un ripensamento di questa procedura non può prescindere da una diversa volontà politica che affronti una volta per tutte il problema dell’istruzione non più e non solo in termini di spesa e di tagli ma di investimenti e risorse per il Paese.

Non basta dire che quest’anno non ci saranno tagli agli organici, cosa tra l’altro non vera.

Non basta scrivere nel decreto semplificazioni, come ha fatto il Governo Monti, organico triennale funzionale all’autonomia.

E’ora di cambiare la procedura attuale. Non più dall’alto verso il basso, “a budget” bensì dal basso verso l’alto, “a fabbisogno”. Una volta definiti a livello nazionale i criteri sulla formazione delle classi, sul tempo scuola , i quadri orari nei diversi indirizzi e le indicazioni nazionali con le riforme pro-tempore, la determinazione degli organici deve partire dalle scuole dell’autonomia, secondo le esigenze raccolte sul territorio. Agli Uffici territoriali competenti spetterà il compito di verificare il rispetto delle norme vigenti e quindi di autorizzare le proposte di organico dei dirigenti scolastici.

Se poi l’organico cosiddetto “funzionale” debba essere arricchito per una parte da ulteriori quote da mettere in rete, sulla base di accordi territoriali con altre scuole, questo è un altro aspetto non certo secondario ma aggiuntivo, rispetto a una diversa modalità di determinazione degli organici.

Quanto alla spesa per il personale se, così reimpostata , debba gravare sul bilancio del ministero o sui bilanci regionali, nell’ottica di maggiori controlli , di un decentramento più funzionale all’autonomia delle scuole e alle esigenze dei vari territori, è materia “not politically correct “ in questa fase che richiederà sicuramente grande cautela e gradualità nell’applicazione.

Una inversione di marcia , una discontinuità che difficilmente “rigor Montis” sarà in grado di darci.

da ScuolaOggi 18.05.12