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"Imu, alta tensione. E spunta la tassa su cani e gatti", di Giuseppe Vespo

L’amicizia è un bene prezioso, tanto prezioso che in Parlamento stanno pensando di tassarla (in realtà ci pensano da un po’). Per ora l’idea è di dare un costo all’amicizia che regalano i cani e i
gatti che abitano le nostre case. L’intento è nobile: contrastare il randagismo. La trovata delle deputate Pdl Jole Santelli e Fiorella Rubino Ceccacci covava alla Camera dal 2009 e adesso è
pronta ad uscire dal letargo della commissione Affari Sociali per presentarsi all’aula di Montecitorio. Le agenzie ribattono il testo della proposta di legge: «I comuni – si legge – possono deliberare, con proprio regolamento, l’istituzione di una tariffa comunale al cui pagamento sono tenuti i proprietari di cani e gatti e destinata al finanziamento di iniziative di prevenzione e contrasto del randagismo». Funzionerà? C’è qualcuno, soprattutto tra gli animalisti, che storce il naso e si domanda quanti migliori
amici perderà l’uomo pur di non pagare l’ennesimo balzello. E gli anziani, che spesso trovano negli animali domestici l’unica compagnia, subiranno un altro colpo? Pazienza. Al governo l’idea sembra non dispiacere, almeno al sottosegretario alle Finanze Gianfranco Polillo, che due giorni fa in Commissione chiedeva di vedere prima una relazione tecnica. Il sottosegretario spiegherà poi su twitter che la sua era solo una battuta e che la tassa non verrà mai applicata. Ma le polemiche sono andate avanti, tanto che in serata il relatore Gianni Mancuso (Pdl) si è detto pronto a ritirare la proposta. Vedremo. C’è però chi ha pensato che in tempi di battaglia sull’Imu una nuova entrata per i Comuni non possa essere vista male da Monti&Co., che si trovano stretti alle corde dalla pressione incrociata di sindaci e sindacati. Ieri a Frascati si è riunito l’ufficio di presidenza dell’Anci, l’associazione dei Comuni capitanata da Graziano Delrio, sindaco di Reggio Emilia. Dai Castelli romani sono partiti suggerimenti, consigli, numeri e allarmi, indirizzati a palazzo Chigi, che vedrà l’Anci martedì. I Comuni in sostanza hanno detto comevorrebbero
la nuova tassa municipale. La proposta è di «separare la quota statale da quella municipale, in modo che l’imposta sia più leggera». «Il governo, poi, applichi una patrimoniale se lo ritiene necessario». Bisogna alleggerire il carico sui cittadini, avverte il board diretto dal sindaco Delrio, altrimenti il rischio è che a giugno, quando si pagherà la prima Imu esploda la tensione sociale. Un pericolo di cui avvertono l’imminenza anche i sindacati confederali, che scenderanno in piazza unitariamente il due giugno, festa della Repubblica, per rivendicare la riduzione della tasse,la lotta all’evasione, il rilancio del lavoro e del welfare. Cgil, Cisl e Uil, chiedono «azioni immediate che cambino la politica economica del governo». Di più: chiedono l’abolizione «dell’Imu sull’abitazione principale per gli immobili non di pregio esclusivamente per chi possieda un solo immobile nel medesimo nucleo familiare». In particolare i confederali vorrebbero «aumentare di 400 euro annui pro-capite le detrazioni per i redditi da lavoro dipendente e da pensione, compresi entro l’attuale limite di 55mila euro». Sul fronte del rilancio dell’economia, l’Anci punta invece a modificare le regole sul Patto di stabilità, che impedisce anche alle amministrazioni che hanno denaro in cassa di fare investimenti: «Eliminare gli investimenti dal Patto e creare una golden rule sull’equilibrio di bilancio – sostiene Delrio – È ormai acquisita la consapevolezza che la ripresa economica non si fa con le grandi opere cantierabili fra tre o quattro anni. Serve far ripartire le piccole opere immediatamente cantierabili: la manutenzione delle scuole, l’efficientamento energetico. I Comuni, per questo fine, hanno in cassa 11 miliardi pronti da spendere ». Il presidente dell’Anci ha ribadito inoltre la creazione di «una struttura per far fronte alle esigenze di riscossione dei Comuni con il venire meno di Equitalia». L’Associazione si affiderà a un partner privato che «dia flessibilità e attenzione alle esigenze dei Comuni e dei cittadini». Allo studio c’è anche l’ipotesi di limitare al sette per cento l’aggio, cioè il margine che resta a chi riscuote i tributi. Intanto è guerra di numeri: il governo
ritiene di incassare dalla prima tranche di Imu dieci miliardi di euro, ovvero la metà di quanto aveva stimato. E il sottosegretario all’Economia, Vieri Ceriani, si «augura» di non dover ritoccare
le aliquote. Per contro i comuni lamentano già una perdita di introiti di circa 2,5 miliardi di euro. Secondo lo studio presentato ieri a Frascati dall’Ifel, Fondazione dell’Anci per la finanza locale, con l’Imu i Comuni perderanno, rispetto all’Ici, il 27 per cento delle risorse. Mentre l’impatto sui contribuenti dell’Imposta municipale unica sarà pari al 233% dell’Ici, visto che il totale dell’imposizione Imu ammonterà a 21,4 miliardi e la vecchia Ici a soli 9,2. «Cifre inattendibili», risponde Vieri
Ceriani: «Avrete di più».

L’Unità 19.05.12

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“Una tassa pelosa”, di Massimo Gramellini

Cara Billie, l’hai scampata bella. La berlusconorevole Fiorella Ceccacci, già attrice nel film «Corti circuiti erotici» e perciò autorevole membro della commissione Cultura, aveva proposto di mettere una tassa su di te. Proposta accolta «in linea di principio» dal sottosegretario Polillo. Una tassa su cani e gatti domestici per finanziare la lotta al randagismo. Come dici, Billie? Che un balzello simile avrebbe avuto l’effetto di aumentare a dismisura il numero dei randagi? Giusta osservazione, cagnetta mia, però non puoi pretendere che gli onorevoli abbiano la tua intelligenza pratica. In compenso condividono il tuo appetito famelico: cercano i soldi dove è più facile trovarli. Nella benzina, nella casa e adesso negli affetti: tu sai cosa significa un animale per un’anziana ammalata di solitudine.

La reazione ululante della Rete (e di 101 dalmata pronti a caricare la Crudelia De Mon di Montecitorio) ha costretto i fabbricanti di imposte a battere in ritirata. Il sottosegretario si è accorto di aver pestato una di quelle tue faccende che raccolgo sempre per strada e ha negato il suo appoggio, sostenendo che era stata una battuta. Sappi comunque che, se cambiassero di nuovo idea, mi rifiuterò di pagare – già finanzio la guerra in Etiopia del 1935 ogni volta che vado al distributore – e tu diventerai una cagnetta clandestina. Voglio vedere se Equitalia mi manda l’accalappiacani. Farebbero meglio a occuparsi del randagismo degli evasori fiscali. E se proprio avessero bisogno di nuove entrate, sottoscrivo la proposta che mi hai appena leccato all’orecchio: tassare chiunque tenga un politico in casa.

La Stampa 19.05.12

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“Il governo contesta le cifre dei sindaci”, di Mario Sensini

Il governo contesta le stime dei Comuni sul gettito del l’Imu, definendole «dubbie e indimostrabili» e frutto di «un campione non rappresentativo», ma i sindaci restano esattamente della loro idea. Sostengono che mancheranno tra 2 e 2,5 miliardi, che in estate bisognerà alzare le aliquote e che, comunque, il taglio loro lo hanno già subìto. La polemica si accende e, se non pregiudica il confronto, rende certo più tesi i rapporti con l’esecutivo.
Lo stesso Mario Monti, che ieri ha fatto intervenire Palazzo Chigi sulla vicenda con una nota in cui si invita a «non generare allarmismo», è preoccupato per la campagna che porterà i primi cittadini a manifestare in piazza a Venezia, giovedì prossimo, contro la nuova imposta. Rischia di saldarsi alle tensioni create dalla crisi, e con la Lega che da mesi invita a non pagare, di accrescere le incertezze sull’operazione in una fase ancora molto delicata per i conti pubblici. Così martedì prossimo, tra il presidente del Consiglio e i sindaci, che vogliono la modifica dell’Imu e l’allentamento del Patto interno, si profila un confronto a viso aperto e dall’esito incerto.
«Ragionevolmente noi auspichiamo di non dover intervenire di nuovo sulle aliquote dell’Imu» ha detto ieri il sottosegretario all’Economia, Vieri Ceriani, intervenendo al convegno dell’Ifel e dell’Anci a Frascati, mentre Palazzo Chigi confermava nella nota che «il gettito complessivo sarà di circa 21 miliardi». La legge prevede una verifica degli incassi sulla base dell’acconto di giugno e la possibilità di ritoccare le aliquote, «ma speriamo di non doverlo fare, e siamo convinti che non lo faremo neanche per l’Imu agricola», ha detto Ceriani.«Il problema — ha aggiunto — è che siamo in campagna elettorale, ma dopo i ballottaggi il rapporto tra il governo e i comuni prenderà una piega più pacata e serena».
«Dicevamo la stessa cosa anche sul gettito dell’Ici, e il governo dopo anni ci ha dato ragione. Io spero sempre di sbagliarmi» ha replicato il presidente dell’Associazione dei Comuni, Graziano Delrio, «perché se i nostri dati sono giusti le famiglie pagheranno di più. Sono mesi che diciamo che questo gettito è sovrastimato e su questa sovrastima sono stati fatti dei tagli, imponendo ai Comuni una manovra. Dobbiamo sederci con il governo e modificare la situazione attuale. Altrimenti si rischiano tensioni sociali dopo il pagamento della prima rata». Sull’Imu i sindaci ci mettono la faccia, ma a conti fatti, sostiene Delrio, i soldi andranno allo Stato e i Comuni ne avranno meno di prima. «Bisogna rendere la tassa meno pesante e cieca» ha detto il sindaco di Roma, Gianni Alemanno.
Il governo sembra più che disposto a ragionare sull’assetto definitivo dell’Imu «sperimentale». Anzi, sta già meditando alcune proposte che vanno nella direzione chiesta proprio dai Comuni. Una delle soluzioni prevede lo sdoppiamento della tassa: un’imposta sugli immobili con un’aliquota più bassa e il gettito ai Comuni e una patrimoniale riservata allo Stato, da usare in parte per perequare le entrate municipali, e modulabile in funzione del reddito. Ceriani è possibilista, i sindaci sono d’accordo. Sul confronto tra Stato e Comuni, però, pesano altre incognite.
La modifica del Patto, per cominciare. A Monti, i sindaci chiederanno martedì di applicare in Italia il metodo che Monti ha chiesto di applicare in Europa: considerare gli investimenti fuori dal tetto di spesa. Oppure lo sblocco dei residui passivi, 11 miliardi che i comuni hanno in cassa, con un effetto una-tantum sul deficit pubblico. Richieste difficili da esaudire. Non bastasse, sta spuntando un altro problemino non da poco con i Comuni. Dal primo gennaio 2013, dopo infinite polemiche, scade la concessione con Equitalia per la raccolta dei tributi. I sindaci pensano a una riscossione più «umana», aggi meno pesanti e più attenzione alle posizioni dei singoli ed entro fine anno faranno le gare per affidare il servizio ai privati. Le regole attuali, però, darebbero loro solo poteri molto limitati rispetto a quelli di Equitalia, e dovrebbero essere cambiate. A prescindere, il governo sembra scettico. «Premesso che la spesa non dovrà aumentare, il problema sta a monte. Dagli enti locali arrivano in riscossione somme dovute ad atti sbagliati, illegittimi, o non ritirati anche se annullati, e questo è uno dei motivi che ha creato le tensioni su Equitalia» ha detto senza mezzi termini Ceriani. Delrio esclude una nuova richiesta di proroga, dopo quella del 2012. Di sicuro, Equitalia non ne vuole più sapere.

Il Corriere della Sera 19.05.12