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"L'orrore che divora figli e futuro", di Benedetta Tobagi

“Fra tutte le azioni delittuose che gli uomini possono compiere contro altri uomini, la strage è una di quelle che più si avvicina al male radicale”, ha scritto Norberto Bobbio. “Non c´è forse modo più perverso di ridurre l´uomo a mezzo che quello di considerare puro mezzo di un disegno ignoto la sua morte violenta”.
E a Brindisi, nemmeno uomini, ma ragazzini, sono stati l´obiettivo, il mezzo di una strategia ancor più perversa, ancora ignota. Solo il caso ha evitatouna strage di studenti, sabato. Ma questo non argina l´orrore e lo sconcerto di fronte al ritorno di una pratica stragista che ha fatto un nuovo salto di livello. Una sola vittima, ma chi uccide una vita uccide il mondo intero, recita un adagio ebraico, e il sorriso radioso di Melissa basta a spalancare il baratro. Chi prepara un attentato del genere cerca di seminare terrore e sconcerto: è un attentato al pensiero, oltre che alle vite umane, paralizzante, destabilizzante. Proprio Melissa, nell´ultimo compito di psicologia scriveva: «Tra tutti gli esseri viventi, l´uomo è l´unico capace di riflettere su se stesso». E tocca riflettere anche sulle mani, comunque tragicamente, perversamente umane, che l´hanno uccisa. Un attentato del genere è simbolico. Come ogni simbolo apre uno spazio informe di significati tra la materialità del gesto e i suoi possibili significati – un mare oscuro, in questo caso. «Un´enormità senza precedenti», commenta il ministro degli Interni Annamaria Cancellieri. Già: e ce ne vuole, per poterlo dire nell´Italia che ha visto una bomba ammazzare 85 persone, famiglie, bambini, turisti in viaggio, nella sala d´aspetto di seconda classe della stazione di Bologna il 2 agosto del 1980. Condannati i Nar, la strage di Bologna resta una delle più oscure quanto alla finalità politica ultima di quel gesto abnorme. Ma colpire una scuola, nessuno era mai arrivato a tanto. L´incertezza sulla matrice accresce la paura. Numerosi elementi simbolici, dall´intitolazione della scuola al premio per la legalità, la contiguità fisica con il passaggio della carovana antimafia, la prossimità temporale con il ventennale della strage di Capaci, avevano immediatamente portato a pensare alla mafia, ma i magistrati tendono ora a escludere questa pista per l´attentato. La cautela è d´obbligo, in un Paese che ha una triste famigliarità con i depistaggi, ma le indagini si orientano con decisione verso il gesto isolato di un folle. Si risveglia dunque una mia impressione di cittadina atterrita a leggere di un ordigno costituito di bombole a gas: il simbolo mi aveva trasmesso il terribile messaggio che non c´è bisogno di tritolo o mezzi d´alto livello e ardua reperibilità. Qualcuno sibila: possiamo ammazzarvi, voi e i vostri figli, come e quando vogliamo, con oggetti ordinari di uso domestico. Un delirio d´onnipotenza. Una tentata strage di innocenti. Lo strazio dei bambini è il caso limite, l´immagine stessa del male radicale che annichilisce l´uomo, in tanti luoghi della filosofia, della teologia, della letteratura. Per tutti, le parole dell´Ivan Karamazov di Dostoevskij, che per il grido di un solo bambino torturato è pronto a rinnegare Dio e restituire il “biglietto d´ingresso” alla celeste armonia prestabilita. Non sono bambini, qui, gli obiettivi, ma adolescenti.
Erano proprio i giovinetti e le vergini il capro espiatorio, il tributo di sangue preteso dalle feroci divinità antiche, dal Minotauro ai feroci dei aztechi: le primizie della società. Non più bambini e non ancora adulti, creature nell´età di passaggio, colti nel luogo simbolico della formazione e della crescita. Adolescenti innocenti quanto i bambini, con l´in più di un barlume di consapevolezza in fieri. Primizie della società, quasi senza voce, vulnerabili, esposti, già quotidianamente frastornati da un mondo cupo e minaccioso che, anche in condizioni normali, non offre prospettive certe né rassicurazioni. Terribile il lucido commento a caldo di un compagno di scuola di Melissa nel blog del collega Giancarlo Visitilli nella sezione Bari di Repubblica. it: «Noi che non votiamo siamo quelli che possono morire». Non ha scelto a caso, chi ha colpito proprio lì. Una scuola premiata per le sue buona pratiche, un´isola felice in un sud sempre difficile. Com´è lontano, il mondo vitale che emerge dalle voci della scuola di Brindisi, dagli squarci che articoli e saggi allarmanti aprono sul nichilismo che dilaga tra gli adolescenti oggi. Tanto più atroce, dunque, il tentativo di colpire al cuore la ricerca di senso di questi studenti in un mondo che dà così poca speranza. Un gesto di odio verso la vita, il futuro, la bellezza, che Melissa – anche lei ridotta, suo malgrado, a tragico simbolo – incarna alla perfezione. L´ipotesi del gesto del folle, sul genere di Unabomber, che pare prendere corpo, rafforza la pregnanza del simbolo. Il pensiero corre al norvegese Breivick, che consuma una strage sull´isola di Utoya dove era radunata la primizia della società, una gioventù cosmopolita,progressista, piena di ideali e voglia di impegnarsi nel sociale. Come ce l´aveva Melissa, scopriamo da amici, parenti, insegnanti, dal parroco. Il pazzo, di solito, cerca una platea, l´autoglorificazione, la fama, gode perversamente del potere di vita e di morte sugli altri. Ma il pensiero si arresta sgomento. Qualunque sia stato il movente – rabbia, odio, frustrazione, vendetta – sfogarlo su dei ragazzini innocenti fuori da scuola spalanca un abisso. Porta in casa nostra scenari d´orrore che abbiamo conosciuto finora solo da tragici fatti di cronaca degli Stati Uniti, con la novità della scelta molto italiana della bomba – con il sovraccarico di tensione e attenzione che tale scelta comporta nel nostro Paese, in virtù della nostra storia. Nell´attentato di Brindisi si manifesta dunque quel male radicale in cui Bobbio individuava la cruda essenza di ogni strage, con l´aggravante che a essere ridotti a mezzo sono le creature che si affacciano alla consapevolezza; non solo la nuda vita, ma la vita che comincia a prendere in mano se stessa, che comincia ad affacciarsi al mondo adulto. Si è voluto distruggere e atterrire chi più di ogni altro dovrebbe essere educato, protetto e accompagnato affinché riesca a prendere in mano la propria vita, garantendo così un futuro alla società tutta. C´è forse una forma di feroce invidia da parte di qualcuno che si sente intrappolato in un orizzonte chiuso verso chi, comunque, ha di fronte a sé il mare aperto?
Sarebbe un attentato-Crono, l´ultimo e più atroce epifenomeno di una società divoratrice di figli e futuro. Attendiamo gli sviluppi delle indagini. Certo è che di paura ne ha creata tanta, l´attentato. Ma ha destato anche reazioni di sorprendente maturità. Le uniche parole con cui forse possiamo concludere provvisoriamente questa riflessione vengono ancora una volta da uno degli obiettivi che si volevano terrorizzare, un amico della classe accanto, Riccardo: «Ora si ha paura», commenta, ma completa così: «Se stasera fossi solo e senza i miei amici non parteciperei alla marcia». Ma non è solo, non lo è. E forse, vogliamo sperare, sarà lasciata un po´ meno sola la scuola tutta, d´ora in poi. Ha perso centralità da anni nell´attenzione della politica. Quanto sia centrale, e cruciale, ce lo ha ricordato tragicamente la bomba di sabato.

La Repubblica 21.0.12