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"La grande rovina di Villa Adriana", di Francesco Merlo

Trovo più facilmente la discarica di Corcolle che Villa Adriana. I pochi segnali stradali mi mandano sia a destra sia a sinistra ma finisco davanti a un muro cieco, dietro il quale non c´è ovviamente Villa Adriana ma ancora e sempre spazzatura. «Non vogliamo i rifiuti di Roma» annunzia il primo cartello veramente chiaro in questa giungla stradale che è fatta per perdersi, per non arrivare mai. Anche i presìdi di rivolta dei tivolesi non sembrano accampamenti ordinati a difesa delle vestigia dell´imperatore, ma una rimessa di rancori contro la metropoli che prima li ha espulsi e poi li ha chiamati burini: «Roma Zozzona, Tivoli non perdona». Di sicuro, adesso che è stata decisa, quasi tutti scaricano la discarica: il sindaco, la Regione… e anche il ministro Ornaghi che non si riconosce nella figura di Ponzio Pilato ma, proprio come il procuratore della Giudea, minaccia le dimissioni invece di darle. L´Italia, come si sa, è una discarica di dimissioni minacciate e mercoledì scorso Ornaghi, invece di visitare con Monti e con la Cancellieri le macerie della Torre dei Modenesi e quel che resta del Castello di San Felice sul Panaro e di decine di chiese, chiostri e conventi dell´Emilia Orientale terremotata, è andato a minacciare le dimissioni nel posto più spettacolare d´Europa: la Croisette di Cannes. Per la verità già lungo la Tiburtina capisco che prima di difendere Villa Adriana dalla futura discarica che la minaccia, bisognerebbe, come in un sogno, sottrarre l´Animula vagula blandula dalla presente discarica che la soffoca e la nasconde, che l´ammorba.
La Tiburtina è un serpente di spazio-spazzatura (junkspace) a una sola corsia, una zona suburbana di umanità confinata. Come unghiate sulla terra mi passano davanti le cave di quel travertino che abbellisce il “Getty Center” di Santa Monica ma qui abbrutisce il paesaggio già mangiato da case senza disegno, recinti di venditori/compratori di rottami di ferro, casermoni informi che sporcano anche la dolce linea dei colli. Qui c´è anche la discarica del sogno di sviluppo dell´informatica all´amatriciana che i romani chiamarono “Tiburtina Valley” e adesso è solo un altro fallimento industriale, un mondo dismesso ma attraversato da quell´Aniene che verso Roma diventa il feudo abusivo di Anemone e della cricca, le piscine-fantasma dei mondiali di nuoto del 2009.
Sono luoghi pasoliniani ma senza la poesia di Ostia o di Mamma Roma. E va bene che siamo abituati a vedere le vestigia in mezzo al degrado, rovina delle rovine, ma almeno a Pompei ci sono i turisti mentre qui i pochissimi visitatori, se non si perdono per strada, sono come i pellegrini provati dagli enigmi, fermati dalle sfingi, deviati da una toponomastica arrangiata e bizzarra. Sembrano i giocatori di una caccia al tesoro.
Poi, quando finalmente arrivo su “Piazzale Yourcenar” e trovo l´ingresso, quasi mi dispiace di non essere accolto dalla solita folla di questuanti, guide autorizzate e guide improvvisate, truffatori, scippatori, carrettini di panini immangiabili, venditori di souvenir e di paccottiglia d´ogni genere che in fondo rimandano all´archeologia del vivere. Quegli orribili mostriciattoli parassiti del sottosviluppo crescono insieme alla ricchezza, sono microrganismi e fermenti di una decomposizione sociale che è pur sempre vita, anche se andata male.
Invece oggi giovedì, ore 13, su questo piazzale non c´è nessuno. Solo una signora inglese, eroina dall´archeologia, che inutilmente boccheggia in cerca di un bar. Fa molto caldo ma non ci sono luoghi di ristoro, solo una fontanella. Mi sembra di essere a Morgantina dove la povera Venere patisce la solitudine della periferia dopo la folla eccessiva di Los Angeles. E con dolore rimpiango i centurioni con la scopa in testa: qui non vengono perché non c´è danaro da lucrare, non ci sono i turisti da spennare. Persino la grande promozione “Villa Adriana ad un euro” nel ponte del primo maggio è stata un triste fallimento.
Pago il biglietto anche se i tornelli d´ingresso non funzionano e dunque si può entrare gratis perché non c´è controllo. L´erba comincia a seccare e a diventare gialla. Gli ulivi sono bellissimi. Per terra ci sono, altro prologo di discarica o forse epilogo, sacchetti vuoti, bottiglie di plastica, cartacce. Sono rarissimi i cestini dei rifiuti. Sotto una quercia c´è posteggiata una Opel Astra, ma non è un´opera d´arte, non sono i baffi alla Gioconda, è proprio sciatteria ma, tanto, non la vede nessuno.
A Villa Adriana si sparpagliano solo le scolaresche “deportate” che sono quanto di più ostile all´idea del bello da godere: Villa Adriana per loro è come il Manzoni per i ginnasiali, un dovere persino noioso. Alle 14,30 i bambini di una scuola elementare fanno picnic sotto gli ulivi. «Vuole favorire?» mi chiede la maestra. Sono allievi della Granturco di Roma, via della Palombella, a due passi da quel Pantheon che fu costruito proprio da Adriano ed è l´unico edificio della Roma antica ancora in piedi dalle fondamenta al tetto. E a proposito di vanità sulla Croisette non fa male ricordare al ministro che Adriano non firmò il suo capolavoro ma vi lasciò per sempre il nome di chi lo aveva iniziato: «Agrippa fecit». La Yourcenar gli fa dire: «Ben pochi realizzano se stessi prima di morire: e ho giudicato con maggior pietà le loro opere interrotte». All´ombra della quercia c´è sempre l´Astra. È abbandonata? È targata CL558…
Avanza una signora con un cane. E vengo a sapere che gli animali sono ammessi anche se disturbano ed eccitano i randagi che qui vengono allevati e nutriti dai custodi. Al più grosso dei randagi hanno dato il nome Jack e la custode della mostra sull´amore di Adriano per Antinoo mi rassicura: «Er segreto è picchialli colle mani, mai col bastone».
Villa Adriana, si sa, è un posto dell´anima, il trionfo della voluttà architettonica, un florilegio dei capricci edilizi di un grande imperatore: la sala del banchetto, la piscina, il teatro marittimo, la piazza d´oro, il pecile, il canopo, le terme, la biblioteca…. E mi viene il pensiero semiserio che tra altri duemila anni anche la villa di Berlusconi in Sardegna sarà visitata da una signora dell´Oregon con la tuta a fiori alla ricerca della sala del bunga bunga o delle cucine ipogee del cuoco Michele, o ancora dell´approdo sotterraneo, un mondo di voluttà più per Trimalcione che per Adriano, più il Satyricon di Petronio che il romanzo della Yourcenar.
Villa Adriana non è una città in forma di palazzo e non è nemmeno un palazzo, forse è un edificio destrutturato, tante stanze slegate tra di loro che Adriano teneva in piedi per la memoria: appunto le stanze delle memorie di Adriano. Da solo il muro, con i suoi mattoni a rombi, varrebbe la visita purché qualcun spiegasse che era la misura della passeggiata. Per Adriano quei duecento metri erano lo spazio e il tempo giusti della filosofia peripatetica, dialoghi in cammino, il pensiero occidentale in cinque minuti. Le Corbusier ne fece uno schizzo magnifico: lo considerava il prototipo di tutti i muri.
Ebbene, il visitatore non capisce nulla di tutto questo. Le acque della piscina sono sporche e limacciose e non fanno certo pensare al rifornimento di pesce durante i banchetti. Brutte grate d´alluminio circondano il lago dove si organizzavano giochi di guerra navali. I pochi cartelli parlano di geometrie e non accendono mai la fantasia. Non c´è niente che indichi che da lì passavano le carrozze e si fermavano ai piedi di quelle scale. Nessuno può accorgersi che ci sono affreschi ancora stuccati, le grottesche che nel Colosseo e nella villa di Nerone sparirono alla fine del cinquecento.
Tornando a casa il visitatore si sente sperduto e anche io mi sento perduto. Mi sembra di aver fatto una passeggiata in campagna. È stato come visitare un bosco. L´architettura non parla, viene riassorbita dalla natura e diventa una massa informe come la Tiburtina, come i paesi e i quartieri che percorro all´incontrario e finalmente capisco che cosa mi ricordano: le strade di Favara e di Corleone. Si accendono le luci della sera e la Tiburtina si popola di prostitute e travestiti. L´Adriano della Yourcenar diceva: «Io sono il custode della bellezza del mondo». Ci facciano o no la discarica, chiunque abbia visitato Villa Adriana, quando va via si sente discaricato.

La Repubblica 25.05.12

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“E il patrimonio violato ora preoccupa l´Unesco”, di FRANCESCO ERBANI

Il tempo stringe e si stringe anche il cappio intorno alla piccola comunità di Corcolle. Il ministro Lorenzo Ornaghi è piombato a sorpresa, ieri, nel sito dove dovrebbe spalancarsi la cava che ospiterà l´immondizia di Roma. Ha visitato anche Villa Adriana, che è lì a qualche centinaio di metri. Prima d´ora c´era stato da turista, adesso ha voluto rendersi conto di quale distanza separi il luogo della discarica da uno dei siti archeologici più pregiati al mondo, dove l´imperatore Adriano voleva fossero racchiuse le sue predilezioni culturali. Non ha cambiato idea: se si fa la discarica lui si dimette.
Oggi c´è un consiglio dei ministri, ma non è chiaro se si parlerà di Corcolle. Per il prefetto-commissario Giuseppe Pecoraro la partita è chiusa: «Le mie scelte le ho prese: ora tocca agli altri rispettarle o assumersi la responsabilità di fare andare Roma in emergenza». Pecoraro smentisce che ci saranno altre consultazioni, come aveva sostenuto il sindaco di Roma Gianni Alemanno. Si va, aggiunge, «verso la conclusione della conferenza dei servizi. Poi se ci sono degli ostacoli giuridici od opportunità me lo faranno sapere».
I no alla discarica fioccano da ogni parte e sovrastano il sì al quale si abbarbica Renata Polverini. La questione rimbalza sul governo. Ornaghi ha pronte le dimissioni. Clini è contrario. Severino e Cancellieri sono perplesse. E Monti? Se la sua opinione coincide con quella del sottosegretario Catricalà, per Corcolle non c´è speranza.
Dal punto di vista tecnico, la discarica potrebbe essere pronta entro un anno. Ma sarà sufficiente solo se i rifiuti sversati saranno pretrattati. E questa è ancora un´incognita, legata anche all´intensificarsi della raccolta differenziata in città (ma Roma è molto indietro). Si fa vivo Manlio Cerroni, proprietario di Malagrotta (che dovrebbe chiudere) e di altre aree prontamente acquistate e di nuovo offerte come sede di discariche (Pian dell´Olmo). Rendono ancora più complicato il cammino della discarica esposti e denunce penali. Le associazioni ambientaliste sono mobilitate. I comitati incalzano: «Corcolle sarà la nostra Tav».
Le procedure commissariali sembrano blindate. Si è proceduto in deroga, Pecoraro ha nominato suoi consulenti. Non sono stati considerati gli organi tecnici del ministero per l´Ambiente e di quello dei Beni culturali, che per prassi, in caso di una discarica, compiono valutazioni sulla tipologia e le quantità di rifiuti, sulla natura geologica del sito, sulle conseguenze sanitarie, sull´incremento di traffico, oltre alle analisi sull´impatto paesaggistico e archeologico.
E cosa farà l´Unesco, nel cui patrimonio è compresa Villa Adriana? Se ne parlerà al summit di San Pietroburgo a fine giugno. Ma, confermano fonti dell´organizzazione dell´Onu, sono arrivate segnalazioni, però non è stata avviata nessuna procedura che può portare all´esclusione del sito archeologico dalla lista di quelli protetti.

La Repubblica 25.05.12