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"Partiti, la Camera taglia e devolverà ai terremotati", di Maria Zegarelli

Via libera dalla Camera alla riforma dei partiti che dimezza il finanziamento pubblico per il 2012 e lo riduce per gli anni a venire. 291 «si» (316 la maggioranza assoluta), 78 «no», 17 astenuti (tra cui l’Api). Votano contro Lega, Idv, Pli, Popolo e territorio e Radicali che si erano battuti per l’abolizione totale dei rimborsi. Salvatore Vassallo, il costituzionalista Pd, esce dall’Aula perché fortemente critico verso il testo votato, idem il collega Antonio La Forgia, Giorgio Stracquadanio e Mario Baccini per il Pdl. Tante le assenze: se ne contano 96 nei banchi del
Pdl (si va da Silvio Berlusconi, Giulion Tremonti, Denis Verdini a Ignazio La Russa), 32 in quelli del Pd tra cui Walter Veltroni, Francesco Boccia, Marco Minniti. 14 gli assenti centristi, compresi
Pier Ferdinando Casini e Lorenzo Cesa. Soddisfatto il segretario Pd, Pier Luigi Bersani: «Avevamo detto dimezzamento e dimezzamento è stato. Il resto sono tutte balle. Ora servono norme sui partiti e anche su questo spingeremo. Si potrà apprezzare – aggiunge a chi fa notare le polemiche interne- , credo, che il Pd c’era tutto con un paio di voti in dissenso per esprimere esigenze che possono essere riprese dalla legge sui partiti». Antonio Di Pietro annuncia il referendum non appena il testo supererà anche l’esame del Senato, mentre la Corte dei Conti in una lettera inviata al presidente della Camera Gianfranco Fini (come rivela il radicale Turco), solleva la questione di costituzionalità sulla Commissione ad hoc che controllerà i bilanci dei partiti. Il presidente Giampaolino ricorda che la prassi affida i controlli proprio alla Corte dei Conti. «Un’ ipotesi suggestiva, una interpretazione creativa della Costituzione», la definisce il co-relatore della legge Gianclaudio Bressa. Bilancio positivo per Pier Luigi Mantini, Udc: «Questa legge prevede controlli rigorosi, affidati ad una commissione di magistrati, sui bilanci e sul rendiconto della gestione finanziaria. Introduce per la prima volta nella storia repubblicana l’obbligo per i partiti di dotarsi di statuti democratici». Tuona dal suo blog Beppe Grillo (una norma impedisce l’accesso ai fondi ai partiti senza statuto e il M5s non ne ha uno) che promette di non volere neanche un euro e sì che alla luce dei sondaggi, spiega, gli toccherebbero 100 milioni.
COME CAMBIANO LE REGOLE
La legge introduce un sistema misto di finanziamento, 70% erogazioni dirette dello Stato e 30% con co-finanziamento. Previsti i contributi dai privati (si introducono detrazioni armonizzate al 24% dal 2013, e al 26 dal 2014). 91 i milioni di euro che andranno ai partiti, il 70% come rimborso elettorale e contributo per l’attività politica, il 30%come cofinanziamento (50 centesimi per ogni euro ricevuto a titolo di quote associative ed erogazioni liberali da parte di persone fisiche o enti). Importante novità: i risparmi derivanti dal taglio dei fondi (150mln) andranno ai terremotati dell’Emilia Romagna. Non passa l’emendamento che prevede l’esclusione del finanziamento per i partiti che non hanno liste elettorali “pulite”, Di Pietro urla allo scandalo e alla fine la Camera approva un ordine del giorno che impegna il governo a decurtare i fondi ai partiti che vedano tra i loro eletti condannati durante la legislatura per reati contro la pubblica amministrazione, voto di scambio o reati di mafia. Passa invece, l’emendamento che prevede la pubblicazione on line dei redditi e della situazione patrimoniale dei tesorieri, onde evitare nuovi casi Lusi-Belsito. Vietato, quindi, anche investire in lingotti d’oro e diamanti: saranno ammessi soltanto investimenti in titoli «emessi da Stati membri dell’Ue». Bocciato l’emendamento presentato per l’Api da Linda Lanzillotta che vietava erogazioni in denaro da parte di enti pubblici e società controllate dallo Stato in favore di associazioni e fondazioni. Introdotto anche il tetto massimo di spesa per le campagne elettorali: 125mila euro per i sindaci nei Comuni da 100mila a 500mila abitanti che diventano 250 mila per quelli di sopra dei 500mila abitanti. I consiglieri non potranno spendere più di 25mila e 50mila euro.

l’Unità 25.05.12