attualità, cultura

"Guerra dei rifiuti, salva Villa Adriana", di Giovanni Valentini

Siamo obnubilati a tal punto dalla crisi del sistema in cui viviamo che ormai rischiamo di ridurci all´aberrante alternativa fra spazzatura e cultura, rifiuti e beni archeologici, monnezza e patrimonio mondiale dell´umanità. Una discarica non può valere per nessuna ragione un “unicum” come Villa Adriana. E perciò le dimissioni del prefetto e “commissario delegato” Giuseppe Pecoraro, di fronte all´altolà del ministro Clini (Ambiente) e alle ambiguità del ministro Ornaghi (Cultura), sono un atto tanto apprezzabile sul piano personale quanto dovuto sul piano politico.
Quella di realizzare la nuova discarica di Roma a Corcolle, ad appena un paio di chilometri dalla storica Villa dell´imperatore Adriano protetta dall´Unesco, era evidentemente una proposta del tutto “insensata”, come l´hanno bollata gli eco-dem Ferrante e Della Seta. Non si può lontanamente immaginare, neppure in un momento di disperazione o di oblio, di trasformare un “luogo dell´anima” ovvero della contemplazione più sublime in un luogo maleodorante della putrefazione. Più che un errore o una scelta sbagliata, sarebbe stato un oltraggio alla nostra storia collettiva; un insulto a quel prezioso deposito di arte, architettura e archeologia che rappresenta tuttora la maggiore risorsa nazionale.
Al fondo di questa storia incresciosa, c´è verosimilmente una confusione mentale che impedisce di distinguere fra amministrazione pubblica, governo del territorio e sviluppo del turismo. I precedenti, purtroppo, non mancano. Chi può dimenticare il malevolo progetto di installare le trivelle petrolifere in quello scrigno del barocco siciliano che è il Val di Noto oppure intorno a quelle perle del mare che sono le Isole Tremiti al largo delle coste pugliesi? E lo stabilimento Italsider a Taranto, quello di Bagnoli a Napoli, quello della Fiat a Termini Imerese o quello di Alcoa in Sardegna? Tutte “cattedrali nel deserto” che oggi alimentano la crescente disoccupazione meridionale, dopo aver desertificato il paesaggio naturale e compromesso le potenzialità dell´industria turistica.
La rinuncia del governo alla discarica di Corcolle, dunque, scongiura opportunamente la minaccia di un nuovo scempio contro quello che ancora resta in piedi del Belpaese. Ma nello stesso tempo avvia la ricerca di una soluzione condivisa, affidando l´incarico a un altro funzionario dello Stato e chiamando in causa le responsabilità di tutti, amministratori locali e cittadini. È facile infatti dire no a una discarica o a un inceneritore; ma è molto più difficile e impegnativo dire sì a un impianto in grado di smaltire quella montagna di rifiuti, urbani e industriali, che la società dei consumi produce quotidianamente con l´indifferenza dell´opulenza e dello spreco.
Sono 540 chili all´anno per persona, circa un chilo e mezzo al giorno, ben 32 tonnellate l´anno per tutti gli italiani, come ricorda il meteorologo torinese Luca Mercalli, nel suo recente libro intitolato con un chiaro ammonimento: “Prepariamoci” (editore Chiarelettere). Prepariamoci, allora, a vivere con meno risorse, meno energia, meno abbondanza e forse più felicità. Dagli avanzi di cucina al vetro, dalla carta alla plastica, dalle lattine in alluminio allo scatolame: tutto si può riciclare e riusare, a condizione di non buttarlo via indiscriminatamente.
Ma – come per l´energia la prima risorsa è il risparmio energetico, inteso qui nel senso di minore consumo ma anche di tecnologia e di business – il primo intervento contro la proliferazione dei rifiuti dev´essere quello di produrne di meno, per poi possibilmente smaltirne di più. Meno confezioni, meno imballaggi, meno contenitori e vuoti a perdere, meno buste o sacchetti di plastica, meno polistirolo. E quindi, un´efficiente raccolta differenziata, imperniata necessariamente sulla raccolta porta a porta, in modo da arrivare soltanto al termine di un ciclo integrato ai forni degli inceneritori o dei cosiddetti termovalorizzatori.
È una grande sfida del nostro tempo per il riformismo ambientalista. Ma lo è pure per i nuovi amministratori che si cimentano con il governo delle città e del territorio, a cominciare dal neo-sindaco di Parma, il “grillino” Federico Pizzarotti. Il suo Comune, com´è noto, ha già accumulato un debito di 600 milioni di euro e ora la vertenza sull´inceneritore, o termovalorizzatore che dir si voglia, minaccia di aggiungere altri costi e altri danni. La giunta dell´ex sindaco Vignali (centrodestra) aveva sospeso i lavori, invocando un´irregolarità nella concessione edilizia o addirittura un abuso. Ma il Tar ha dato ragione alla società che sta già costruendo l´impianto nella frazione di Uguzzolo e ha investito finora oltre 190 milioni di euro.
Nel frattempo, da Reggio Emilia fanno sapere che non vogliono più smaltire i rifiuti di Parma. E già si pensa di caricarli a peso d´oro sui treni per spedirli magari in Olanda e nascondere, come si suol dire, la spazzatura sotto il tappeto. Sarà un test rivelatore, un banco di prova, per il “grillismo” di lotta e di governo.

La Repubblica 26.05.12