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Nel paese che sta sprofondando «Le voragini ci inghiottiranno», di Elvira Serra

Il piede del volontario Augusto Ronconi entra perfettamente in lungo nella frattura che ha fatto indietreggiare di dieci centimetri da un lato e venti dall’altro la casa all’angolo tra viale Gramsci e via Morandi. Nella parallela, al civico 14, una faglia larga un metro e profonda di più, ha spezzato in due la strada, finendo nel giardino della villetta di fronte, dove ha prodotto cumuli di sabbia e limo come per effetto di un geyser. Si chiama liquefazione delle sabbie ed è quel fenomeno che si può creare nei terreni molto sabbiosi, ricchi di falde acquifere: il sisma li scuote e il fango si disperde dove trova spazio, lasciando un vuoto che fa cedere il suolo.
«Casa mia si è inclinata di dieci gradi. I confini con il mio vicino si sono staccati di dieci centimetri. Le porte non chiudono più. Controllo ogni giorno il livello con un filo a piombo. Da domenica è salito di un centimetro. Non voglio neanche pensare di perdere la casa, sarebbe la fine di tutto», dice Saverio Tartarini, operaio alla Ceramiche Sant’Agostino, che ha appena chiesto ai vigili del fuoco di accompagnarlo in zona rossa per prendere la bicicletta del figlio Thomas.
San Carlo è una frazione fantasma. Gli abitanti sono 1.800, le persone evacuate 250. «Ma in tanti se ne sono andati da parenti o amici e quelli non riusciamo a censirli», spiega il vicesindaco di Sant’Agostino Roberto Lodi, che ci accompagna con due pompieri dentro l’area transennata. Niente gas, restano solo luce e acqua. Il gruppo Hera, che gestisce il servizio, non ha mai dichiarato la non potabilità. Ma neppure gli amministratori si azzardano a berla senza prima averla fatta bollire. E anzi questo ha causato una segnalazione ai carabinieri per procurato allarme da parte di Lorenzo Baruffaldi, che ora si sfoga: «Se l’assessore non la beve perché dovremmo farlo noi? E se ci viene il tifo?».
Anche il vicesindaco è semisfollato: «Mi lavo dai parenti e dormo sul divano vicino all’uscita. Se dormo, poi. Stanotte la scossa delle cinque meno cinque ci ha buttati fuori in un secondo e da lì siamo rimasti svegli». Arriviamo in via De Gasperi, dove prima la strada era piana e adesso c’è un dosso con una discesa. In un tratto il muro perimetrale di una villetta si è aperto, i pavimenti di cemento rivestiti di ghiaia si sono spaccati. La presidente della Provincia Marcella Zappaterra sta facendo il suo sopralluogo quotidiano e si è appena fermata davanti a una casa inclinata. Ammette: «Ringrazio Monti, Catricalà, Ornaghi e Gnudi per le loro visite, ma adesso servono interventi concreti. Popolazione e Protezione civile più di così non possono fare».
Incrociamo una squadra di otto ingegneri e geometri del Politecnico di Torino e Regione Piemonte. Gian Paolo Cimellaro racconta: «Abbiamo trovato diverse conchiglie, questa è sabbia di fiume. Con questo terreno, anche la struttura più solida collassa. Succede poche volte, ma qui il fenomeno si è verificato». Anche i geologi stanno studiando la liquefazione della sabbia, che normalmente viene osservata nei terremoti giapponesi di 7-8 gradi della scala Richter. Paride Antolini coordina i sopralluoghi per cartografare l’Emilia Romagna. Per lui «nel caso in cui dovesse verificarsi un nuovo sisma di quella intensità la situazione potrebbe peggiorare».
Per capire che cosa è davvero successo è necessario sentire Enzo Boschi, ordinario di Geofisica della terra solida all’Università di Bologna. «Dobbiamo immaginare la falda acquifera come una spugna, che è stata strizzata velocemente dal sisma. Il fango è stato disperso, il terreno ha ceduto. La modifica della struttura del suolo, una volta che si asciuga, diventa irreversibile. Ed è molto pericoloso per la stabilità delle costruzioni. Certe case andranno accomodate, altre abbandonate. Questo lo decideranno gli ingegneri. Di sicuro c’è stata una sottovalutazione. L’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia aveva pubblicato nella Gazzetta Ufficiale nel 2003 una mappa di pericolosità sismica e queste zone erano state tutte classificate. Bisognava porsi il problema allora. Questi paesi della Val Padana sono stati costruiti sui depositi alluvionali del Po».
Andrea Mangano ha il 98 per cento di crepe in tutta la casa. «Si sono salvate solo cantina e sgabuzzino. Le auto dei vicini per via della sabbia si sono sollevate da terra di 70 centimetri, sono riusciti a rimuoverle venerdì, di corsa, prima che ci facessero evacuare. Qui adesso ci sono ventimila geologi, ma nessuno sa darci risposte. Il mio vicino vuole buttare giù la casa e costruirsene una di legno».
Di pomeriggio la frazione si anima un po’, è il turismo del sisma. Isabel con sua mamma Laila Forsberg ha fatto in tempo a recuperare da casa il carillon della nonna e la medaglia vinta ai campionati italiani di endurance con il pony Luna nel 2010. Alfredo Lanzone, «80 anni suonati», rimpiange la guerra: «Almeno le sirene ci avvisavano delle bombe. Il terremoto no».

Il Corriere della Sera 28.05.12