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"Sulle macerie nascono i fior", di Ilvo DIamanti

Il terremoto in Emilia ha provocato danni immensi. E, soprattutto, molte vittime. Ma ha mobilitato, al tempo stesso, il sentimento altruista e solidale degli italiani. Che hanno risposto alle iniziative di sostegno alle popolazioni e ai paesi colpiti dal sisma in modo massiccio e generoso. D’altronde non c’è trasmissione in tv che non raccolga fondi, al proposito. In modo diretto, ma anche indiretto. Attraverso sms e telefonate a numeri dedicati. Mentre le manifestazioni di sostegno si moltiplicano e proseguiranno ancora a lungo. Con grande partecipazione popolare.

Gli italiani non si nascondono mai, in queste occasioni. Il dolore e l’altruismo si succedono, in stretta e sincera connessione. Le popolazioni, i paesi, i lavoratori delle aree colpite, d’altronde, hanno reagito, a loro volta. Per primi. Con prontezza. Hanno ripreso a vivere, lavorare, dopo aver scavato tra le macerie. E già ora hanno cominciato a ricostruire.

La solidarietà, in Italia, si manifesta di fronte a ogni disastro naturale. Di fronte a ogni terremoto, alluvione, inondazione, esondazione, frana, slavina, smottamento. Di fronte a ogni tragedia. In Friuli, in Irpinia, in Basilicata, nel Belice, a Firenze, a Messina, nelle Marche, in Umbria, a Sarno, nel Vicentino, a L’Aquila, a Genova, in Piemonte, nelle Cinque Terre. E poi – o prima? – il Vajont. Narrato da Marco Paolini.

Recito a memoria, ma l’elenco potrebbe essere molto più lungo. Infinito. Perché siamo il Paese delle tragedie annunciate. E sempre inattese. D’altronde, il nostro territorio è instabile e precario. Ad alto rischio sismico e idrogeologico. Ma ce ne dimentichiamo spesso. Fra una tragedia e l’altra, riprendiamo le antiche abitudini. Anzi, non le smettiamo mai, visto come abbiamo ridotto questo povero paese. Cementificato. Una plaga di mostri immobiliari che si sono insinuati ovunque. Un pelago di non-luoghi anonimi.

Così ogni episodio “naturale” anomalo rischia di degenerare in tragedia. E ogni volta ci sorprendiamo, a disastro avvenuto. E ogni volta ri-scopriamo la nostra vulnerabilità. Denunciamo i nostri vizi. Per poi virare, rapidamente, sulle virtù sociali e umane.

Noi italiani. Così fragili e così generosi.

Tanto da far sorgere il dubbio che ci sia un nesso “non casuale” fra i due aspetti. La tragedia e la solidarietà. Che la nostra generosità sia, in parte, prodotta e riprodotta dalla fragilità del nostro mondo, del nostro ambiente. Che noi contribuiamo ad accentuare con i nostri comportamenti – spesso cinici, più che civici.

Varrebbe la pena, forse, di imprimere una svolta di segno inverso. Di cambiare (con)sequenza fra tragedia e solidarietà. Di esercitare, cioè, la generosità non come reazione e riparazione. Ma come pratica preventiva. Verso noi e gli altri. Verso l’ambiente e il territorio che abitiamo. Una generosità esigente e rigorosa. Intollerante verso gli usi impropri e gli abusi. Nostri e altrui. Perché c’è il rischio, altrimenti, che la generosità e la solidarietà, esercitate come riflesso dei disastri ambientali e naturali, tendano, progressivamente, a ridursi. Fino a esaurirsi. Logorate dalla routine. Insieme al non-territorio che abitiamo.

La Repubblica 06.06.12