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"Le scuole con mille alunni sono fuori legge", di Mario Piemontese

La Corte Costituzionale, in seguito al ricorso presentato da diverse Regioni, con la sentenza n. 147 del 7 giugno 2012 ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’articolo 19, comma 4, del d.l. n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011 “. Ecco il testo della norma incostituzionale: “Per garantire un processo di continuità didattica nell’ambito dello stesso ciclo di istruzione, a decorrere dall’anno scolastico 2011-2012 la scuola dell’infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado sono aggregate in istituti comprensivi, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche autonome costituite separatamente da direzioni didattiche e scuole secondarie di I grado; gli istituti comprensivi per acquisire l’autonomia devono essere costituiti con almeno 1.000 alunni, ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche.”

Le Regioni hanno approvato piani di dimensionamento per l’a.s. 2012/2013 nel rispetto di quanto previsto dalla norma appena citata: 1.082 circoli didattici sono stati accorpati con 592 scuole secondarie di I grado, per formare 731 istituti comprensivi. Il numero di istituzioni scolastiche autonome è diminuito di 943 unità, cioè circa del10%.

La sentenza della Corte Costituzionale chiarisce definitivamente che la norma da rispettare, e che le Regioni avrebbero dovuto rispettare, è quella prevista dal comma 2, dell’art. 2, del DPR n. 233/1998 :
“Ai fini indicati al comma 1, per acquisire o mantenere la personalità giuridica gli istituti di istruzione devono avere, di norma, una popolazione, consolidata e prevedibilmente stabile almeno per un quinquennio, compresa tra 500 e 900 alunni; tali indici sono assunti come termini di riferimento per assicurare l’ottimale impiego delle risorse professionali e strumentali.”

Quindi le scuole con 1.000 alunni sono palesemente fuori legge.

Cosa potrebbe accadere adesso?

Tutti i lavoratori della scuola che per effetto del dimensionamento hanno perso il posto, se in grado di dimostrare, cosa estremamente facile, di avere subito un danno, potrebbero ricorrere contro le Regioni e chiedere che la loro attuale posizione venga ricondotta alla precedente.

Allo stesso modo i genitori, in nome dei loro figli, dimostrando di avere subito un danno potrebbero allo stesso modo ricorrere contro le Regioni e formulare una richiesta del tutto analogo a quella dei lavoratori.

Paradossalmente lo Stato potrebbe ricorrere contro le Regioni perché non hanno rispettato il comma 2, dell’art. 2 del DPR n. 233/1998.

Cosa accadrà il prossimo anno scolastico?

Rispetto al dimensionamento sono stati individuati i lavoratori perdenti posto, le iscrizioni sono state fatte rispetto alla costituzione delle nuove istituzioni scolastiche e i lavoratori hanno partecipato alla mobilità volontaria indicando come future sedi di servizio scuole nate per effetto del dimensionamento.
L’organico per il personale docente della scuola dell’infanzia e di quella primaria è già stato assegnato ad ogni singola istituzione. I trasferimenti dei docenti sempre della scuola dell’infanzia e di quella primaria sono già stati pubblicati. In poche parole la macchina è partita e difficilmente potrà essere arrestata, a meno che la Scuola non decida di prendersi un anno sabbatico per rimettere un po’ insieme i suoi pezzi.

Quasi certamente però la Scuola non si fermerà, andrà avanti, e andrà avanti, come è accaduto in più occasioni negli ultimi anni, senza rispettare la Legge.

Possiamo solo augurarci che le amministrazioni, tipo il Comune di Milano, che hanno rimandato di un anno il dimensionamento, buttino via i loro piani e li riformulino nel rispetto della legge, ma di quella che non ha mai smesso di valere anche prima della sentenza della Corte Costituzionale n. 147 del 2012.

da Rete Scuole 08.06.12

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Salve le scuole sotto i seicento alunni la Consulta boccia gli accorpamenti”, di ELSA VINCI e CORRADO ZUNINO

Gli accorpamenti scolastici sono illegittimi. Lo ha detto ieri, dettando la sentenza numero 147, la Corte costituzionale. Lo Stato non doveva entrare in un dettaglio amministrativo: il numero degli studenti che in ogni “plesso scolastico” non deve essere inferiore a seicento e superiore a mille. Questa è materia nel potere delle Regioni. È tutto da rifare, quindi, per gli accorpamenti, la questione che più ha impegnato l´amministrazione scolastica e più agitato maestri, professori, genitori.
L´accorpamento scolastico era nato, per volontà di Giulio Tremonti, il 6 luglio 2011: si volevamo risparmiare 63 milioni di euro. La legge, quindi, è stata realizzata dal governo Monti. Lungo il suo cammino, e vista la dialettica cresciuta tra comuni, province e regioni, l´accorpamento è diventato un ridimensionamento tout court con la soppressione di istituti (a partire dal prossimo settembre nella gran parte dei casi) e la fusione di scuole dell´infanzia con scuole medie, licei scientifici con istituti per l´agricoltura. In un processo caotico e conflittuale la Regione Lazio, per dire, ha tagliato 109 autonomie: ha accorpato cioè, offrendo un unico preside e un´unica segreteria, 109 scuole. Solo a Milano le fusioni sono state 77. A Castelfiorentino, provincia di Firenze, si è ipotizzato un unico istituto con 1800 studenti stipati. In Sardegna e Sicilia una scuola su cinque, sulla carta, è stata cancellata.
Sette Regioni hanno fatto proprio il malessere crescente – professori spostati, palestre trasformate in nuove aule e aule in mense – e sono ricorsi alla Corte costituzionale appellandosi ai loro poteri schiacciati dallo Stato. Ieri la Consulta ha dato loro ragione sul punto “dimensionamento”, comma IV dell´articolo 19 del decreto legge numero 98 (2011). «La norma è illegittima in quanto si tratta di una materia di competenza regionale», ha detto. E poi: «L´aggregazione negli istituti comprensivi, unitamente alla fissazione della soglia rigida di mille alunni, conduce al risultato di ridurre le strutture amministrative scolastiche e il personale operante all´interno delle medesime, con evidenti obiettivi di risparmio, ma si risolve in un intervento di dettaglio da parte dello Stato in una sfera che, viceversa, deve rimanere affidata alla competenza regionale». La Consulta ha salvato invece il successivo comma 5, quello che consente di tagliare presidi e personale amministrativo (il ministero dell´Istruzione ha ipotizzato di prepensionarne 3180). «Rientra nelle prerogative del governo decidere la riduzione dei dirigenti scolastici», hanno scritto i quattordici giudici dell´Alta corte. «Questa previsione», si legge ancora, «incide in modo significativo sulla condizione della rete scolastica, ma la norma non sopprime i posti di dirigente limitandosi a stabilirne un diverso modo di copertura e tenendo presente che i dirigenti scolastici sono dipendenti pubblici statali, non regionali».
È interessante notare come l´Alta Corte abbia sottolineato l´ambiguità di una legge che da una parte impone l´aggregazione tra elementari, medie e superiori e dall´altra «non esclude la possibilità di soppressioni pure e semplici». I giudici hanno censurato il fatto che lo Stato abbia stabilito «soglie rigide» che «escludono le Regioni da qualsiasi possibilità di decisione». Ecco, il Titolo V «consente allo Stato di dettare principi fondamentali e non norme di dettagli».
Il ministero della Pubblica istruzione è stato preso in contropiede dalla sentenza. A tarda ora, i responsabili tecnici, assunta la notizia, hanno parlato di «un bel guaio» sottolineando come non sia più gestibile una situazione in cui «lo Stato mette i soldi e le Regioni decidono cosa fare». Saranno le Regioni, ora, a dover rimettere mano alla partita dell´accorpamento scolastico.

La Repubblica 08.06.12

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Incostituzionale la nuove rete scolastica. Tutto da rifare?
Con la sentenza n. 147 la Consulta ha bocciato la riforma della rete scolastica

La Corte costituzionale ha accolto, se pur in parte, il ricorso di sette Regioni (Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria, Puglia, Basilicata e Regione Sicilia) che avevano impugnato l’art. 19 della legge 111/2011, relativa al nuovo dimensionamento delle istituzioni scolastica (del primo ciclo in particolare).

La sentenza n. 147 ha giudicato illegittimo soltanto il comma 4 dell’art. 19 della legge – quello sulla dimensione minima di mille alunni dei nuovi istituti comprensivi – ma ha ritenuto non fondato il ricorso contro il comma 5 dello stesso art. 19 – quello sulla esclusione di dirigenti scolastici titolari nelle istituzioni sotto i 600 alunni.

Secondo la Consulta, i nuovi parametri (almeno mille alunni) per costituire un istituto comprensivo non sono norme generali né principi fondamentali (di competenza dello Stato), ma sono, piuttosto, norme di dettaglio che, dunque, avrebbero dovuto essere concertati con le Regioni in quanto rientranti nella legislazione concorrente.

A dir la verità il Miur, a cose fatte, ha avviato rapporti con le Regioni attraverso la Conferenza unificata, convenendo sulla non rigidità del limite di mille (assunto come media regionale) e convenendo sul mantenimento di istituzioni scolastiche già dimensionate, anche se non trasformate in istituti comprensivi. Ma era ormai troppo tardi e i ricorsi (tutti delle Regioni politicamente all’opposizione del Governo pro- tempore) erano già partiti.

Come si sa, in sede di attuazione della norma, le Regioni hanno ridefinito la rete scolastica regionale, secondo scelte proprie che, in taluni casi, hanno rispettato alla lettera (e oltre) le norme generali della legge n. 111, mentre in altri casi hanno deliberato piani con il freno tirato, dando attuazione graduale alla disposizione (gradualità non prevista) e applicando i nuovi parametri con una certa discrezionalità.

E adesso? Cosa succederà?

Non dovrebbero esserci effetti negativi nell’immediato, visto che ormai i piani regionali sono stati approvati e, soprattutto, applicati.

Probabilmente ci sarà un “chi ha avuto ha avuto” e un “chi ha dato ha dato”: i piani che prevedono in futuro l’adeguamento alle norme della legge 111 potrebbero rimanere inapplicati, senza nuove modifiche territoriali rispetto a quanto già avvenuto.

da Tuttoscuola 08.06.12

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