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La sfida di Bersani «Patto di governo e primarie aperte entro l’anno», di Simone Collini

Mandato pieno per cambiare legge elettorale. Il segretario del Pd pensa a cessioni di sovranità tra alleati per garantire l’intesa e saldo ancoraggio istituzionale. Si candida a premier, annuncia primarie aperte, propone un patto di legislatura a tutte le forze democratiche e lancia un aut aut a Di Pietro. Bersani delinea il percorso che dovrà portare alle elezioni del 2013 e incassa un voto all’unanimità da parte della Direzione del suo partito. Al centro del ragionamento che fa il leader del Pd di fronte al resto del gruppo dirigente c’è la necessità di lavorare per una «ricucitura tra politica e cittadini». Il che vuol dire cambiare la legge elettorale, costruire un’alleanza che non sia un’«ammucchiata» e anzi garantisca governabilità, chiamare gli elettori a decidere chi dovrà essere il candidato premier alle prossime politiche. Che dovranno svolgersi la prossima primavera perché il Pd, come ribadisce il segretario, assicura lealtà al governo, a cui però chiede «un approccio meno ragionieristico» e non più annunci ma «qualche segno concreto» per fermare la crisi.
SUPERARE IL PORCELLUM
Per Bersani la priorità a cui devono dedicarsi i partiti, al di là del lavoro sulle questioni economiche e sociali, è superare il Porcellum, perché è chiaro che o un accordo viene trovato prima dell’estate oppure si tornerà alle urne con questo sistema di voto. Contatti tra il segretario del Pd e Alfano per far ripartire su un diverso binario la discussione sulla legge elettorale ci sono stati. Venti giorni è il lasso di tempo che si sono dati i leader di Pd e Pdl per convergere su un determinato modello. Bersani alla Direzione ha chiesto, e ottenuto, un pieno mandato a discutere partendo dalla proposta del doppio turno di collegio, ma con la disponibilità a cercare una possibile mediazione.
PATTO DI LEGISLATURA
Dipenderà in parte dal trovato o mancato accordo sul sistema di voto il modo in cui il Pd andrà alle urne, cioè se da solo o all’interno di una coalizione. Ma Bersani mette in chiaro fin d’ora che non intende impegnare il partito in un sistema di alleanze ad ogni costo. «Tocca al Pd prendere la guida del percorso di alternativa. Noi la proposta politica l’abbiamo da tempo e la teniamo ferma, centrosinistra di governo aperto a un patto di legislatura con forze democratiche e civiche moderate. Un patto di legislatura tra progressisti e moderati per la ricostruzione del Paese». L’idea di Bersani, nel far riferimento a un «centrosinistra di governo», è di chiedere agli eventuali alleati un «accordo di governabilità e una parziale cessione di sovranità». Ancora più in concreto significa che in caso di controversie fondamentali, i gruppi parlamentari decideranno a maggioranza, in una riunione congiunta, come votare in Aula. E non finisce qui. Fin d’ora Bersani mette non solo in chiaro che l’offerta è rivolta tanto ai partiti quanto ad associazioni, movimenti, amministratori e singole personalità del mondo della cultura e dell’impresa (già sono state fissate in agenda per dopo l’estate due iniziative per stringere i rapporti con questi mondi).
AUT AUT A DI PIETRO
Il leader del Pd precisa infatti che non tutti i partiti tradizionalmente alleati faranno parte anche questa volta della partita. «Al collega Di Pietro dico che c’è una ovvia condizione di base, il ri-
spetto reciproco e il saldo ancoraggio istituzionale. Veda un po’ se vuole insultarci o fare l’accordo, mancare di rispetto alle istituzioni della Repubblica o fare l’accordo. Le due cose assieme non possono stare. O l’una o l’altra». Il leader dell’Idv replica a distanza dicendo che vuole capire quale sia il programma del Pd «perché non intendiamo cadere nel tranello delle ipocrisie e della vendita di fumo». Parole che non piacciono a Bersani, che nella replica finale della Direzione rincara la dose: «Ci sono dichiarazioni di Di Pietro irraggiungibili per Grillo. C’è un limite a tutto».
PRIMARIE APERTE IN AUTUNNO
Oggi Bersani e Di Pietro saranno insieme, come anche Vendola, a un convegno organizzato dalla Fiom-Cgil sui temi del lavoro (ieri un gruppo di rappresentanti sindacali guidato da Ferrando del Partito comunista dei lavoratori è andato a contestare davanti alla sede del Pd al grido di «l’articolo 18 non si tocca»). Qui si capirà se la separazione tra Pd e Idv si può dare per assodata e anche se Vendola sfiderà Bersani alle primarie (manca l’ufficialità ma non ci sono dubbi). Il leader del Pd ha rotto gli indugi annunciando non solo che si candida alla premiership ma anche che entro l’anno si faranno primarie aperte per «far decidere ai cittadini» chi dovrà guidare la coalizione «dei progressisti e dei democratici»: «So di chiedere al mio partito un atto di generosità e il coraggio di una sfida. Conosco bene le contraddizioni, i problemi che dovremo affrontare. Ma ho sempre pensato che metterci al servizio di un processo più grande di noi non riduce né il ruolo né la forza del nostro partito». Diversi dirigenti del Pd, sia nei colloqui riservati che negli interventi, non hanno nascosto perplessità per la decisione del segretario. Ma Bersani è convinto che questa sia la scelta giusta: «Alla fine la democrazia è guardare la gente negli occhi e farla scegliere liberamente. Si dimostrerà che questo lo facciamo solo noi».

l’Unità 09.06.12

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“Sì unanime e mandato al leader per la riforma” di Maria Zegarelli

Franceschini: la candidatura di Bersani è la scelta giusta D’Alema: prima c’è il progetto per l’Italia. Il Pdl fa le primarie? Scelga il nostro stesso giorno… Alla fine il mandato al segretario è pieno, unanimità nel voto della direzione. Il percorso indicato da Pier Luigi Bersani, e la sua candidatura, sono condivisi dai dirigenti del suo partito, pur con qualche dubbio sulla formula di nuovo conio, «primarie aperte», ma la sostanza convince tutte le anime democratiche, compreso Matteo Renzi, su cui sono accesi i riflettori in quanto (quasi) certo sfidante del segretario.
«Davvero una bella giornata», commentano dallo staff di Bersani. Quel percorso a tre tappe indicato dal segretario, dove il primo step non può che essere la legge elettorale, condicio sine qua non per passare al secondo e poi al terzo, unisce i democrat. Il segretario accetta la sfida lanciata da Alfano e dal Pdl: «Tre settimane e si decide se c’è l’accordo». Ed è evidente che qualche mediazione si dovrà fare, purché si cambi il Porcellum. E proprio alla legge elettorale resta appeso il destino delle alleanze e delle stesse primarie. Come il destino del governo Monti resta appeso al Pdl, perché dal Pd, pur con qualche critica, l’appoggio viene ribadito. Oggi più di ieri, dice Massimo D’Alema, dal momento che «i poteri forti lo hanno abbandonato». Poteri che non esitano ad alimentare l’antipolitica, che in Italia si fonda su due pilastri: «La fragilità del sistema politico democratico» e, appunto, «la disponibilità di una parte del ceto economico e intellettuale dominante a cavalcare questo fenomeno». Sostegno convinto ribadiscono anche Walter Veltroni, Dario Franceschini e Enrico Letta.
IL SOSTEGNO
«Bersani ha detto con chiarezza che si candida, è una scelta giusta dice Franceschini Lo sosterremo, non è l’avventura ma la competenza, il buon senso e la capacità di governo che servono al Paese». Beppe Fioroni avverte: «Se non riusciamo a cambiare il Porcellum almeno che si introducano le preferenze». «Peggio del Porcellum c’è solo il Porcellum con le preferenze ribatte Veltroni, arrivando in direzione a dibattito avviato. No, «peggio del Porcellum con le preferenze c’è il Porcellum con le primarie», sostiene Paolo Gentiloni.
Sulle primarie c’è chi chiede chiarezza e regole certe. «La proposta di Bersani dice il presidente del Copasir D’Alema è seria e convincente. Prima c’è il progetto per l’Italia, o tutto si riduce alla scelta del capo e poi la ligittimazione democratica di chi guida, le cose così sono nell’ordine giusto». E sulle primarie: «Ho posto da lungo tempo l’esigenza di regolarle, di farne non un evento salvifico, un camminare sui carboni ardenti, ma una forma organizzata e regolata di partecipazione democratica». E dal momento che anche il Pdl vuole farle, «facciamole lo stesso giorno così evitiamo che i loro elettori vengano a votare alle nostre».
Franco Marini invita alla cautela: «Vorrei parlare delle primarie aperte dopo la definizione delle alleanze. Perché altrimenti diventa difficile affrontare questo problema. L’idea di avere più candidati del Pd e figure che in astratto potrebbero essere quelle che guidano il Paese merita una ulteriore discussione». Soddisfatto Pippo Civati, «l’apertura alle primarie di coalizione è un nostro successo», cioè di chi come lui, Sandro Gozi e Paola Concia ha firmato l’ordine del giorno (ieri ritirato in vista dell’Assemblea nazionale) che le chiedeva insieme al limite dei tre mandati. Aggiunge che con Renzi si sta ragionando su una «sola candidatura nostra» e Renzi è al primo posto. Non è convinta Debora Serracchiani, vuole capire bene «di cosa stiamo parlando». Resta vaga anche sull’ipotesi di una sua candidatura.
IL CAMPO POLITICO
Resistenze, forti, su Antonio Di Pietro. Fioroni vede il rischio di una «dipietrizzazione vendoliana», gli ex popolari ne farebbero a meno, come Letta. Tutti concordi sul patto tra progressisti e moderati per un governo di alternativa e una legislatura costituente. Salutare e salvifica l’apertura alla società civile, ai movimenti, a tutto ciò che si muove nel ventre del Paese e che sta cercando rappresentanza. «La nostra proposta dice Franceschini deve essere quella di un’alleanza tra progressisti e moderati, tenendo presente che la prossima legislatura sarà dura e occorrerà dare un ampio consenso popolare al governo». Condivide l’«ispirazione della relazione» Veltroni, «non servono alchimie politiche in un momento in cui lo spaesamento dell’elettorato è molto profondo», aggiunge che «la ragione d’essere del Pd è il riformismo e noi dobbiamo essere all’altezza della soluzione perché altre non ce ne sono in questo momenti ma i vuoti in politica si riempiono». Per questo trova «assurda la discussione sulle liste civiche. Non siamo il partito dei contadini ungheresi, dobbiamo aprire il Pd e chiamare le forze e le energie dentro al Pd, ma se nasce qualcosa nella società si ha un rapporto, si ascolta, si sta attenti». Bene le primarie, sostiene Bindi, che dice «sì con convinzione» al percorso indicato da Bersani ma aggiunge che prima devono esserci il programma e le «scelte economiche e sociali». Anna Finocchiaro, capogruppo al Senato, apprezza l’idea di arrivare alle primarie «alla fine di un percorso che veda in primo piano la costruzione di uno spazio politico aperto con il Paese». Anche Fassino che fa scintille con Rosy Bindi quando lo richiama al rispetto dei tempi è convinto che questa sia la strada. «L’amplissimo consenso sulla relazione di Bersani non è un fatto di facciata commenta Marina Sereni L’aver aperto alla stampa la nostra riunione non l’ha resa meno vera e seria e ha rimandato all’esterno l’immagine positiva di un partito in cui si discute e ci si confronta partendo dai problemi concreti dell’Italia».

l’Unità 09.06.12