ambiente, attualità, cultura

"Il mio concerto per i terremotati", di Claudio Abbado

Il recente sisma in Emilia ha messo in ginocchio la vita culturale di un’intera regione. Ricostruire subito è ora il principale obiettivo ed è importantissimo che anche il patrimonio culturale sia fra le priorità. IL TEATRO Comunale di Ferrara e il Valli di Reggio Emilia, a cui sono profondamente legato, sono ora chiusi, e con loro molti altri teatri. La ricostruzione non deve tralasciare i luoghi d’arte e i teatri, perché la cultura è parte integrante e fondante di quel tessuto sociale che ora è lacerato dal sisma.
Assieme a tutti i musicisti dell’Orchestra Mozart, all’organizzazione e alla dirigenza, e grazie anche alla sensibilità dei solisti e del coro, abbiamo deciso di aprire al pubblico la prova generale di questa sera all’Auditorium Manzoni di Bologna, e con l’aiuto di Repubblica abbiamo organizzato una raccolta fondi. Le donazioni saranno devolute alla Regione Emilia- Romagna, che destinerà parte del ricavato anche al patrimonio artistico e ai luoghi della musica. Eseguiremo la prima messa scritta da Mozart, quando aveva solo dodici anni, e l’ultima composta da Schubert. Si tratta di due pagine molto diverse fra loro; da una parte c’è la sbalorditiva prova di un genio ancora bambino e dall’altra l’opera di grande profondità di un compositore al culmine della maturità. È un programma intenso, che si addice ad un’occasione di raccoglimento e di concreta vicinanza a chi ora è in difficoltà. Anche il Lucerne Festival, in occasione dell’inaugurazione ad agosto, darà vita ad un’iniziativa di solidarietà, in particolare a sostegno del Teatro Comunale di Ferrara, che riapriremo poi in settembre proprio con la Lucerne Festival Orchestra.

La Repubblica 10.06.12

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Finale-Ferrara, la faglia del terrore “Tutti in coda per le baracche di legno a casa nostra non vogliamo tornare”, di Jenner Meletti

Dopo l’allarme della Protezione civile, viaggio nei paesi fantasma della Bassa. Ecco, ci mancava il crollo. Dal quarto voltone della facciata del municipio, in agonia da venti giorni, alle 14 e 54 minuti cadono altri quintali di pietre. La polvere si solleva in una piazza quasi vuota. C’erano almeno cento persone, fino a ieri, a guardare morire il Comune. Oggi sono in quattro, appoggiati alle biciclette, pronti alla fuga. «È come il gioco con i bastoncini dello shangai. Se ne fai cadere uno, perdi tutto. Se cade il municipio, la scossa fa crollare il campanile che cade sulla chiesa, e questa precipita sulla piazza e sui bar…». Meglio andare via, in questo giorno diverso. Ci sono frasi in testa che ormai tutti sanno a memoria. «È significativa la probabilità che si attivi il segmento tra Finale e Ferrara… ci possono essere eventi paragonabili ai maggiori registrati nella sequenza». Sì, dicono che può arrivare un’altra grande scossa e qui siamo a mezza strada fra Finale e la città degli Estensi. Oggi si riesce a «vedere» la paura. Tante strade deserte, piazze vuote come nei film western anni ‘70 prima dei duelli. C’è chi maledice l’allarme lanciato dalla Commissione Grandi Rischi. Ma qualcuno ringrazia. «Meglio essere informati», dice Cinzio Bregoli, che a Finale ha perso un palazzo del ‘600. «Vado subito a dormire a Riccione».
FINALE EMILIA
Trenta chilometri in tutto, la linea quasi retta che percorre la faglia della paura. Ma intorno ci sono altri paesi che tremano, come Sant’Agostino, San Carlo, Buonacompra, Bondeno, Pilastrello… Non ha dormito molto, Fernando Ferioli, sindaco di Finale Emilia. «Il telefono ha ricominciato a squillare alle 5 di stamattina. “Cosa dobbiamo fare, dobbiamo scappare via?”. Ci mancava anche la scossa del 2,9 arrivata alle quattro del mattino. Questo allarme, dal punto di vista della comunicazione, è stato una cavolata bestiale. Se dici che dopo alcune scosse ne possono arrivare altre, dici una banalità. Se invece precisi che il sisma può picchiare in un punto preciso, compreso fra la nostra città e Ferrara, crei un panico che non serve a nessuno». Mille domande a Fernando Ferioli e a tutti gli altri sindaci in prima linea. «Si
vede che gli scienziati hanno “visto” qualcosa nel profondo della terra e non hanno il coraggio di dirlo apertamente. Sindaco, cosa c’è oggi sotto i nostri piedi?».
Enzo Boschi, ex presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, dice che la Commissione Grandi Rischi o annuncia subito le misure da prendere per questo pericolo o ammette di avere sbagliato a dare l’allarme. «Hanno messo me e gli altri primi cittadini — dice il sindaco di Finale — in una situazione impossibile. C’è gente che piange, mentre mi chiede che fare. Io da una parte cerco di rassicurare, dicendo che l’allarme nasce da una ricerca statistica e non da analisi scientifica. Ma quando mi chiedono: “Tu escludi che ci possano essere altre scosse?”, non posso certo rispondere che sicuramente non ci saranno. E si torna a zero. Cosa faccio, dopo il comunicato? Faccio sfollare tutta la popolazione per tre giorni o per tre anni? Oppure, per tenere conto della statistica, per mille anni?».
Attorno al bar Fly i giovani del paese hanno messo le loro tende, e anche un cartello per chi volesse rubare qualcosa. «Avviso ai ladri. Non si fanno prigionieri». Si trovano ogni sera attorno a un’unica tavolata («Prepariamo noi, con le nostre mani e i nostri soldi») per parlare delle cose da fare, ascoltare musica, non sentirsi «sfollati» a casa propria.
«Molti di quelli che erano tornati in paese — dice Fernando Ferioli — sono andati via subito. Finale oggi è un paese fantasma. Certo, al sabato, tanti partono per andare a trovare i bimbi o i genitori anziani che hanno mandato al mare o dai parenti lontani, ma ho paura che lunedì non ritornino. Mi sembra di sentire le loro mogli. “Torni proprio a Finale, ma hai sentito che cosa ha detto la televisione”? Dovevano mandare più verificatori, altro che provocare il panico. Più uomini e più mezzi per potere dire a migliaia di cittadini: abbiamo controllato la vostra casa. È sana e robusta. Potrà resistere a mille scosse». Angelo Masi, dirigente di un’azienda pubblica, è uno di quelli che si dà da fare per evitare il terrore. «Dico che la Commissione si è auto tutelata, dopo il mancato allarme per L’Aquila. A dire la verità spero davvero che sia così, ma questo lo tengo per me».
CASUMARO
Sulla strada per Casumaro un grande striscione annuncia «Casette di legno. Pronta consegna». «Dopo ogni scossa — raccontano Barbara, Marco e Massimiliano Gilli, della falegnameria omonima — c’è il delirio. In venti giorni sono arrivati almeno 700 clienti. All’inizio hanno chiesto le casette più semplici ed economiche, usate per il riparo degli attrezzi. Ci puoi mettere a dormire tre-cinque persone con una spesa di 2.500- 3.000 euro. È solo un riparo, senza bagno, senza nulla. Adesso, soprattutto dopo questo allarme, arriva chi chiede una vera casa di legno, con bagno, elettricità e tutto. Hanno capito che purtroppo ci vorranno mesi e mesi, almeno per alcuni, per tornare a casa propria».
RENO CENTESE
Le mietitrebbia stanno già lavorando nei campi d’orzo. Sembrano tutte uguali, le strade del terremoto, con vista sulle case coloniche e i fienili crollati. A Reno Centese si protesta contro il campanile, che minaccia di cadere su abitazioni e negozi e anche sul deposito di gas che alimenta il paese. Gli abitanti vogliono abbatterlo, la Sovrintendenza dice no. A Casumaro il Time cafè è aperto, ma tutti stanno ai tavoli fuori o sull’uscio. «Io sono uno dei pochi — racconta Cesare Falzoni — a dormire in casa, anche per stare assieme a mia madre anziana. Ma quando entri non ti senti al sicuro. È come aspettarsi una persona nascosta, pronta a tagliarti la gola. Molti miei amici sono andati al mare. Resisti, resisti, poi la corazza si rompe». Alle 15.25 un’altra
scossa, magnitudo 3,4.
BUONACOMPRA
Era piena di vita, Buonacompra. La polisportiva gestiva la cucina, centinaia di persone stavano nel piazzale, accanto al loro parroco di 95 anni, a guardare la chiesa crollata. Oggi non c’è nessuno. Due operai sono lassù sul campanile e lo stanno spezzando pietra dopo pietra. Sono legati a una gru e la piattaforma per i rottami è appesa a un’altra gru. Forse qualcuno tornerà. Un cartello annuncia le «Sante Comunioni, domenica ore 9». Arriva un anziano che resta in auto. «Quando hanno cominciato a tirare giù il campanile, sono andati via tutti. È uno spettacolo troppo triste».
FERRARA
Finisce a Ferrara, la strada della faglia. Qui tutto sembra normale. Non ci sono tende nei giardini delle mura, né altri accampamenti. «Stiamo verificando — dice il sindaco Tiziano Tagliani — i danni alle case e ai monumenti. Abbiamo avuto 6.500 segnalazioni, fra edifici pubblici e privati. Il palazzo Diamanti è chiuso, come il Castello. Sì, sono in ufficio, come annunciato, nel palazzo storico quasi tutto agibile. Le cose da fare non mancano ». Sembrano lontani, i terremotati di San Carlo. I clown nella tendopoli della Prociv Arci cercano di fare ridere i bambini. «Abbiamo chiesto altre tende,
arriveranno domani». Nella piazza una voragine a fianco della chiesa mostra ancora il fango uscito dalle terra. Luigi Alpi, classe 1937, seduto con due amici sotto un tiglio, racconta che «qui è come in guerra». «Anzi, per certi aspetti è peggio. Io ero bimbo e sapevo che quando si vedeva il ricognitore Pippo, che con i suoi bengala illuminava la notte, dopo pochi minuti sarebbero arrivati i bombardieri. Scappavamo nelle campagne. Per il terremoto non c’è nessun Pippo. Quando senti il boato e la scossa, la “bomba”, purtroppo, è già arrivata».

La Repubblica 10.06.12