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"Reddito, scende quello degli operai. Bene gli autonomi", di Marco Ventimiglia

Il fine settimana è ormai divenuto la sgradita occasione per fare il punto su quegli aspetti della crisi per i quali manca il tempo di soffermarsi nei giorni lavorativi, “schiacciati” da un’attualità economica sempre più drammatica. E così l’ultima domenica è coincisa con la diffusione di un poco incoraggiante studio di Bankitalia sul reddito reale delle famiglie e di un’altrettanto pesante indagine dell’Istat sulla disoccupazione giovanile, entrambe tratte dalle rispettive Relazioni annuali. Cominciamo da Via Nazionale e dalle sue rilevazioni sul reddito relative al periodo 2000/2010, uno studio dal quale emerge una crescita media di appena del 6,2% (da 18.358 a 19.495 euro), però con differenze rilevanti a seconda delle categorie prese in considerazione. Infatti, se nei nuclei con capofamiglia lavoratore autonomo il reddito è cresciuto del 15,7%, nelle famiglie di operai, apprendisti e commessi il reddito è diminuito nel decennio del 3,2%. Ed ancora, Bankitalia mette in evidenza che il reddito reale equivalente disponibile nelle famiglie di dirigenti è cresciuto dell’8% mentre in quelle di pensionati del 9,8%. Dati che cambiano faccia se si restringe lo sguardo al periodo della crisi, con un calo che risulta più consistente non solo per il reddito reale disponibile delle famiglie di operai (da 14.485 euro del 2006 a 13.249 del 2010 con un -8,5%) ma anche per quello delle famiglie di dirigenti (passate da 35.229 euro del 2000 a 43.825 del 2006 e a 38.065 del 2010 con un calo negli ultimi quattro anni considerati del 13,1%) e dei lavoratori autonomi (da 28.721 a 26.136 euro con una riduzione del 9%). Hanno relativamente tenuto, dal 2006 al 2010, i redditi reali delle famiglie di impiegati, quadri e insegnanti (da 21.344 euro a 21.311) mentre hanno avuto un lieve avanzamento i redditi dei nuclei con capofamiglia pensionato (da 18.579 a 19.194 con un +3,3%). DIFFERENZA GEOGRAFICA Impressionanti i numeri relativi alla distribuzione sul territorio: il reddito medio disponibile delle famiglie era nel 2010 di 22.758 euro nel Centro Nord e di 13.321 euro nel Sud e nelle Isole. «I dati di Bankitalia ci dicono che c’è un impoverimento del Paese e, soprattutto, di progressiva diseguaglianza dei redditi degli italiani», ha commentato Susanna Camusso. Il segretario della Cgil ha poi ribadito che «il rigore non ci permetterà di uscire dalla crisi e bisogna sostituire le politiche di rigore con politiche di investimento e di ridistribuzione del reddito, tassando di più i grandi patrimoni e alleggerendo il peso fiscale sui lavoratori dipendenti e sui pensionati». Quanto all’Istat, i suoi dati evidenziano una volta di più il divario record tra tra il tasso di disoccupazione giovanile e quello totale. In particolare, nel nostro Paese i giovani che risultano disoccupati sono 808mila mentre coloro che non studiano e non lavorano, sono oltre 2,1 milioni, vicino ai livelli della Spagna. Ed ancora, il tasso di disoccupazione dei 18-29enni, dopo una costante discesa tra il 2000 e il 2007, ha subito un’impennata nel corso degli ultimi quattro anni raggiungendo nel 2011 il 20,2%, un punto percentuale al di sotto del picco che si registrò nel 1997. Se si guarda al divario tra il tasso di occupazione dei 18-29enni e quello generale della popolazione tra i 15 e i 64 anni, dopo essere rimasto stabile tra il 1993 e il 2002 si è andato progressivamente allargando fino a raggiungere nel 2011 i 15,9 punti percentuali con tassi di occupazione rispettivamente al 41 e al 56,9%. Infine, i giovani che in Italia non studiano e non lavorano superano di molto la media europea (22,1% nel 2010 contro il 15,3%). Nel dettaglio, l’incidenza è più alta rispetto alle altre grandi nazioni europee come Germania (10,7%), Regno Unito e Francia (14,6% entrambe) ed è simile invece a quella della Spagna (20,4%).

l’Unità 11.06.12