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"Anticorruzione: maxiemendamento e voto di fiducia", di Francesco Grignetti

La decisione è stata presa, si tratta ora di vedere se però non metterà in movimento una macchina infernale. Il governo intende sbloccare di forza il ddl Anticorruzione e chiederà domani un voto di fiducia su un maxi-emendamento che riscrive una volta per tutte le nuove norme penali e, molto probabilmente, anche le norme sulla eleggibilità o ineleggibilità dei candidati alle elezioni. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, conferma: «Abbiamo dato l’informazione al presidente della Camera… Adesso bisogna vedere, perché non abbiamo ancora scritto il maxi-emendamento». Scontato che il governo non cadrà sull’Anticorruzione, c’è però da registrare la malcelata soddisfazione del Pd («Se la fiducia viene posta sul testo della commissione, noi siamo pronti a votarla», diceva ieri Pier Luigi Bersani) e l’arrabbiatura profonda del Pdl. Il centrodestra non voleva assolutamente questo voto di fiducia. Teme imboscate e non gli piace il testo così come è. Perciò Angelino Alfano è sceso sul piede di guerra. Ha incontrato i capigruppo di Camera e Senato e ha fatto filtrare quale potrebbe essere la rappresaglia del Pdl: votare al Senato il testo sulla responsabilità civile dei magistrati nella forma già votata alla Camera piuttosto che nel testo di mediazione appena presentato dalla ministra Paola Severino. Sarebbe un clamoroso dietrofront, dopo che il Pdl aveva accettato il principio che quella formulazione non può funzionare e ingolferebbe i tribunali. Ma siccome una potente arma anti-magistrati e anti-Severino è a disposizione…

Non è una decisione facile, insomma, per Monti e per i suoi ministri, quella del voto di fiducia sull’Anticorruzione. Tanto è vero che l’ultimissimo tentativo di mediazione avverrà oggi alle 10,30 quando si riunirà la ristretta Commissione dei Diciotto, che raccoglie i tecnici giuridici dei diversi partiti. C’è da verificare se non si trovasse un accordo sulle condizioni di ineleggibilità: il Pd tiene duro sulla possibilità di rendere ineleggibili i condannati in primo grado per reati gravissimi come mafia, corruzione e concussione; il Pdl ribatte che mai accetterà di rendere discriminante una sentenza di primo grado.

«Sarebbe un bel segnale ragiona intanto Roberto Rao, Udc, un altro dei Diciotto – se si riuscisse a trovare un accordo parlamentare almeno sulla questione dell’incandidabilità. Non mi scandalizzo per un voto di fiducia, ma siccome siamo a un passo da un’intesa, perché farsi dare la linea dal governo?».

Il governo stesso non sa ancora fino a che punto i partiti riusciranno a procedere da soli, e dove occorrerà lo scrollone di un voto di fiducia. E non ci sarebbe troppo da meravigliarsi se alla fine la maggioranza si trovasse d’accordo nel dare una delega al governo per regolamentare la materia, fermo restando che soltanto le condanne definitive possono essere d’impedimento alle candidature.

Secondo punto di frizione, il nuovissimo reato di «traffico d’influenze». Al Pdl non piace. Lo considerano troppo generico, una sorta di grimaldello offerto alla magistratura per indagare in lungo e in largo, e pericolosamente d’ostacolo all’attività di lobbing. Ma la ministra Paola Severino insiste: è necessario innovare il codice penale, questo reato va previsto, ed ormai è un po’ tardi per riscriverlo. Già, perché i tempi stringono. Entro questa settimana il governo vuole che la Camera abbia votato il ddl per trasferire velocemente la discussione al Senato. Un’offerta di qualche giorno fa del Pdl, che chiedeva di stralciare il reato in cambio di una rinuncia a tutti i loro emendamenti, è stata rifiutata.

La Stampa 12.06.12