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"La carica degli aspiranti precari", di Raffaello Masci

Cercate di entrare per la porta stretta» dice il Vangelo di Matteo (7,13), e uno pensa a quella del Paradiso. Ma c’è una porta ancora più stretta, ed è quella della scuola, eppure sono in tanti a bussare, pur sapendo che quella porta – a differenza di quella del Paradiso, si spera forse non si aprirà mai.
130 mila italiani, in grande maggioranza non più giovanissimi, quasi sempre delusi e qualche volta anche depressi, stanno rimettendo piede in questi giorni nelle università perché, dopo aver tentato una o più strade professionali, hanno deciso di percorrere quella più tradizionale per i laureati italiani: l’insegnamento. E il primo step su questa inerpicata via è il test per il Tfa: già la sigla – sibillina spaventa, figurarsi la sostanza.

Per capire la cosa, occorre tornare ai tempi di Mariastella Gelmini, la quale aveva previsto che per diventare insegnante non fosse più adeguato il vecchio corso di abilitazione, ma fosse meglio fare un tirocinio formativo attivo (un Tfa appunto), cioè un anno di formazione, organizzato dalle università, con un esame finale abilitante. Sia chiaro: chi supera l’esame non vince niente e non ha alcun posto, ha solo i numeri per partecipare ad un concorso se e quando ci sarà.

I Tfa si tengono quest’anno per la prima volta e i posti disponibili sono poco più di 20 mila (4.272 per le medie e 15.792 per le superiori). Le domande arrivate sono invece oltre 176 mila, relative a 130 mila persone (molte concorrono per più classi d’insegnamento) quindi occorre fare una selezione con i test: 60 domande a risposta multipla. Si è iniziato il 6 luglio, ogni giorno una o più classi di insegnamento (cioè gruppi di materie affidate allo stesso docente: per esempio italiano e latino, matematica e fisica, ecc.) e si finisce questa settimana.

Dato che superare la prova test non è uno scherzo, «La tecnica della scuola», una storica rivista di settore, ha allestito al prezzo di 99 euro un corso per prepararsi al test, ma se uno vuole solo esercitarsi sulle domande, il sito della rivista propone 50 domande random pescate su una base di 600, e l’esercitazione costa 9 euro e 90.

I test sono una novità varata quest’anno con tutti i problemi del caso. E le proteste sono venute a cascata: troppo nozionistici, domande trabocchetto, stranezze, come quella che ha già fatto il giro del web e che si riferiva al test per gli aspiranti docenti di filosofia e chiedeva informazioni su Amafinio. Chi era costui? Molti non lo sapevano e su 4 mila aspiranti i promossi sono stati 141.

Il ministero – preso in contropiede non ha declinato le sue responsabilità, ma ha fatto sapere che commissioni e test erano stati decisi già nell’agosto scorso dall’ancien régime. Ovviamente si provvederà, anzi: si sta provvedendo. Per intanto l’andazzo è quello che è, e davanti alle università stazionano folle di ex ragazzi che solo per fare il test hanno pagato una cifra tra i 100 e i 150 euro a seconda della sede, mentre il tirocinio costa tra i 2100 euro di Bergamo e i 3 mila dell’Aquila, in media 2.500.

«E per fare che cosa poi? – commenta il segretario della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo – Nella scuola non ci sono concorsi perchè non ci sono più posti. 21 mila persone vanno in pensione ogni anno, ma vengono rimpiazzate dai soprannumerari che hanno perso posto e la platea si riduce a 15 mila».

Uno dirà: dopo il Tfa si punterà a quei 15 mila posti. «Macché – conclude Pantaleo – se ci sono 240 mila abilitati nelle graduatorie a esaurimento».

La Stampa 26.07.12