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Errani, chiesto il processo: “Non mi dimetto”, di Luigi Spezia

La Procura sostiene di aver letto a fondo le carte e di aver trovato gli elementi sufficienti per mandarlo a processo. La difesa afferma il contrario e, anzi, non teme di dire che i pubblici ministeri «hanno commesso un grave errore». Sarà un battaglia durissima quella che andrà in scena il prossimo 7 novembre nell’ufficio del giudice Bruno Giangiacomo, dove si presenterà il governatore Vasco Errani. La Procura ne chiede il rinvio a giudizio con l’accusa di falso ideologico. Ma il presidente della Regione Emilia-Romagna non ha nessuna intenzione di arrendersi: «Vado avanti. Non parlatemi di dimissioni».
La Procura chiede il processo anche per il fratello del presidente, Giovanni, al centro della parte principale della vicenda: un finanziamento pubblico alla sua coop Terremerse, che, secondo le indagini della Finanza, non aveva diritto di ottenere. La vicenda nasce nel 2006, quando Giovanni Errani, presidente della coop, dichiarò con una autocertificazione di aver finito il 31 maggio i lavori per costruire un’innovativa cantina vinicola a Imola. Un anno dopo ottenne un milione di euro (che ora, finita l’inchiesta, il settore Aiuti alle Imprese della Regione ha chiesto indietro). Nell’autunno del 2009 l’opposizione sollevò il problema che i lavori della cantina di Terremerse non erano finiti il 31 maggio come invece era stato dichiarato. Il Giornale cavalcò la polemica. Vasco Errani reagì: «Quell’articolo aveva attaccato la mia onorabilità — ha spiegato ora il presidente al procuratore capo Roberto Alfonso e al pm Antonella Scandellari — così mi rivolsi ai funzionari della Regione per raccogliere le carte di quel finanziamento, del quale fino a quel momento nulla sapevo».
Errani scrisse una lettera alla Procura con la relazione sul caso preparata da due alti funzionari regionali, anch’essi ora chiamati a processo. Una lettera e una relazione non richieste che, finita l’inchiesta, gli inquirenti sono andati a rileggere. La Finanza, infatti, nel frattempo ha fatto una ricostruzione diversa da quella offerta in quella relazione che Errani si era affrettato a inviare in Procura. Quindi, ecco scattare un atto di fine indagine, nel marzo scorso, nel quale il presidente della Regione risultava indagato per falso ideologico, per aver preso quell’iniziativa di scrivere alla Procura, considerata in grado di fuorviare gli inquirenti.
C’erano due diversi “permessi a costruire” del Comune di Imola per quella cantina e il secondo, concesso solo una settimana prima del 31 maggio, era un vero e proprio nuovo progetto. Ma la cantina non si poteva certo costruire in una settimana. In Procura, con accanto l’avvocato Alessandro Gamberini, il presidente ha spiegato ancora: «Non lessi gli atti indicati in quella relazione la cui stesura avevo affidato ad un funzionario di cui mi sono sempre fidato. Mi limitai a trasmetterla alla Procura. La valutazioni espresse nella lettera non sono frutto di un mio esame. Evidentemente la valutazione del funzionario era tale per cui non riscontrava illegittimità». Ma per il procuratore capo Roberto Alfonso ci sono «elementi per sostenere l’accusa in giudizio» anche a carico del governatore. L’avvocato Alessandro Gamberini non è dello stesso avviso: «La richiesta di processo non ha alcun fondamento. Non si può tacciare di falso quella comunicazione di Errani alla Procura che era tecnicamente un esposto. E’ stata proprio quella lettera di Errani a fare aprire l’inchiesta».

La Repubblica 27.07.12

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Il governatore respinge l’accostamento ai casi di Formigoni e Vendola: vicende diverse, andrò dal giudice con serenità. “Penso a lavorare, qui c’è stato il terremoto”, di Luciano Nigro
«Mi presenterò davanti al giudice con piena fiducia per chiarire che non ho commesso reati e che non ho mai favorito o sfavorito qualcuno». Non avrebbe voluto aggiungere altro il presidente della Regione Emilia Romagna Vasco Errani.
Avrebbe voluto fermarsi al comunicato di tre righe rilasciato all’ora di pranzo e rinviare al chiarimento davanti al magistrato convinto che le sue ragioni verranno accolte. Ma è anche presidente della Conferenza Stato-Regioni e da più di due mesi Commissario per la ricostruzione dopo il devastante terremoto
che ha colpito l’Emilia. Una cosa dunque se la lascia scappare, pensando ai sindaci ai quali ha promesso di portare a casa presto gli 8 miliardi necessari per rimettere in piedi scuole, case e campanili abbattuti dalle scosse. «Io continuo a fare il mio lavoro, a partire dal quello di commissario per il terremoto, un impegno che
sto portando avanti con la massima determinazione. Oggi, anche se tutti mi cercano per altro, ho convocato quattro riunioni».
È una risposta implicita alla Lega Nord che già chiede le sue dimissioni? «Non voglio neppure parlarne — risponde controvoglia Errani — . Perché dovrei dare argomenti a chi ha già deciso, in
ogni caso?». Forse perché il suo nome verrà accostato al caso Formigoni. Magari lo farà lo stesso governatore della Lombardia che ha già detto: perché non parlate di Vendola? «Ecco appunto, per questo non voglio neppure accennare la parola dimissioni. Lo capisce chiunque che sono cose diverse, che ciascuno ha i suoi percorsi. Io non mi ci metto in un frullatore mediatico. Per questo non risponderò agli attacchi, mi metterò al lavoro, come ho fatto in tutti questi mesi, in silenzio: perché questa terrà si attende risposte urgenti a problemi drammatici. E queste sono ore decisive per il piano di ricostruzione che abbiamo messo a punto con il governo». Fa una pausa Errani: «Se ho deciso di non dare interviste è anche per un’altra ragione. Dimostrerò nei toni e nello stile che c’è una differenza radicale. Io non mi metto a ingaggiare battaglie con i pm. Lavorerò serenamente, come ho sempre fatto, e quando sarà ora andrò dal giudice a chiarire la mia
posizione. Con la massima fiducia, come ho detto in quelle tre righe. Le uniche parole che considero necessarie in questo momento
».
Intanto i grillini dicono: se andrà a giudizio, Errani deve dimettersi. «E io perché dovrei accettare quel terreno?» insiste il presidente della Regione Emilia-Romagna. «A parte il fatto che chiarirò la correttezza del mio operato, anche Totò diceva: facciamo le debite proporzioni. No davvero: non voglio interviste, devo mettermi al lavoro, mi aspettano a una riunione».
Non deve essere facile, però, guidare l’Emilia-Romagna e la Conferenza Stato-Regioni, e fare il Commissario per il terremoto con un rovello del genere. «Ma no — taglia corto il presidente dell’Emilia Romagna — io vado avanti per la mia gente, come è giusto che sia in un momento così grave. Il resto, le polemiche, le strumentalizzazioni, le esagerazioni, mi scusi, preferisco lasciarle ad altri».

La Repubblica 27.07.12