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"Milano dice sì alle unioni civili", di Giuseppe Vespo

Superato il non possumus dei cattolici democratici, a palazzo Marino la maggioranza ricompone almeno in parte la frattura sul voto al registro delle unioni civili. I quattro consiglieri che per due giorni hanno fatto temere un voto contrario alla delibera consiliare che istituisce il registro delle coppie di fatto si astengono dal voto. E il Consiglio può arrivare così all’approvazione del provvedimento senza troppe difficoltà. Anche perché la mediazione trovata con l’area cattolica del partito tiene conto di alcune richieste avanzate dai quattro consiglieri del Pdl favorevoli all’istituzione del registro. Fino a ieri il nodo stava tutto nel termine «famiglia».

Il Pdl aveva presentato un emendato per l’istituzione di un registro delle unioni civili distinto da quello delle «famiglie anagrafiche», che esiste già in ogni Comune e comprende per esempio i conviventi o gli studenti che dividono l’appartemento. Il Pdl avrebbe così evitato di inserire il termine «famiglia» nel registro.

La maggioranza a palazzo Marino avrebbe anche accettato l’emendamento, ma i cattolici del Pd si sono opposti minacciando il voto contrario. Il motivo sta nel fatto che, secondo i «dissidenti» democratici, un registro delle sole unioni civili avrebbe potuto portare in futuro alla celebrazione di matrimoni gay.

La soluzione trovata è una via di mezzo. La spiega così Carmela Rozza, capogruppo milanese del Pd: «Faremo un registro delle unioni civili diverso da quello della famiglia anagrafica ma collegato. In questo modo, si scongiurerà il rischio della poligamia e si darà dignità alle unioni civili. Sarà un registro a parte che mantiene le fondamenta nelle leggi della famiglia anagrafica. Escludo che questo possa aprire la strada ai matrimoni gay».

Un concetto ripreso anche dal sindaco Pisapia, accusato nei giorni scorsi dalla Lega di dover pagare pegno agli elettori omosessuali: «Escludo che questa delibera apra alla possibilità di matrimoni gay – ha detto il sindaco di Milano – Questo è un provvedimento di carattere amministrativo. Per avere i matrimoni gay servirebbe una legge del Parlamento e, probabilmente, un provvedimento di ordine costituzionale».

Dal testo della delibera verrà cancellato quindi il termine «famiglia anagrafica» e sarà sostituito con «unioni civili», ma verrà fatto un riferimento esplicito alla normativa nazionale del 1982 che disciplina la stessa famiglia anagrafica. Una soluzione che si avvicina a quanto richiesto dai favorevoli del Pdl e va bene soprattutto ai cattolici del Pd, come ha confermato in apertura di seduta il consigliere Andrea Fanzago. «Ci hanno tranquillizzato sui contenuti – ha spiegato – ma il nostro voto di astensione rimane».

È così che dopo tre giorni di dibattito e 75 emendamenti Milano si aggiunge all’elenco delle 86 città che già ospitano un registro delle unioni civili. Tra le ultime Torino e Cagliari. Ma in assenza di una legge nazionale sulle coppie di fatto, oltre a qualche Comune sono le aziende ad organizzarsi. Diverse garantiscono l’estensione dei benefici che di solito danno ai coniugi dei dipendenti anche alle coppie di fatto, comprese quelle omosessuali.

Avviene già da qualche mese all’Ikea, dove i benefit riservati ai coniugi dei dipendenti e alle coppie di fatto sono stati estesi da maggio anche alle coppie omosessuali. Anche in Alitalia avviene qualcosa di simile. I cosiddetti «biglietti staff», scontati per dipendenti e familiari, vengono garantiti ai conviventi senza alcuna discriminazione di sesso. Alle Fs, invece, la Carta di Libera Circolazione, riferiscono i sindacati, viene concessa solo al coniuge e può essere ritirata in caso di divorzio. In alcuni settori, poi, come nel recapito alcune multinazionali hanno inserito nei contratti di secondo livello il termine «coppie di fatto».

Avviene alla Tnt per quanto riguarda la «banca ore» che si aggiunge ai permessi di paternità e maternità. Stessi accordi sono presenti nel mondo bancario e assicurativo. Mentre la cassa di assistenza integrativa dei giornalisti (Casagit) contempla tra i «familiari» dell’iscritto che hanno titolo all’assistenza (sempre a pagamento) il «coniuge o la convivente more-uxorio anche dello stesso sesso».

L’Unità 27.07.12