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"L'estate calda della scuola fra tagli di spesa e disservizi", di Salvo Intravaia

Tagli alla scuola, aumento delle tasse universitarie 1,caos nei test 2 per accedere ai corsi per l’abilitazione all’insegnamento, ferie dei supplenti “cancellate” per calmare lo spread e allarme delle province 3 per l’avvio dell’anno scolastico. Per trovare un’estate più calda, non solo dal punto di vista meteorologico, di quella che il mondo della formazione sta vivendo in questi giorni occorre andare indietro di qualche anno: quando il governo Berlusconi nel 2008 annunciò una serie di interventi su scuola e università. Questa volta la revisione della spesa riguarda anche la ricerca scientifica, motore per l’economia di qualsiasi Paese. Le due uniche buone notizie sembrano le oltre 26 mila assunzioni 4 a tempo indeterminato nella scuola a partire da settembre e il possibile dietrofront del governo sui tagli alla ricerca.

Aumento delle tasse universitarie. A dare l’allarme, dopo l’approvazione del decreto-legge sulla Spending review è stata l’Unione degli universitari. Rivedendo il meccanismo di calcolo del cosiddetto 20 per cento – la quota di pressione fiscale universitaria che, secondo una legge del 1999, gli atenei non possono superare rispetto al finanziamento statale – il Fondo di finanziamento ordinario – le università avrebbero avuto la possibilità di aumentare le tasse, sia per gli studenti in corso sia per i fuori corso. Ma, dopo le proteste degli studenti, in sede di conversione in legge, è arrivata una mezza marcia indietro che alimenta le polemiche. Gli atenei, potranno aumentare le tasse fino al 100 per cento, in base al reddito, soltanto ai fuori corso. E col gettito aggiuntivo incrementare il welfare studentesco. Ma, secondo Mimmo Pantaleo, segretario generale della Flc Cgil, “l’idea che si possano recuperare i fuori corso attraverso l’aumento delle tasse universitarie è semplicemente assurda e pericolosa”. “Dietro i fuori corso – continua Pantaleo – ci sono molteplici ragioni non sempre documentabili. Il rischio è di penalizzare sempre i più deboli, perché chi è ricco potrà tranquillamente continuare a frequentare l’università anche con l’aumento delle tasse”.

Tagli alla scuola. Dopo la cura da cavallo imposta dal governo Berlusconi, la revisione della spesa interviene ancora sul personale docente e Ata (amministrativo, tecnico e ausiliario). A settembre saranno 15 mila, secondo le prime stime dei sindacati, i supplenti che non troveranno più un posto e uno stipendio. Il perché è presto detto. I 10 mila docenti in soprannumero saranno costretti a settembre a fare da tappabuchi nelle scuole anche per piccole supplenze, quelle che erano appannaggio dei precari. A questi, occorre aggiungere 3.565 insegnanti inidonei all’insegnamento per ragioni di salute che, questa volta, verranno spediti nelle segreterie scolastiche, come assistenti amministrativi, o nei laboratori, come assistenti tecnici. Ci sono poi altri 430 insegnanti all’estero che saranno costretti a rientrare in Italia e 900, tra ex docenti tecnico pratici della C555 e coloro che sono transitati dagli enti locali allo Stato con una qualifica che non trovava corrispondenza nella pianta organica statale (C999), che diventeranno assistenti amministrativi o collaboratori scolastici. In tutto, 14.905 posti che fra un mese verranno meno ai supplenti.

L’odissea dei Tfa. Doveva lanciare l’era dell’insegnamento a numero chiuso, ma si sta trasformando in un vero pasticcio. Nell’occhio del ciclone, ancora una volta, i test di ammissione ai Tirocini formativi attivi, che dovrebbero consentire a laureati non in possesso di abilitazione di conseguirla dopo un anno di esperienza sul campo. La nuova formazione iniziale per gli insegnanti, lanciata dalla Gelmini, prevede un corso universitario quinquennale e un anno di tirocinio attivo che si conclude con un esame abilitante. In questa prima fase di transizione tra il vecchio e il nuovo ordinamento, per coloro che sono già in possesso di una laurea, è possibile partecipare al solo tirocinio, che però è a numero chiuso. A gestire la selezione e i corsi ci pensano gli atenei italiani. Ed ecco i test messi a punto dal ministero dell’Istruzione per individuare i 20 mila fortunati che potranno conseguire l’abilitazione all’insegnamento. I primi esiti pubblicati dal Cineca (il consorzio universitario che gestisce il test) e le prime proteste degli interessati, tuttavia, non sono affatto incoraggianti. Per insegnare francese alla media e al superiore sono riusciti a superare il quizzone soltanto in 96, i posti disponibili erano ben 765. I partecipanti lamentano l’eccessivo nozionismo e l’ambiguità di alcune domande. Una circostanza confermata dallo stesso Cineca, che comunica agli interessati il “bonus” di tre domande, considerate a tutti corrette, a prescindere dalla risposta data. Una ammissione di “colpevolezza” abbastanza esplicita che si ripete per sette delle 11 graduatorie pubblicate. Ma anche quando non vengono riscontrati “errori” ufficiali restano parecchi dubbi che daranno vita a migliaia di ricorsi. Nella classe di concorso A047 – matematica – per il ministero è andato tutto bene, ma l’Umi – l’Unione matematica italiana – non sembra essere d’accordo. E segna con la matita blu errori in ben cinque domande: quelle contrassegnate con in numeri 12, 24, 38, 39 e 47.

Le province protestano. E’ sempre la revisione della spesa al centro della polemica, questa volta con le province. E non per il taglio delle stesse ma per la riduzione dei trasferimenti dallo Stato. Secondo il presidente dell’Upi (l’Unione delle province d’Italia), Giuseppe Castiglione, i tagli ai bilanci delle province metteranno a rischio l’avvio dell’anno scolastico al superiore. Le province assicurano il pagamento delle bollette telefoniche, della luce e dell’acqua, ma anche la sicurezza e la manutenzione degli edifici scolastici. Ma con i tagli, di 500 milioni per il 2012 e un miliardo per il 2013, gli enti locali non potranno più, secondo Castiglione, garantire tutti i servizi. “Il governo – spiega – considera come spesa corrente anche una serie di servizi che eroghiamo ai cittadini che, a nostro parere, non possono essere contratti. Tra questi quelli scolastici”.

Le ferie dei supplenti. Il ministero dell’Economia, in questi giorni, ha invitato le segreterie scolastiche a sospendere il pagamento delle cosiddette ferie non godute al personale docente fino al termine delle lezioni. Una norma del decreto legge 95 stabilisce che le ferie non sono più monetizzabili. Ma ai 90 mila supplenti fino al termine delle lezioni, finora, non potendole fruire in estate, sono state sempre pagate. E intervenendo in estate il decreto non potranno neppure fruirle durante le lezioni. La prospettiva, anche adombrata dai sindacati, è una palese lesione del diritto alle ferie e si intravedono altri ricorsi all’orizzonte.

Il taglio delle presidenze. A settembre saranno 2.221 le presidenze in meno in Italia. La cura dimagrante è frutto del dimensionamento scolastico – meno 1.080 istituzioni scolastiche – e del decreto sulla stabilità emanato dal governo Berlusconi poco prima di passare la mano a Mario Monti, che prevede solo un “reggente” – un preside che è già titolare in un’altra scuola – per i 1.141 istituti sottodimensionati: cioè con meno di 600 alunni o 400 nelle piccole isole e nei comuni montani. Gli addetti ai lavori, per questa ragione, intravedono un ulteriore calo della qualità del servizio. A queste si aggiungono le difficoltà che sta incontrando il ministero a portare a termine il concorso per 2.386 per nuovi dirigenti scolastici. E lo stop imposto dal Tar in Lombardia, a pochi giorni dalla nomina dei vincitori di concorso, perché le buste dove sono stati conservati i compiti erano semitrasparenti e non garantivano l’anonimato durante la correzione.

Immissioni in ruolo nella scuola. E’ una delle poche buone notizie di questa estate rovente della scuola. Il ministero ha avanzato al dicastero dell’Economia la richiesta per assumere entro settembre 26.448 unità di personale scolastico (21.112 unità di personale docente e 5.336 di personale Ata). La comunicazione è stata data alla Camera, pochi giorni fa, durante un’interrogazione parlamentare dei deputati del Pd, Maria Coscia e Tonino Russo, che chiedevano lumi sul piano triennale di assunzioni varato dal precedente esecutivo. Nei prossimi giorni, il ministro Francesco Profumo dovrà emanare il relativo decreto con i posti per provincia e i provveditorati saranno costretti a un tour de force per garantire tutti i docenti in cattedra per l’avvio delle lezioni.

I tagli alla ricerca. La Spending reviw non ha risparmiato neppure gli enti di ricerca italiani. L’allegato 3 del decreto declina tutti i tagli imposti nel triennio 2012/2014 agli enti di ricerca, compreso quello imposto all’Infn (l’Istituto nazionale di fisica nucleare) che ha contribuito alle ricerche sul bosone di Higgs, una scoperta che se confermata può aprire scenari rivoluzionari nello studio della fisica delle particelle. E dopo le ennesime proteste il governo ha fatto una mezza marcia indietro: il taglio del 2012, pari a 19 milioni spalmati su tutti gli istituti che dipendono dal Miur, è stato cancellato. Ma il colpo di scure è soltanto rinviato: per il 2013 e per il 2014 resta un taglio di 51 milioni per anno.

da repubblica.it

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