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"Gli studenti universitari sommersi dalle tasse", di Laura Matteucci

I giovani democratici bocciano i contenuti della spending review annunciando un «university pride». Quelli di Link, il coordinamento delle associazioni universitarie, se la spiegano così: «All’inizio – dice uno dei loro rappresentanti, Luca Spadoni – il testo prevedeva il taglio dei fondi all’università per 200 milioni, poi hanno stralciato questo punto, ma hanno introdotto l’aumento delle rette». Al momento, si salvano solo gli studenti a reddito basso e al pari con gli esami. Tutti gli altri finiscono sommersi dalle tasse. Il decreto sulla spending review, nella sua ultima versione passata ieri in Senato col voto di fiducia, prevede rincari delle rette per tutti gli universitari: l’unica eccezione riguarda gli studenti in corso con un reddito Isee fino a 40mila euro, per i quali, almeno fino al 2016, l’incremento delle tasse non può superare quello dell’inflazione. Per le altre fasce di reddito non è previsto un blocco, quindi gli studenti potrebbero vedersi aumentare le rette anche se in regola con gli esami. Aumenti pesanti per chi è fuoricorso, ovvero il 40% circa della totalità degli studenti: le tasse potranno crescere fino a +25% per chi ha un reddito familiare sotto i 90mila euro, fino a +50% per chi ha reddito tra 90mi- la e 150mila euro, e fino a +100% per chi ha un reddito oltre i 150mila euro. Gli introiti dovrebbero essere destinati, per il 50%, alle borse di studio e per il resto a interventi di sostegno a servizi abitativi, di orientamento, di ristorazione e di assistenza. Nel decreto si dice che si terrà conto della condizione degli studenti lavoratori, ma non si specifica in che modo.

LIEVITANO LE SPESE

I tagli, peraltro, ci sono già stati: se nel 2009 il Fondo per l’università e la ricerca era dotato di 7,4 miliardi, oggi a bilancio c’è un miliardo in meno tondo tondo, per un investimento statale fermo allo 0,8% del Pil, contro una media europea dell’1,5%. Al momento la media nazionale delle tasse sfiora i 1.100 euro annui, con differenze anche abissali sia in base all’ateneo che al reddito (a Milano, per dire, si arriva fino a 2.500 euro). Cui vanno aggiunte le spese per i libri, i trasporti e gli eventuali (carissimi) affitti dei fuorisede. «È sbagliato scaricare il peso dell’istruzione sulle famiglie – dice Spadoni di Link – tra l’altro rischiando un sempre più massiccio abbandono delle immatricolazioni». Per i giovani democratici «la modifica dei criteri per calcolare le tasse ai fuoricorso mette fine alla nenia secondo cui il governo dei tecnici assume scelte neutre. Le conseguenze di questa scelta – dichiarano Fausto Raci- ti, segretario nazionale dei giovani Democratici e Federico Nastasi, portavoce della Run, Rete Universitaria nazionale – sono chiare: salve le università che fino adesso hanno praticato una tassazione illegale, sforando il tetto del 20% del finanziamento statale, salvi i rettori, salvi i Cda. Moratti, Gelmini e Profumo hanno tutti contribuito al racconto bugiardo dell’istituzione universitaria. Mentre tagliavano risorse, bloccavano il turnover dei docenti, affamavano i ricercatori e cancellavano il welfare studentesco, erano accompagnati dai cantastorie dell’establishment, secondo cui l’università è luogo di malaffare e spreco». «Per noi – aggiungono – è esattamente il contrario: l’accesso al sapere è il primo strumento per combattere le ingiustizie, la conoscenza deve diventare la priorità nel paese delle diseguaglianze. L’autunno potrà essere il blocco di partenza per lanciare la volata al nuovo corso italiano». Secondo Gd-Run, per l’università «va costruita un’operazione verità, che metta in piazza il vero volto degli studenti e dei giovani ricercatori che insegnano senza essere retribuiti». «Una giornata dell’orgoglio universitario – dicono Raciti e Nastasi – La norma d’aumento delle tasse non ha nulla a che fare con la revisione della spesa pubblica, a questo punto l’obiettivo di rivedere la contribuzione studentesca su criteri di equità deve essere nell’agenda del prossimo governo eletto dai cittadini».

Contro la norma è anche la Cgil, che annuncia nelle scuole e nelle università un autunno «molto caldo per contrastare la privatizzazione dei saperi e l’allargamento delle disuguaglianze». «L’Italia – dice il segretario generale Flc, Mimmo Pantaleo – rischia di essere in Europa il Paese con le più alte tasse universitarie e con il peggiore sistema di diritto allo studio». «Il governo Monti – conclude – utilizza la crisi per cancellare diritti sociali e di cittadinanza fondamentali, ma presto dovrà fare i conti con un duro conflitto sociale».

L’Unità 01.08.12