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"Ma nessuno può fermare l'intervento di Draghi", di Eugenio Scalfari

La crisi dell’euro rispecchia il fallimento d’una politica senza prospettive. Al governo tedesco manca il coraggio di andare oltre uno status quo divenuto insostenibile. Questa è la causa del continuo peggioramento della situazione, nell’Eurozona negli ultimi due anni, malgrado ambiziosi programmi di salvataggio e innumerevoli vertici di emergenza.
Questo drastico giudizio l’ha scritto ieri sul nostro giornale Jurgen Habermas, un filosofo, uno storico, un profondo studioso dei pregi e dei difetti della democrazia. Concordo da tempo con la sua opinione e con quella di tutti coloro che hanno voglia di capire quali siano le vere cause che attanagliano l’Unione europea e in particolare i 17 Paesi dell’Eurozona.
Personalmente e nonostante questo giudizio di fondo sono stato ottimista sull’esito finale poiché non pensavo che l’Europa arrivasse al punto di volersi suicidare. E riponevo grande fiducia nella competenza tecnica e nella visione politica di Mario Draghi e nella forza e nell’indipendenza della Banca centrale europea da lui guidata. La conferenza da lui tenuta a Londra alcuni giorni fa aveva confermato queste speranze ed era stata anche positivamente accolta dai mercati. Poi nella mattinata di giovedì scorso si è svolta la riunione del consiglio direttivo della Bce e la conferenza stampa del suo presidente il quale, stando a chi gli ha parlato subito dopo, era felice del risultato.
Sedici membri di quel consiglio, formato dai governatori delle Banche centrali nazionali, avevano manifestato opinioni pienamente in linea con quelle del presidente ed uno soltanto si era dissociato. Ora sono in corso gli studi necessari ad approntare gli strumenti operativi e su di essi ci sarà il voto definitivo del consiglio.
I mercati giovedì hanno accolto molto negativamente i risultati di quel vertice, ritenendoli ancora una volta insufficienti e interlocutori. Ma il giorno dopo – venerdì – c’è stata una netta inversione di tendenza sia nelle Borse sia negli spread dell’Italia e della Spagna. Eppure non era accaduto nulla di nuovo in quelle 24 ore che giustificasse le aspettative. Un errore di valutazione giovedì e un ripensamento venerdì? I mercati – si sa – sono molto volatili ma la loro “volagerie” è sempre motivata da una causa, un dato nuovo, una più chiara e autentica spiegazione. Ma nulla di simile è accaduto. Allora perché un capovolgimento così improvviso e così vistoso? E che cosa c’è da aspettarsi per domani quando i mercati riapriranno?
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Desidero ricapitolare le conclusioni raggiunte dal consiglio della Bce e riassunte da Draghi.
1 – Il tasso ufficiale di sconto e il tasso riservato ai depositi delle banche presso la Bce sono rimasti invariati: 0,75 il primo e zero il secondo.
2 – La Bce entro la fine di agosto interverrà sul mercato secondario per acquistare titoli pubblici a scadenza breve per cifre illimitate. Scadenza breve s’intendono Bot a un anno.
3 – Si tratta dunque di operazioni tipicamente monetarie che possono tuttavia essere molto utili anche al Tesoro se limiterà le emissioni di Bpt e accorcerà la durata media del debito pubblico. Questa politica di accorciamento della durata media può essere adottata per un paio d’anni senza particolari difficoltà.
4 – L’intervento della Bce avverrà però soltanto sui titoli pubblici di quei Paesi che lo avranno chiesto al fondo “salva Stati” sottoscrivendo con le autorità dell’Eurozona nuove condizioni ritenute necessarie. Una volta ottenuto l’ok dalle predette autorità la Bce darà inizio agli acquisti limitatamente ai Bot con scadenza breve fino al massimo di 12 mesi.
5 – La Bce non esclude – ma senza impegno – altre iniziative come per esempio nuova liquidità alle banche che ne facessero richiesta, allentamento dei collaterali offerti in garanzia e perfino finanziamento diretto di imprese con l’acquisto di obbli-
gazioni da esse opportunamente garantite.
Fin qui il resoconto di Draghi. Come sopra ricordato i mercati giudicarono negativamente sia la limitazione dell’intervento a titoli a scadenza breve sia il rinvio delle operazioni alla fine d’agosto sia, soprattutto, la necessità dell’ok del fondo “salva Stati”. Ma il giorno dopo cambiarono idea. Forse sarà opportuno a questo punto qualche spiegazione e qualche osservazione.
La Bce non è una Banca centrale come tutte le altre. In comune ha soltanto l’indipendenza dai governi con un aspetto che ne rafforza l’azione operativa: le altre Banche centrali hanno il governo del loro Paese come interlocutore. La politica fiscale ed economica è esclusivo appannaggio del governo, la Banca centrale ha come compito la politica monetaria, la stabilità dei prezzi, la fissazione del tasso di sconto e la vigilanza sul sistema bancario. La Bce invece non ha alcun governo come interlocutore e non lo avrà fino a quando non sia nato il nucleo d’un governo europeo con sovranità sul fisco e sulla politica economica degli Stati confederati.
Naturalmente anche la Bce ha dei vincoli operativi che risultano dai Trattati europei e dal suo Statuto. Le sono vietate operazioni di acquisto di titoli pubblici sul mercato primario. Le finalità da perseguire sono: assicurare la liquidità al sistema, evitare che il tasso di inflazione superi i limiti ritenuti appropriati, evitare situazione di deflazione, mantenere la stabilità dei prezzi, fissare il tasso ufficiale di sconto.
Questo è il quadro. Aggiungo – l’ho già scritto molte volte e lo ripeto – che la Bce è il solo istituto europeo dotato d’una formidabile potenza di fuoco e d’una capacità operativa rapida, naturalmente entro i limiti stabiliti dai Trattati e dallo Statuto.
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Né i Trattati né lo Statuto prevedono che la Bce abbia bisogno d’un ok dal fondo “salva Stati” per adottare interventi che Trattati e Statuto prevedono nelle sue finalità. Per la semplice ragione che Trattati e Statuto enumerano i poteri e i vincoli della Bce da quando fu fondata quattordici anni fa mentre il fondo “salva Stati” non ha più d’un anno di vita.
E allora: non c’è dubbio alcuno che non esistano pericoli d’inflazione, Draghi l’ha detto decine di volte in pubbliche dichiarazioni e i tassi d’inflazione sono certificati dal bollettino della Banca.
Non c’è tuttavia dubbio alcuno che la stabilità dei prezzi e la stessa politica monetaria sono fortemente turbate dalle differenze dei tassi d’interesse derivanti dai diversi rendimenti dei titoli sovrani a scadenze quinquennali e decennali.
Non c’è infine dubbio alcuno che in alcuni Paesi dell’Eurozona è in atto una profonda recessione e una altrettanto marcata deflazione.
Poiché questo stato di cose è certificato dalla stessa Bce e rientra nelle finalità che essa ha l’obbligo di perseguire, non si vede ragione alcuna che essa debba o voglia ottenere l’ok del fondo “salva Stati” per realizzare obiettivi che non menzionano affatto quell’ok.
Ho grandissima stima ed anche affettuosa amicizia per Mario Draghi ma questo non mi impedisce di porgli la domanda: perché l’acquisto di titoli a breve in Spagna e in Italia dev’essere autorizzato? L’Italia in particolare ha varato con l’approvazione del Parlamento la riforma delle pensioni, la riforma del lavoro, la revisione della spesa e tutte le misure previste nella lettera firmata nell’agosto scorso da Trichet e dallo stesso Draghi, ivi compreso il pareggio del bilancio entro il 2013. È sottoposta, l’Italia, come tutti gli Stati dell’Unione alla vigilanza e al monitoraggio della Commissione europea.
È carente – questo sì – per quanto riguarda la crescita e la produttività, ma questi obiettivi non sono raggiungibili da un singolo Paese dell’Unione se non sono inquadrati e sostenuti da una politica dell’intera comunità europea. Crescere e aumentare la produttività in un sistema rigorista che non prevede crescita, ma soltanto recessione e deflazione, è impensabile. Non c’è bisogno di citare e demonizzare Keynes, basta ricordare Beveridge e Roosevelt ed anche quel brav’uomo di Hoover che precipitò gli Usa e l’Europa nel baratro del ’29.
Domenica scorsa avevo chiesto a Draghi: se non ora, quando? Gli ripropongo la domanda leggermente modificata: perché non ora? Aspetta che Monti si sottoponga a ulteriori condizioni ma con quale certezza per il futuro? Certezze, non promesse da marinaio. Se Monti piegherà la testa stimolerà i mercati ad aggredire i titoli pubblici italiani. Che farà in quel caso Draghi? Difenderà il muro quando già sarà crollato?
Può darsi che questo vogliano i falchi della Bundesbank, i liberali tedeschi, la Csu della Baviera, gli hedge funds e le grandi banche americane ed anche Romney e Wall Street e la City. Ma questa è l’anti-Europa cui si aggiunge la rabbia sociale in tutti i Paesi.
Quanto alla Bundesbank, essa fa parte organica della Bce alla quale ha delegato come tutte le altre Banche nazionali la politica monetaria, la stabilità dei prezzi, la lotta contro la deflazione. Può votar contro nel consiglio direttivo ma poi deve comportarsi come la maggioranza avrà deciso. Questa è la regola e spetta a Draghi farla valere.
Lo ripeto, con amicizia e stima: perché non ora?

La Repubblica 05.08.12