attualità, politica italiana

"Monti sfotte Berlusconi sullo spread Il Pdl strilla e minaccia, ma è fumo", di Francesco Lo Sardo

«Col governo del Cavaliere saremmo a quota 1200». E il formicaio dei berluscones impazzisce
Ennesimo dramma a base d’indignazione, rabbia, isteria e impotenza. Ingredienti ben noti nella cucina di palazzo Grazioli, dove ieri sera un annoiato Berlusconi – che ha tuttavia dovuto fingere indignazione di fronte al teatrino dei ras del Pdl autoconvocatisi a casa sua – ha dovuto stancamente ascoltare, ancora una volta, le irose geremiadi dei suoi contro Monti, reo, stavolta, di aver commesso un peccato politico mortale: cioè aver preso per i fondelli il Cavaliere sullo spread. Già, perché a sole ventiquattr’ore dal deflagrare della frase montiana a Der Spiegel sulla necessità di un rapporto flessibile governi- parlamenti, ecco il botto di quella pronunciata dal premier italiano in un’intervista al Wall Street Journal, rilasciata un mesetto fa, subito dopo il vertice europeo del 28 e 29 giugno: «Se il precedente governo fosse ancora in carica, ora lo spread italiano sarebbe a quota 1200 o qualcosa di simile».
Apriti cielo. Il Pdl mette in scena, sulla falsariga della gheddafiana giornata della rabbia anti-italiana, la propria giornata della collera anti-Monti. Collera un po’ stitica, a giudicare dai suoi effetti pratici e concreti. Primo, al senato scatta una grottesca rappresaglia per cui la mancanza del numero legale dei pidiellini fa rinviare a settembre la ratifica di un non esattamente vitale Protocollo Trasporti delle Alpi; secondo, a Montecitorio ecco l’approvazione di un marginale ordine del giorno sulla sicurezza Pdl-centristi contro il parere del governo; poi l’entusiastica fuga in massa anticipata dalla camera (ieri era l’ultimo giorno di seduta prima delle vacanze) che ha innalzato a quota 84 deputati il non-voto del Pdl alla fiducia sulla spending-review.
Mai protesta parlamentare si sposò più evidentemente – e felicemente – col desiderio di relax dopo mesi di sofferenze e di fatiche. E dire che teoricamente le premesse per uno scontro nucleare Pdl-Monti c’erano tutte. Appreso dello sberleffo di Monti al Cavaliere, i berluscones all’unisono (dai capi e vicecapigruppo Cicchitto, Gasparri, Quagliariello, agli ex ministri, a Larussa, all’ineffabile Angelino Alfano, giù giù fino all’ultimo peon mentre Berlusconi taceva) erano partiti dall’intimazione a Monti a rimangiarsi l’oltraggio sullo spread e a imparare a tenere chiusa la bocca, fino alla minaccia di staccare la spina al governo, pronti alle elezioni anticipate. Naturalmente soltanto aria fritta.
Perché tra la teoria dello staccare la spina e la pratica dell’inghiottire il boccone amaro c’è la difesa degli interessi aziendali del Cavaliere che gli fanno tener su il governo Monti. Per Berlusconi è stata più che sufficiente un’ufficiosa nota di precisazione e, soprattutto, una telefonata di chiarimento da parte di Monti. «Mi dispiace che una banale estrapolazione di tendenza di valori dello spread in un mio colloquio col WSJ sia stata colta come una considerazione di carattere politico, questo non era per nulla nelle mie intenzioni», ha assicurato il premier a Berlusconi. Il quale Berlusconi non crede affatto al candore montiano e lo sospetta di malevola perfidia, ma finge di credergli: così come, più tardi, reciterà la parte dell’indignato di fronte ai fegatosi ras del Pdl.
Sempre lì sta il nocciolo. A Berlusconi, le cui aziende vanno malissimo, serve Monti: per cui il governo va avanti. Il resto, cioè il berciare del Pdl, conta zero. Tanto che Monti può permettersi di rigirare il coltello nella piaga facendo filtrare che «la stima dello spread a 1200 viene da una proiezione degli effetti della speculazione sul’Italia se non si fosse dato segno di discontinuità»: lo spread, con Berlusconi agonizzante tra i ricatti incrociati di Lega e Tremonti, era salito dai 150 punti di maggio ai 550 di novembre.
Sotto le macerie di ieri, come sempre, c’è rimasto il povero Alfano: oggi avrebbe dovuto incontrare Monti per illustrargli una proposta del Pdl per l’abbattimento del debito pubblico. Ma si può mantenere l’appuntamento a palazzo Chigi come nulla fosse accaduto, dopo la sonora pernacchia di Monti? Perciò ruggiva ieri Angelino: «Tutto ciò è inaccettabile. Se ci riesce, Monti provi al più presto a spiegarsi». Sennò, l’incontro con il premier salterà. Accidenti, che guaio.

da Europa Quotidiano 08.08.12