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"Emilia, il governo risponde all’appello", di Giulia Gentile

«È una buona notizia. Ma la buona notizia vera sarà se, e quando, la proroga dei tributi arriverà. Non possiamo far pagare l’Imu a chi non ha più una casa, o ha perso il capannone della propria azienda». Stefano Draghetti, sindaco di Cavezzo nella “bassa” modenese, ha imparato dai mesi in trincea come primo cittadino di uno dei centri più martoriati dal sisma, a stare con i piedi per terra.
L’appello degli Enti locali colpiti dal terremoto, a iniziare dalla Regione Emi- lia-Romagna, perché vengano prorogate le scadenze tributarie per chi vive nelle zone del sisma di maggio e giugno, ieri è stato accolto dal ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri. «È un argomento che verrà portato al Consiglio dei ministri già venerdì», l’annuncio a margine dei Seminari internazionali sulle emergenze planetarie, in corso a Erice, in provincia di Trapani. «Ci sono da una parte le esigenze delle popolazioni» le parole di Cancellieri, che la scorsa settimana in visita a San Felice sul Panaro aveva condiviso la richiesta del presidente della Regione Vasco Errani, a che i versamenti dei tributi venissero posticipati. Dall’altra, però, «ci sono le esigenze del ministero dell’Economia – aggiunge la titolare del Viminale – : è una questione che riguarda innanzitutto loro, vedremo cosa decideranno».

Ma anche per non mollare la pressione su Roma, in vista dell’incontro dell’esecutivo di domani, da commissario straordinario per la ricostruzione Errani ribadisce: «Abbiamo fatto una proposta molto seria, equa e semplice: fino a novembre occorre che ci sia il rinvio sul pagamento delle tasse per tutti i cittadini nell’area del terremoto». Invece, «per chi ha le case inagibili, e per chi ha le imprese che non producono e che hanno danni tuttora rilevanti, chiediamo un ulteriore rinvio fino a giugno 2013». Perché è evidente, continua Errani, «che chi non può entrare nella sua casa non può pagare l’Imu, e chi ha un’impresa che non produce non può pagare le tasse di produzione». Un ragionamento condiviso in pieno da Draghetti, che nella sua Cavezzo – il 70% degli immobili finiti in briciole dopo la scossa del 29 maggio – ha ancora circa duemila persone fuori casa, su 7300 abitanti. Possibile, in queste condizioni, smantellare la tendopoli gestita dalla Protezione civile abruzzese entro la fine di settembre, come previsto dalla Regione, e riaprire i battenti delle scuole regolarmente il 17? «Ci stiamo provando, se non sarà per fine settembre sarà per i primi di ottobre».

RINVIARE IL VERSAMENTO

Far slittare il pagamento delle imposte a fine dell’anno è considerato «indispensabile per favorire la ripresa di quei territori in tempi rapidi» anche dal direttore di Unindustria Ferrara, Roberto Bonora. Ma se, per gli industriali ferraresi, sarebbe impensabile versare regolarmente i tributi a soli tre mesi dalle più violente scosse, perché «diverse imprese sono ancora impossibilitate addirittura a riprendere l’attività», non minori sarebbero i problemi per i lavoratori dipendenti. Che dopo aver visto leggermente crescere le loro buste paga, per il blocco delle trattenute Irpef, dal giorno alla notte rischierebbero di trovarsi con gli stipendi dimezzati per restituire al fisco i soldi non versati in precedenza.

«Alcune aziende, dopo aver riaperto i battenti avevano smesso di calcolare le trattenute Irpef per i loro lavoratori – chiarisce Mauro Cavazzini, funzionario Filctem-Cgil di Ferrara -. Prima dell’estate andammo nelle fabbriche a spiegare ai dipendenti che dovevano considerare quei finti aumenti come una specie di prestito. Ma ora, molta gente potrebbe avere anche 400euro in meno ogni mese». Per il sindacalista è quindi fondamentale che «i tempi di rientro siano estremamente dilazionati, come accadde per il sisma de L’Aquila». Perché grossi restano i problemi economici, per chi ha avuto gravi danni alla propria abitazione e vede il proprio lavoro messo in bilico dal combinato crisi-terremoto.

Fra le più colpite dalle scosse, le Ceramiche di Sant’Agostino, nel Ferrarese, dove la notte fra il 19 e il 20 maggio morirono due operai, sono riuscite a riaprire i battenti. E altre ditte riprenderanno «dopo la pausa estiva», dice Cavazzini. Forte però, anche per lui, è il rischio che le ditte più deboli restino schiacciate dalla contingenza. Anche per questo, all’appello degli Enti locali si sono uniti i sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil, con l’obiettivo di «evitare l’aggravarsi delle già pesanti condizioni di sofferen- za dei lavoratori e delle imprese e di tutte le popolazioni colpite».

L’Unità 23.08.12