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"Dalla siderurgia alla chimica la nuova mappa della crisi", di Luciano Costantini

Mario Monti vede la luce in fondo al tunnel, il sindacato neppure uno spiraglio. La Cgil pronostica un «autunno caldissimo». Insomma, sensazioni. Perché i dati oggettivi non sono certo incoraggianti: in tre anni la crisi ha bruciato 450.000 posti di lavoro e altri 500.000 rischiano di essere cancellati nei prossimi mesi.
Dal 2009 oltre 30.000 imprese hanno dovuto chiudere i cancelli, al ministero dello Sviluppo sono aperte attualmente 131 vertenze (erano 109 lo scorso gennaio) che vengono discusse con maggiore frequenza perché rappresentano le situazioni più acute. Sono interessati 163.000 dipendenti. Ma in effetti le aziende in crescenti difficoltà sono oltre trecento, i lavoratori coinvolti più di 450.000 con grandi possibilità di arrivare al mezzo milione. Così la cassa integrazione che oggi copre 500.000 persone potrebbe trasformarsi in una perdita secca di altrettanti posti di lavoro. Un rapido conto: in poco meno di quattro anni – dal 2009 a fine 2012 – il Paese potrebbe conteggiare quasi un milione di disoccupati in più, tra dipendenti espulsi dalle fabbriche, dalle attività commerciali, dagli uffici. Ballano 10.000 posti alla Fincantieri e alla Thyssenkrupp, 7.500 alla St Microel, 7.000 alla Electrolux, 6.000 alla Eds, 4.500 alla Indesit, 4.400 alla Sirti, 4.000 alla Micron.
Una crisi che fa sentire i morsi da Nord (Vinyls di Porto Marghera) alla Sicilia (Fiat di Termini Imerese) alla Sardegna (Alcoa ed Eurallumina di Portovesme) attraversando l’Italia Centro meridionale (Ilva di Taranto e Fincantieri di Castellamare di Stabia). «E’ la dimostrazione che la politica industriale è soltanto una voce marginale nell’agenda di governo mentre serve un piano di sviluppo e crescita nazionale», dice Salvatore Barone, coordinatore del dipartimento Industria della Cgil. Situazioni critiche per Alcoa e Ilva.
Elettrodomestici. Vertenza ancora aperta alla Merloni con oltre 600 lavoratori di Nocera Umbra in cassa integrazione. Alla Elettrolux espulsi 230 dipendenti e altri 500 in cigs. Terza chiusura in pochi mesi alla Indesit e 360 dipendenti in scadenza di cig.
Chimica: Alla Vinyls di Porto Marghera in 150 attendono la riconversione industriale del sito che produce oli vegetali, farine e biodiesel. All’Eni di Gela due delle tre linee sono ferme da maggio e per 10 mesi 400 lavoratori saranno a rotazione in cassa integrazione.
Farmaceutica. La Sigma Tau ha presentato un piano di ridimensionamento con la cig per 400 lavoratori del sito di Pomezia. La Corden Pharma di Sermoneta (Lazio) ha confermato i 179 esuberi che dovranno lasciare entro l’agosto del prossimo anno.
Siderurgia. Ipotesi di chiusura per Alcoa dopo il disimpegno degli americani. Ed Eurallumina è ormai fuori gioco da tre anni. Alla Lucchini della Severstal si è fatto ricorso ai contratti di solidarietà per dodici mesi. Almeno 4 mila posti a rischio.
Edilizia e mobili. Italcementi ha avvito le procedure per la mobilità di 180 lavoratori e confermato la chiusura degli stabilimenti di Porto Empedocle e Vibo Marina. La Natuzzi, produttrice di salotti, ha comunicato ai sindacati la volontà di richiedere la cig a zero ore per 1.300 dipendenti su un totale di 2.700.
Telecomunicazioni. Alcatel ha tagliato 245 lavoratori, la Nokia ha aperto le procedure di licenziamento per 445 sui 1.104 che operano in Italia. Sirti e sindacati sono alla ricerca di un accordo per la gestione di 1.000 esuberi. La Ericsson ha annunciato licenziamenti collettivi.
Auto e trasporti. Alla Fiat cassa integrazione stop and go mentre per lo stabilimento di Termini Imerese si attende ancora un piano concreto di reindustrializzazione. Incertezze alla Irisbus della Valle Ufita con rischi conseguenti per il futuro di 658 lavoratori. Alla Wind Jet cinquecento potrebbero essere appiedati dopo il flop della compagnia.
Ferroviario. Finmeccanica vuole dismettere diverse società in Italia. All’Ansaldo-Breda procede il piano di risanamento: da quando è scattato sono stati tagliati 164 posti.

Il Messaggero 24.08.12