cultura, politica italiana

"Quella fede incrinata", di Michele Serra

Farsi infilzare da un “fuori onda” (vecchio colpo basso di un vecchio medium come la tivù) è, per un grillino, il classico colmo: come per un astronauta avere un incidente di motorino. La forza (e/o la presunzione) delle Cinque Stelle, infatti, sta soprattutto nell’idea di appartenere a una cultura mediatico-politica superiore. Nella convinzione che il web consenta di bypassare qualunque altra forma di mediazione e di comunicazione.
Per usare le parole di Beppe Grillo, con il web «le persone sono al centro di ogni processo, e le intermediazioni economiche e politiche sono soppresse». È (anche) per questo che Grillo non gradisce che i suoi compagni di avventura vadano in tivù: perché ritiene di avere trasferito in una dimensione molto più evoluta — appunto il web — ogni forma di relazione “economica e politica”. Il resto, come ripete spesso, è vecchio, è morto, è inutile ma soprattutto è inaffidabile. Perché, come spiega l’ideologo delle Cinque Stelle Gianroberto Casaleggio, «fino a qualche anno fa le relazioni tra persone, oggetti ed eventi erano attribuite al caso. La vita e l’evoluzione delle reti segue invece leggi precise, e la conoscenza di queste regole ci permette di utilizzare le reti a nostro vantaggio». Traduzione: in tivù si soggiace alle regole del caso. Sul web, trionfa l’intelligenza umana.
Lo sfortunato consigliere regionale Giovanni Favia, non bastandogli la sola “vita nova” che la rete dona a chi vi trasmigra (lasciandosi alle spalle il nostro farraginoso mondo, con tutti i suoi equivoci), ha voluto fare un passo indietro, tornando a precedenti e più rudimentali forme di vita come la televisione. Ci è rimasto intrappolato; ma quel che è peggio, si è lasciato sfuggire sostanziosi dubbi sulla sua nuova dimensione di appartenenza. Il più devastante dei quali è che «la conoscenza delle regole del web» (Casaleggio) ne consenta un uso manipolatore. Ad opera «di una mente freddissima, molto acculturata e molto intelligente, che di organizzazione, di dinamiche umane, di politica se ne intende». E aggiungendo quella che, nei suoi paraggi, è la più terribile delle bestemmie: «Io non ci credo, alle votazioni on line».
Il giorno dopo, ovviamente sul web, il Favia cliccante ha parzialmente smentito il Favia parlante, definendo «sfogo infelice» la sua tirata, un po’ come avrebbe fatto un politico vecchio stile, a dimostrazione di quanto sia difficile, per tutti, cambiare registro, ed essere finalmente e definitivamente «nuovi». Resta il sapore, abbastanza indefinibile, di un «incidente politico» che, in realtà, va a toccare sfere, e pratiche, e credenze che non sono tutte interpretabili con il metro della politica. C’è un’idea salvifica (quasi religiosa) del web, non più e non più soltanto prodigiosa innovazione tecnologica, ma strumento di vera e propria palingenesi sociale che riesce a «mettere al centro la persona» superando (anzi «sopprimendo », scrive Grillo) ogni precedente forma di «intermediazione economica e politica». La macchinosa, spesso indecente crisi delle vecchie forme di rappresentanza risolta da un medium che, lui sì, è finalmente il messaggio, è la Rivelazione.
A sentire la voce dal sen sfuggita al giovane Favia, l’architetto di Cinque Stelle Casaleggio assomiglierebbe più a Ron Hubbard (il guru dei Dianetici) che a Marcello Dell’Utri o a qualunque altra eminenza grigia della vecchia politica. Ma è un’interpretazione malevola e facile che va lasciata ai blogger d’assalto. Più del fanatismo, è l’ingenuità che colpisce: l’idea semi-folle che un processo complicatissimo come la democrazia possa d’un tratto sustanziarsi in rete non fa paura, fa soprattutto tenerezza, tanto profondo è l’equivoco tra le facoltà enormi che la rete aggiunge alla vita umana, e una sua presunta possibilità di redimere la società da ogni imperfezione.
Lasciando sbollire le grida (pro e contro) sul web e altrove, sarebbe interessante e utile che le tante persone appassionate di politica (non certo di antipolitica) che si riconoscono in quel movimento valutassero, insieme ai tanti pregi, i rischi concreti (anche di manipolazione) che non il web, ma «l’ideologia del web» porta con sé: dal vantaggio quasi «strutturale » che concede alle opinioni poco ponderate alle tentazioni di assemblearismo un tanto al chilo, anzi al gigabyte, che non solo non mettono «al centro la persona», ma la rendono più dipendente e più suggestionabile, davanti al video o al tablet, della casalinga di Voghera davanti alla tivù.
La Repubblica 08.09.12
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“IL GURU OMBRA DEL WEB”, di MICHELE SMARGIASSI
Come il capo della Spectre nelle storie di Ian Fleming, il temutissimo, imperscrutabile uomo-ombra della politica italiana fa sapere di sé che ama carezzare le sue due gatte persiane.
LO FA quando torna nella sua casa tra i boschi di Quincinetto, sopra Ivrea. Ma Gianroberto Casaleggio non è più così imperscrutabile: tre mesi fa, forse spinto dall’entusiasmo per le travolgenti avanzate elettorali del MoVimento 5 Stelle, con una lettera al Corriere ha scelto di rivendicare per intero il suo ruolo: «Non sono mai stato dietro a Beppe Grillo, ma al suo fianco.
Sono cofondatore di questo movimento».
Fino a quel momento, di Casaleggio si parlava come del «guru di Grillo», il geniale consulente di strategie Web, l’uomo che aveva convinto il comico genovese a smettere di sfasciare i computer sul palcoscenico per usarli come arma letale della grande guerra al potere dei «morti viventi», aprendogli il blog che secondo la rivista Forbes è uno dei dieci più influenti del mondo. Ci si chiedeva se Grillo pagasse i servigi della Casaleggio Associati, azienda milanese di punta nella gestione dell’e-business, e quanto, visto che per gestire il suo sito Internet pare che Di Pietro gli versasse 700 mila euro l’anno.
Bene, il dubbio non c’è più. Di Grillo, incontrato nel 2004 e mai più lasciato, Casaleggio è sicuramente consulente, consigliere, amico, editore, co-autore di libri, verosimile ghost-writer, ma anche molto di più. Ha contributo a scrivere il “Non Statuto” del MoVimento, ha steso le regole per la selezione delle candidature, ha gestito raccolte di firme, ha organizzato il V-Day, tutte cose che non rientrano nel catalogo di un fornitore di servizi informatici, ma sono pienamente politiche. Casaleggio è a tutti gli effetti uno dei due leader di un movimento politico accreditato di consensi che avrebbero fatto invidia a molti protagonisti della politica italiana del passato. Ma la maggioranza dei simpatizzanti del Mo-Vimento Cinquestelle hanno familiarizzato col suo nome solo da pochi mesi, e tuttora sanno ben poco di quest’uomo che per un grillino della prim’ora come Giovanni Favia è «spietato e vendicativo», «decide tutto», «è la vera mente» e ha sequestrato la democrazia interna. A vederlo, chi lo direbbe. Chioma riccia, occhialetti tondi, sembra lo zio di Donovan il folksinger,
più cravatta yuppie e completo grigio. Viene dall’arcipelago Telecom, dove diresse a lungo una società controllata, la Webegg, prima di mettersi in proprio nel 2004 con l’azienda che porta il suo nome. Ma il brillante curriculum non dice tutto. Casaleggio ha il profilo del pensatore visionario. Adora Gengis Khan, che per lui è il progenitore del Web perché spediva i suoi veloci cavalieri mongoli a cercare notizie ovunque. Disegna scenari orwelliani: nel video Gaia profetizza
una terza guerra mondiale vinta nel 2040 dall’Occidente della Web-democracy sull’Oriente del Potere. Ma sa anche maneggiare con abilità le leve di Internet, sulla scorta del suo ispiratore Paul Gillin studia la teoria degli
influencer, ossia come usare quel 10% di navigatori consapevoli che impone le proprie opinioni al restante 90%.
Queste cose le spiega ai giovani quadri del MoVimento, convocati a Milano per brevi corsi (vietate telecamere e registratori) dove i suoi uomini insegnano a gestire un blog, a governare un forum, dove si disegna il profilo del candidato vincente, che «deve possedere più soft skills che hard skills», più attitudini che competenze, saper «smanettare sulla Rete», saper «parlare in pubblico» e mostrare «una faccia pulita».
Sugli intenti di Casaleggio, in Rete girano le teorie più estreme, dall’esoterismo ai complotti internazionali contro l’Euro, ma lui se ne fa beffe: «Mi hanno attribuito legami coi poteri forti, dalla massoneria alla Goldman Sachs con cui non ho mai avuto alcun rapporto, dietro Casaleggio c’è solo Casaleggio
». In realtà, a spaventare quelli come Favia non sono neppure cose più prosaiche come la sua abilissima gestione del consenso sul blog, il suo potere sulle candidature e di scomunica dei dissenzienti. A torto o a ragione, le giovani leve del MoVimento temono di essere usati come materiale per un esperimento mediologico delle dimensioni di un intero sistema politico: «Siamo delle cavie in vitro», si lasciò scappare uno di loro in una discussione riservata che Grillo, o forse Casaleggio, scoprì e mise subito alla gogna sul blog.
«Grillo è un istintivo, non sarebbe in grado di pianificare una cosa del genere», lo giustifica il ribelle Favia. È il mito dello Zar buono mal consigliato da Rasputin. Ma la diarchia a 5 Stelle è meno precaria di quanto ai frondisti del MoVimento piacerebbe, è una formazione da battaglia che non si romperà facilmente: «Siamo in guerra e la vinceremo», hanno scritto nel loro libro a quattro mani, «la Rete è dalla nostra parte». Web mit uns.
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Bufera in rete tra i grillini i dissidenti tifano per Favia Pizzarotti si smarca dal capo”, SILVIA BIGNAMI e CATERINA GIUSBERTI
«Nel Movimento5Stelle la democrazia non esiste ». La madre di tutte le accuse, il fuorionda rubato al consigliere regionale emiliano Giovanni Favia e mandato in onda su La7 giovedì sera, scatena uno tsunami tra i grillini. Il popolo del web è spaccato a metà e sotto choc, i commenti sono migliaia. Il day after inizia alle 5 di mattina, su Facebook. Favia prova a scusarsi per «lo sfogo privato e scomposto » e si dice pronto a rassegnare le dimissioni per fare decidere ai cittadini, come del resto già avviene ogni sei mesi. Ma la “confessione” in diretta nazionale compatta due nuovi schieramenti. L’ex enfant prodige incassa l’alleato di maggior peso, il più importante sindaco a Cinque Stelle in circolazione. Federico Pizzarotti da Parma invoca un congresso del Movimento prima delle politiche e difende Favia, cercando di scongiurare le sue dimissioni: «Non mi sembra assolutamente il caso. Le cose si risolvono sempre con il dialogo». Con Favia e Pizzarotti c’è anche l’epurato numero uno, Valentino Tavolazzi di Ferrara, che già a marzo aveva spinto per una svolta partitica del Movimento. Ufficialmente si tratta di una riunione «per discutere, per approfondire il dialogo». Ma non è un segreto che dietro questa dicitura si nasconda la volontà di trovare una forma più democratica delle temute primarie online per decidere il candidato premier e il programma.
All’attacco di Favia, lo Staff risponde con poche parole sul blog di Grillo, che portano la firma di Gianroberto Casaleggio. Hanno il sapore di un giuramento: «Né io, né Beppe Grillo abbiamo mai definito le liste per le elezioni comunali e regionali. Né io, né Beppe Grillo, abbiamo mai scritto un programma comunale o regionale. Né io, né Beppe Grillo abbiamo mai dato indicazioni per le votazioni consiliari, né infiltrato persone nel Movimento Cinque Stelle ». Sul web, gli attivisti si spaccano. «Favia rimette il mandato ogni sei mesi, lo faccia anche Casaleggio! », scrive Ferdinando Noce, mentre Monica (ed è il commento più votato nel blog di Grillo) scrive: «Giovanni ha posto un problema importante. Ritengo ci sia bisogno di un chiarimento più articolato e concreto, non due righe da comunicato stampa». Ma altrettanti sono gli attacchi a Favia. «Spari addosso a chi ti ha dato un posto da privilegiato, se non ti va bene c’è sempre la fonderia a 900-1000 euro al mese», scrive Alberto Selva sul profilo Facebook del consigliere. E sul blog di Grillo Giovanni Manzo posta: «Non comprendo le critiche a Casaleggio. Se è vero che dietro al Movimento 5 Stelle c’è la sua mente, beh allora dobbiamo solo dirgli grazie!».
Grillo risponde a Favia per interposta persona, postando due interventi contro di lui: Gilda Caronti del movimento milanese e, soprattutto, Giancarlo Cancelleri, candidato M5S in Sicilia. «Le dichiarazioni di Favia mi lasciano basito- attacca – stiamo facendo un lavoro straordinario sia per la condivisione e scrittura del programma che per la scelta dei candidati, sentire che è deciso tutto da Casaleggio offende il lavoro di migliaia di persone». Il Pd, intanto, brinda. «Io mi rendo conto perfettamente di tutto quello che ha detto Favia. So tutto», commenta il segretario Pierluigi Bersani, replicando a Favia che aveva detto che i leader nazionali non capivano che dietro Grillo c’era l’eminenza grigia. Mentre Prodi coglie l’occasione per ricordare a Grillo che se facesse un referendum sull’euro, lo perderebbe.
La Repubblica 08.09.12