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"Profumo: fino al 2015 un concorso a cattedra ogni anno", di Alessandro Giuliani

Il ministro dell’Istruzione lo ha detto durante un intervento (tra qualche contestazione) a Unitalia: l’obiettivo è ristabilire la normalità. Tornando quindi ad assumere non più quasi solamente dalle Gae, ma anche attraverso prove di merito dirette. Un concorso l’anno per i prossimi tre anni. A prometterlo è stato il ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, partecipando a Unitalia, l’iniziativa organizzata da l’Unità e Left. Durante l’intervento del responsabile del Miur, contrassegnato dalla insistita protesta di qualche decina di docenti sindacalizzati, in prevalenza aderenti ai sindacati di base, sono stati toccati vari argomenti. Tra quelli più importanti non poteva non esserci il concorso a cattedra, in procinto di essere bandito dopo un “vuoto” di 13 anni.
Profumo ha ribadito che la sua indizione “non lederà i diritti di nessuno”, perché darà la possibilità di parteciparvi in larga parte agli iscritti nelle graduatorie ad esaurimento e di merito, in modo da poter dare modo loro di “accelerare il percorso di inserimento in ruolo senza dover abbandonare la graduatoria stessa”.
Il Ministro ha difeso strenuamente la scelta di non aprire la selezione a tutti. Dovuta all’esigenza di limitare le immissioni in ruolo al necessario – sulla base dei posti effettivamente vacanti – , in modo da non appesantire ulteriormente l’avvio della riforma del reclutamento scolastico. Che tra l’altro, vale la pena ricordare, deve ancora essere approvata. A tal proposito, ha sottolineato il ministro dell’Istruzione, “la gestione del transitorio è senz’altro molto delicata e difficile”. Nel frattempo, ha aggiunto Profumo, “ci saranno concorsi fino al 2015, con cadenza annuale, in modo da ristabilire la normalità”. Tornando, in tal modo, ad assumere non più quasi solamente dalle Gae, ma anche attraverso prove di merito dirette.
Una notizia, quella fornita dal Ministro, che non dispiacerà a quella grande maggioranza di esclusi già in occasione della prima imminente selezione concorsuale (l’ultima con le procedure tradizionali), il cui bando dovrebbe essere pubblicato il prossimo 24 settembre: per oltre quel 90 per cento di candidati che non ce la faranno (il Miur ha messo a concorso poco più di 11mila posti, a fronte di almeno 150mila domande attese) ci saranno infatti altre tre chance concorsuali per tentare di fare dell’insegnamento la loro professione. Possibilità però che avranno, è bene ricordarlo, delle regole nuove. Ad iniziare da quella che pone fine alla presenza eterna in graduatoria: gli idonei che non dovessero essere assunti vi rimarranno, infatti, per un periodo definito (due anni?), terminato il quale perderanno ogni diritto all’assunzione. Con le liste d’attesa che decadranno automaticamente.

da La Tecnica della Scuola 10.09.12

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“Parte l’autunno caldo della scuola italiana”, di Luciana Cimino

Due settimane senza tregua per non lasciare nulla d’intentato. L’autunno caldo della scuola pubblica è già cominciato. Gli insegnanti precari che in questi giorni sono stati in presidio sotto al Miur per protestare contro il concorso previsto dal ministro Profumo e i tagli passati, si sono riuniti ieri in assemblea e hanno stilato documento e calendario delle mobilitazioni. L’appuntamento centrale è per il 22, giorno in cui hanno indetto una grande manifestazione nazionale a Roma, alla quale hanno chiamato a partecipare con un appello le organizzazioni sindacali e politiche. «Chiediamo appoggio fattivo al corteo e alle sue rivendicazioni», spiega Massimo, del Coordinamento precari scuola di Roma. Questi i punti: «chiediamo di convergere non solo sul “no” al concorso ma anche sulla contrarietà alla legge “ex –Aprea”, sul ritiro dei tagli, sull’assunzione dei precari». Al corteo ci arriveranno dopo una serie di iniziative: domani saranno in presidio sotto Montecitorio con altre sigle del mondo scolastico e con il movimento degli studenti, per protestare «contro il ddl Aprea che prevede l’ingresso dei privati nei consigli d’istituto» (hanno già aderito Sel, Fds, Idv e Prc, si attende la risposta del Pd). Il 13 pomeriggio, primo giorno di scuola nel Lazio, torneranno a viale Trastevere sotto la sede del ministero dell’Istruzione con gli studenti medi in protesta; per il 15 settembre hanno invece pensato a piazze tematiche in tutto il Paese, e poi altre iniziative intermedie per il lancio della manifestazione del 22: volantinaggi e assemblee nelle scuole, banchetti nei territori, «e azioni eclatanti e visibili». Durante l’assemblea è stato forte l’invito da parte dei professori a coinvolgere tutti: genitori, studenti e lavoratori. «Perché si capisca che non è solo un danno ai precari, è l’ennesimo scippo che viene fatto alla funzione fondamentale della scuola pubblica», dice Romolo da Latina. Carlo, professore di filosofia, rivolge il suo appello soprattutto al Pd: «si schieri senza tentennare con noi, tra i suoi militanti ci sono tantissimi insegnanti». Arianna spiega che a Napoli stanno volantinando pure nelle università, «perché va bene l’emergenza concorso ma dobbiamounirci con gli studenti su dei punti condivisi per la riqualificazione della scuola e della ricerca: le radici della lotta in comune sono i tagli della Gelmini, l’introduzione di un modello “marchionesco” ai lavoratori della conoscenza». Per Marco, insegnante di sostegno di 46 anni, che la situazione sia drammatica «è evidente soprattutto dal trattamento riservato agli studenti disabili che hanno perso le ore e questo è un tema che deve riguardare tutta la società». Marco ribadisce anche di credere «in questo tipo di mobilitazioni, ma a patto che siano unitarie, che si capisca che non siamo noi precari storici contro i neolaureati ma insieme, le cattedre ci sono per tutti». IL NO AL CONCORSO Poi c’è il fronte di chi ha già deciso che non farà il concorso: rinuncia alla professione come estremo atto di protesta. Tra di loro Manuel, insegnante veneto di 52 anni e quinto in graduatoria da 7 anni. «Non sono riuscito a entrare per i tagli, ma mi rifiuto di fare questa prova che è in realtà una tagliola, serve solo a far fare agli insegnanti la parte degli incompetenti», dice. E continua: «non ho un problema a farmi valutare, io sono un valutatore dei miei alunni, ma perché umiliare 250mila precari in questo modo? Siamo invecchiati dentro la scuola, senza neanche la possibilità di fare un mutuo, umanamente hanno ucciso una generazione di insegnanti che poi però in classe si mettono la maschera e fanno finta di essere tranquilli per insegnare ai ragazzi che esiste un mondo migliore, anche se loro hanno capito cosa sta succedendo in Italia e sono sempre più diffidenti verso la politica, lo Stato, sono sempre più cinici». È d’accordo anche Maria, 39 anni, professoressa ad Aversa. Anche lei è una di quelle che rinunceranno al concorsetto. « Concorsetto perché rispetto alle qualifiche e agli studi dei professori italiani, la maggior parte plurititolati, è una retrocessione, una mortificazione». «Sono uscita dalla Siss spiega dove mi hanno insegnato che i programmi vanno tarati sulle esigenze della classe e del singolo alunno, per non lasciare nessuno indietro, per aiutare ogni studente a ragionare con la sua testa; adesso mi chiedono di dimenticare tutto e mi propongono un metodo di selezione e di insegnamento per nozioni e per crocette. Io rifiuto questo tipo di scuola, a costo di essere costretta a cercare un altro lavoro.

L’Unità 10.09.12