attualità, lavoro

Fassina: “Mi contestano, ma tornerò in piazza con loro”, di Goffredo De Marchis

«Il Pd è il partito del lavoro. Quelle sono le sue radici. Quindi in piazza ci siamo stati, ci siamo e ci saremo ancora». Il responsabile economico dei democratici Stefano Fassina va sempre alle manifestazioni dei lavoratori, anche quando i suoi colleghi del Pd lo contestano. Voleva andare persino al corteo della Fiom dichiaratamente contrario al governo che il suo stesso partito sostiene. Fassina viene descritto come un amico degli operai e di tutti coloro che lottano per il lavoro. Amico anche dei tassisti ed “eletto” da Loreno Bittarelli, grande capo delle vetture pubbliche punto di riferimento della loro battaglia. Stavolta è stato contestato come se fosse un ultrà liberista. A
Repubblica.it,
a caldo, dice che non è successo niente di che. «C’è stato un momento di tensione. Però sono l’unico,
o uno dei pochi, che segue questa vicenda e viene in mezzo ai lavoratori. Tra l’altro mi dicono che chi ha provocato non era un dipendente dell’Alcoa, loro stessi lo hanno allontanato. Questa è una vertenza che va risolta». Più tardi, a testa fredda, avverte tutti di smetterla con gli slogan contro la demagogia. È un messaggio che manda anche al Pd. «Possiamo fare molti seminari sul populismo. Ma poi i problemi reali sono più forti delle parole».
La contestazione l’ha sorpresa?
«Mah… Non voglio generalizzare. Mi ha contestato un gruppetto circoscritto, altri lavoratori apprezzano il nostro impegno a difesa del lavoro e della loro azienda. Giovedì scorso ero ai cancelli dell’Alcoa a Portovesme. Siamo vicini anche ai lavoratori della Carbonsulcis. E non ci sono solo io».
Il centrosinistra può risolvere
da solo una crisi tanto profonda?
«La tensione e la disperazione sociale si allargano. È un problema per il Pd, è un problema per il governo che va affrontato. Noi mettiamo al centro il lavoro e non abbiamo cominciato ieri».
Può servire il referendum contro la riforma Fornero promosso da Idv e Sel? Lei lo firmerà?
«No, non lo firmo. Non mi piace lo strumento. Sono d’accordo sulla modifica dell’articolo 18 ma con un disegno di legge perché le leggi sul lavoro vanno scritte con le parti sociali, non combattute a colpi di referendum».
Passera prima ha detto che era impossibile salvare Alcoa, adesso sostiene che bisogna fare di tutto. Vede un governo confuso o peggio distratto?
«Diciamo così: dopo le riforme e l’attenzione allo spread, il governo ora deve dare priorità al tema del lavoro».

La Repubblica 11.09.12

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“CAMUSSO: RISPOSTE CONCRETE O SARÀ SCIOPERO GENERALE”, di Laura Matteucci

Detassare le tredicesime e incentivare i premi di produttività: saranno le due principali proposte che Cgil, Cisl e Uil avanzeranno al governo, oggi nel corso dell’incontro convocato da Mario Monti. Proposte che partiranno dalla necessità di abbassare l’imposizione fiscale sul lavoro, come ripetuto più volte dai segretari confederali, cui è legata la possibilità dello sciopero generale della Cgil. «Stiamo perdendo mille posti di lavoro al giorno», lancia l’allarme il segretario Uil Luigi Angeletti, parlando di «autunno drammatico». Il leader Cisl Raffaele Bonanni da giorni insiste su un Patto che aumenti la produttività, chiedendo al governo di riportare all’insù i tetti per la detassazione del premio di produttività (al 10% per un massimo di 6mila euro l’anno per redditi sotto i 40mila euro). E la segretaria Cgil, Susanna Camusso, spinge per un abbassamento delle tasse per le tredicesime. «Prima di parlare di riduzione del cuneo fiscale – dice – credo che si debbano ridurre le tasse sui lavoratori e pensionati. Serve un segnale di discontinuità, per dare un po’ di soldi ai lavoratori e rilanciare i consumi. E questo si può realizzare detassando le tredicesime fino a 150mila euro di reddito». Dall’incontro di oggi con il governo, Camusso conta possano arrivare delle prime risposte nella direzione di equità e crescita, «visto che finora ci sono state solo scelte di rigore, pagate prevalentemente dai dipendenti e dai pensionati». ruolo propositivo Camusso ne parla al Direttivo della Cgil, ieri, elencando una piattaforma di obiettivi raggiungibili su redditi e lavoro. Per sostenerli, prospetta una «mobilitazione di lunga durata» fino allo sciopero generale. Nella relazione che ha aperto i lavori in Corso d’Italia, Camusso mette in cantiere lo sciopero dei lavoratori pubblici, già proclamato dalle categorie di Cgil e Uil per il 28 settembre; una grande iniziativa di mobilitazione per il lavoro, che riunifichi le tante vertenze aperte, da tenersi in ottobre; infine lo sciopero generale se nella Legge di stabilità non ci saranno risposte positive su redditi e lavoro. Reddito e lavoro sono i temi al centro della piattaforma. Innanzitutto con la richiesta di una «riforma fiscale, che parta dalla patrimoniale – dice Camusso – ma è difficile immaginare che possa essere realizzata. Per questo è necessario utilizzare subito le risorse recuperate con la lotta all’evasione fiscale per detassare le tredicesime dei dipendenti e dei pensionati e ridare così un po’ di ossigeno a coloro che in questi ultimi mesi hanno visto aggravare pesantemente le loro condizioni materiali, pagando più di altri il rigore imposto dal governo e salvando il Paese dal baratro». Il lavoro, ribadisce Camusso, necessita di «un intervento pubblico immediato da parte del governo per riunificare le tante vertenze aperte, a cominciare da Alcoa, e trovare soluzioni di tutela delle attività produttive accompagnandole fuori dalla crisi». Tra l’altro, proprio ieri è stato diffuso uno studio dell’Ires Cgil, secondo il quale sono quasi 4 milioni e mezzo le persone nell’area della «sofferenza occupazionale». L’inattività – si legge nella ricerca – è un fenomeno molto più diffuso in Italia che nel resto d’Europa, dentro al quale si trova una parte rilevante di esclusi dal lavoro (scoraggiati e i cassaintegrati) non formalmente riconosciuti come disoccupati. Inspiegabile, altrimenti, un tasso di disoccupazione nella media e un tasso di occupazione molto più basso di quello europeo. Si arriva alla enorme cifra di 4 milioni e 392mila persone (nel secondo trimestre del 2007, prima della crisi, erano 2 milioni e 475mila, con un aumento del 77%). «Sono necessarie – prosegue Camusso nella sua relazione al Direttivo – politiche industriali e per il lavoro da parte del governo, considerando chiusa la stagione del mercato regolatore». Fondamentale definire le direttrici del Paese, stabilendo «in quale direzione dobbiamo andare». La segretaria rileva il ruolo propositivo della confederazione, che sta realizzando un «Piano per il lavoro» che contiene un’idea per il Paese e il suo assetto strategico, aperto anche al contributo di esterni e che il sindacato conta di varare in occasione della prossima Conferenza di programma. Nella relazione Camusso ha parlato anche delle riforme avviate, delle pensioni e del lavoro: «Nella prossima legislatura – dice – andranno cambiate».

L’Unità 11.09.12