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Legge di stabilità: relazione Ghizzoni in Commissione Istruzione alla Camera

Pubblichiamo lo stralcio della relazione alla Legge di Stabilità dell’on. Ghizzoni, relatrice del provvedimento in VII Commissione, relativo al contestato comma 42, che introdurrebbe di un terzo l’innalzamento delle ore di lezioni frontali per i docenti della scuole secondarie. Per leggere l’intera relazione clicca qui

(…) In particolare, il comma 42 stabilisce che, dal 1o settembre 2013, l’orario di impegno per l’insegnamento del personale docente della scuola secondaria di primo e di secondo grado, incluso il personale di sostegno, è di 24 ore settimanali. Nelle 6 ore eccedenti l’orario di cattedra – che, dunque, resterebbe fissato a 18 ore –i docenti non di sostegno sono prioritariamente utilizzati per la copertura di spezzoni orario disponibili nella scuola di titolarità; per l’attribuzione di supplenze temporanee per tutte le classi di concorso cui l’interessato abbia titolo (in tal caso, sembrerebbe, anche al di fuori della scuola di titolarità); per posti di sostegno, purché l’interessato sia in possesso del diploma di specializzazione (anche in tal caso, sembrerebbe che non vi sia una limitazione alla scuola di titolarità); per impegni didattici nell’ambito della flessibilità, ovvero ore aggiuntive di insegnamento, di recupero e di potenziamento. I docenti di sostegno saranno prioritariamente utilizzati per attività di sostegno e, in subordine, per la copertura di spezzoni orari di insegnamenti curricolari nella scuola di titolarità, per i quali l’interessato abbia titolo.
La relazione tecnica evidenzia che, attualmente, parte degli spezzoni sono affidati al personale docente nominato sui posti dell’organico di diritto, quando vi siano docenti disponibili a svolgere le c.d. «ore eccedenti strutturali» e lo spezzone sia pari o inferiore a 6 ore. La relazione tecnica precisa altresì che le ore eccedenti strutturali hanno natura di trattamento economico fisso, da liquidare in maniera identica allo stipendio base. Esse sono, dunque, una fattispecie giuridica completamente diversa dalle ore eccedenti per l’avviamento alla pratica sportiva e per la sostituzione dei colleghi assenti, che costituiscono retribuzione accessoria. All’incremento di 6 ore settimanali dell’orario di servizio conseguirà – come evidenzia la relazione – l’azzeramento delle ore eccedenti l’orario d’obbligo affidate al personale docente nominato sui posti dell’organico di diritto. La relazione evidenzia che nell’anno scolastico 2011/2012 la somma pagata per le ore eccedenti in questione è risultata pari ad euro 129,2 milioni. Tutti gli spezzoni che non sono coperti con ore eccedenti strutturali trovano copertura mediante supplenti fino al termine delle attività didattiche. Allo stesso supplente sono affidati spezzoni anche su scuole diverse, fino a concorrenza dell’orario lavorativo. Con la nuova disposizione, si determinerà, dunque, una riduzione del fabbisogno di supplenti fino al termine delle attività didattiche. Dall’incremento dell’orario di lavoro dei docenti curriculari deriveranno, in base alla relazione tecnica, i seguenti risparmi: 128,6 milioni di euro per il 2013, 385,7 per il 2014 e 385,7 per il 2015. Mentre dai docenti di sostegno deriverebbero risparmi per 109,5 milioni di euro per il 2013, 328,6 per il 2014 e 328,6 per il 2015. Risparmi che di gran lunga sopravanzano gli obiettivi di riduzione della spesa ai sensi dell’articolo 7, commi 12-15, del citato decreto-legge n. 95 del 2012, risparmi che – ripeto – sono da intendersi in capo a tutti i dipartimenti del Ministero dell’istruzione, università e ricerca. In termini di cattedre, la disposizione porterebbe alla riduzione di 9.269 posti, di cui 3.404 nella Secondaria di primo grado e 5.865 nella Secondaria di secondo grado, mentre la riduzione dei posti a tempo determinato per il sostegno sarebbe nella misura di 11.462 unità, di cui 6.660 nella Scuola Secondaria di primo grado e 4.802 nella Scuola Secondaria di secondo grado. Tali previsioni di ulteriori riduzioni di cattedre – peraltro stimate per difetto – arrivano dopo la pesantissima decurtazione di posti in organico determinata dalle previsioni dell’articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008 e si accompagnano all’innalzamento dell’età pensionabile disposta dalla cosiddetta riforma previdenziale Fornero: il combinato disposto delle due misure avrà l’effetto che la scuola non assumerà nuovi insegnanti per molti anni. Non vi saranno ingressi in ruolo né per precari né per giovani laureati, né per concorso né per scorrimento dalle graduatorie.
La norma in parola, oltre agli effetti negativi sui livelli occupazionali dei docenti, avrebbe anche ricadute peggiorative sulla qualità della didattica e quindi sui livelli di apprendimento. L’aumento di un terzo delle ore di lezione frontale, infatti, porterebbe gli insegnanti a lavorare su più classi aumentando in modo irragionevole il numero degli alunni da seguire ed incrementando le attività funzionali all’insegnamento previste dal CCNL), così che il carico di lavoro complessivo supererebbe di gran lunga, in una stima seppur per difetto, le 40 ore settimanali. A questo proposito, segnala che per gli insegnanti medi europei, l’orario di insegnamento in classe è in media con le nostre 18 ore settimanali, tenendo conto del fatto che nella maggioranza dei Paesi l’ora di lezione ha durata convenzionale compresa fra 40 e 55 minuti. Gli effetti della norma in parola non producono, peraltro, alcun aumento retributivo, nonostante lo stipendio di un nostro insegnante sia ora ben al di sotto della media di quello dei colleghi europei, anche se rapportato al potere d’acquisto dei diversi paesi. Anche i dati Ocse, pubblicati a settembre, consentono un confronto impietoso tra le retribuzioni dei nostri docenti e quelle degli altri paesi appartenenti a questa organizzazione. Inoltre, se si osserva la dinamica nello scorso decennio, ci sono paesi che hanno aumentato anche del 50 per cento gli stipendi degli insegnanti mentre negli ultimi anni il salario reale dei docenti italiani è diminuito di un punto percentuale.
La materia trattata dal comma 42 è ovviamente disciplinata a livello contrattuale. In particolare, l’articolo 28 del CCNL per il personale del comparto scuola per il quadriennio normativo 2006-2009 e il biennio economico 2006-2007, stabilito che gli obblighi di lavoro del personale docente sono articolati in attività di insegnamento e in attività funzionali alla prestazione di insegnamento (comma 4), dispone (comma 5) che negli istituti di istruzione secondaria superiore l’attività di insegnamento si svolge in 18 ore settimanali (25 ore nella scuola dell’infanzia; 22 ore nella scuola primaria, alle quali vanno aggiunte 2 ore da dedicare alla programmazione didattica). L’articolo 29 stabilisce che l’attività funzionale all’insegnamento comprende tutte le attività, anche a carattere collegiale, di programmazione, progettazione, ricerca, valutazione, documentazione, aggiornamento e formazione, compresa la preparazione dei lavori degli organi collegiali, la partecipazione alle riunioni e l’attuazione delle delibere adottate. In particolare, le attività collegiali riguardanti tutti i docenti sono costituite dalla partecipazione alle riunioni del collegio dei docenti – fino a 40 ore annue –, dalla partecipazione alle attività collegiali dei consigli di classe, di interclasse e di intersezione – anche in tal caso fino a 40 ore annue – e dallo svolgimento degli scrutini e degli esami. Infine, l’articolo 30 dispone che le attività aggiuntive e le ore eccedenti di insegnamento restano disciplinate dalla legislazione e dalle norme contrattuali, nazionali ed integrative, vigenti al momento della stipula del CCNL del 2007.
  Il quadro normativo per quanto attiene alle ore prestate in eccedenza è costituito, per la scuola secondaria, dall’articolo 70 del CCNL del Comparto Scuola sottoscritto il 4 agosto 1995 e dalle modifiche ed integrazioni poste in essere dai successivi contratti collettivi. Detto articolo disciplina il pagamento delle ore di insegnamento eccedenti l’orario d’obbligo non rientranti nelle attività aggiuntive di insegnamento di cui all’articolo 43, comma 2, dello stesso CCNL. Successivamente, l’articolo 25 del CCNL Comparto Scuola normativo 1998 – 2001 economico 1998 – 1999 del 26 maggio 1999, confermando sostanzialmente l’impianto del precedente CCNL, stabilì (comma 3) che il compenso orario e le modalità di attribuzione delle attività aggiuntive, ivi comprese quelle di pratica sportiva, erano determinati in sede di contrattazione integrativa nazionale, con un incremento del compenso in misura non inferiore al 10 per cento. Inoltre, con il CCNL del 31 agosto 1999, nell’ambito della costituzione del Fondo dell’istituzione scolastica, destinato alla retribuzione delle varie attività esperite negli istituti, è stato disposto (articolo 30, comma 3, lettera b)) che con il richiamato Fondo erano retribuite anche le attività aggiuntive di insegnamento e quelle relative all’educazione fisica. Successivamente, l’articolo 28 del CCNL del Comparto Scuola per il quadriennio normativo 2002/2005 e il primo biennio economico 2002/2003 del 24 luglio 2003 ha confermato che le attività aggiuntive e le ore eccedenti d’insegnamento restavano disciplinate dalla legislazione e dalle norme contrattuali, nazionali e integrative, vigenti all’atto della stipula del medesimo CCNL. Lo stesso articolo ha altresì disposto l’avvio, presso l’ARAN, entro 30 giorni dalla sottoscrizione definitiva, di un’apposita sequenza contrattuale per procedere al riesame e all’omogeneizzazione della materia, che però non risulterebbe essere stata attivata. Infine, la previgente disciplina delle ore eccedenti e delle attività aggiuntive è stata confermata dall’articolo 30 del CCNL del Comparto Scuola del 29 novembre 2007. Pertanto, appare opportuno chiarire il rapporto tra la disposizione in esame, che non prevede la retribuzione delle ore eccedenti l’orario di cattedra, e le clausole contrattuali vigenti che prevedono, invece, una retribuzione.
Poiché la materia trattata dal comma in parola è di carattere contrattuale, si ritiene che a tale contesto debba essere rinviata qualsiasi modifica all’orario di lavoro. Pertanto, esprimo contrarietà al successivo comma 45, nel quale si dispone che le previsione recate dai commi 42-44 non possono essere derogate dai contratti collettivi nazionali di lavoro e che le clausole contrattuali contrastanti sono disapplicate dal 1o settembre 2013. Ritiene a tale proposito necessario chiarire se la disposizione in esame configuri una deroga – limitatamente al personale della scuola – alla disciplina generale di cui all’articolo 40 del decreto legislativo n.165 del 2001, come modificato dal decreto legislativo n. 150 del 2009, che rimette alla contrattazione collettiva la «determinazione dei diritti e degli obblighi direttamente pertinenti al rapporto di lavoro». Per concludere, sulle disposizioni del comma 42, segnala che rispondendo all’interrogazione a risposta immediata n. 3-02543 il 17 ottobre 2012, il rappresentante del Governo ha fatto presente testualmente che «il Ministro Profumo ha ieri dichiarato la sua disponibilità a rivedere, d’accordo con i gruppi parlamentari, la proposta contenuta nel disegno di legge». Precisa che si tratta di una disponibilità apprezzabile ai fini della rimozione della norma in parola, affinché il tema del lavoro degli insegnanti – complesso e non riconducibile al solo momento delle lezioni frontali – sia affrontato nel contesto adeguato del rinnovo contrattuale, teso al rilancio della professione docente e del suo ruolo sociale, che non possono prescindere da adeguati livelli retributivi, così come non possono essere estranei ad una riforma del tempo scuola e ad una riorganizzazione degli spazi della didattica. Il lavoro dell’insegnante necessita di una prospettiva culturale e politica alla quale non si sottrarranno i gruppi parlamentari e segnatamente i rappresentanti della VII Commissione, al fine di costruire un modello, citando testualmente le parole di Benedetto Vertecchi, «di educazione scolastica che si distende fra il mattino e il pomeriggio e che solo in parte consiste in lezioni (…), mentre per il resto è costituita da esperienze volte a consolidare ciò che si è appreso, a riflettere sul rapporto tra l’apprendimento e la natura, tra il pensiero e l’azione, tra l’individuo e la società. Agli insegnanti si chiede non solo di trasferire repertori di conoscenze, ma di contribuire in modo sostanziale a qualificare le esperienze che si effettuano nel tempo di funzionamento delle scuole (…)». Un progetto che non può essere raggiunto limitandosi all’innalzamento di un terzo del lavoro frontale, che appare come un ulteriore colpo inferto all’immagine sociale e professionale dei docenti. (…)

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