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“Prima si taglia ai disonesti – Patronati Inps”, di Giuliano Amato

Se non coinvolgono personaggi famosi, le leggiamo sempre con distrazione le notizie che danno conto di perquisizioni ed arresti effettuati dalle forze dell’ordine per truffe o falsi ai danni di questa o quella istituzione pubblica. In realtà, si tratta sempre di truffe e falsi a nostro danno, perché finisce sempre che c’è di mezzo il danaro dei cittadini, si tratti di imposte o tasse pagate allo Stato o di contributi versati alla previdenza. E allora diamo un’occhiata meno distratta a uno degli ultimi casi di cui abbiamo avuto notizia, quello dell’arresto in Calabria di diecine persone per truffa aggravata e continuata ai danni dell’Inps, realizzata attraverso la costituzione di migliaia di falsi rapporti di lavoro in agricoltura, sui quali poi l’Inps ha pagato le contribuzioni previste ogni anno per i mesi di disoccupazione.
All’Inps, e cioè ai suoi contribuenti, la cosa è costata 11 milioni di euro. Ma come è stato possibile? Come si fa a imbrogliare il nostro primo ente previdenziale, costruendo attraverso carte e documenti una realtà che non c’è? E chi ha agli occhi dell’Inps la credibilità necessaria per passargli carte false che sono prese per vere?
Salvo smentita che il seguito delle indagini può sempre provocare, sembrerebbe che il perno dell’operazione sia stato in questo caso un patronato, uno di quegli enti, cioè, che le organizzazioni sindacali e altre associazioni con finalità assistenziali possono costituire per assistere i lavoratori nelle pratiche necessarie per il riconoscimento dei loro diritti. L’utilità dei patronati a questi fini è fuori discussione e l’ha riconosciuta la stessa Corte Costituzionale, la quale in una sua sentenza del 2000 ( la sentenza n.42) li ha ricondotti agli istituti previsti dall’art.38 della Costituzione allo scopo appunto di aiutare i lavoratori a far valere i loro diritti sociali.
Nulla contro i patronati perciò, tant’è che è addirittura la legge a stabilire che lo O,226 dei contributi obbligatori versati dai lavoratori e dai datori di lavoro sia loro trasferito per provvedere alle loro spese di funzionamento. E la gente è nell’insieme soddisfatta del loro lavoro, che fra l’altro si è rivelato ancora più utile di recente, da quando l’Inps si è completamente informatizzato e non intrattiene più rapporti allo sportello. Chi non ha familiarità col computer e ha un problema con l’Inps passa per il patronato ed è questo che glielo risolve.
Qual’ è allora il punto? I patronati non entrano nel sistema soltanto perché un sindacato o qualcun altro ha deciso di istituirli. Devono essere riconosciuti dal Ministero del Lavoro e sono poi sottoposti alla sua vigilanza. Il Ministero stabilisce addirittura quali pratiche (le più semplici) devono essere svolte gratuitamente e per quali deve esserci invece una remunerazione. Insomma, ci sono tutte le premesse perché l’Inps si fidi dei patronati e dell’istruttoria che riceve da loro sui singoli casi.
Capita però che vi siano patronati e patronati. Vi sono quelli costituiti dai sindacati che tutti conosciamo, che sono presenti su tutto il territorio nazionale, lavorano con professionalità e trasparenza e sono i primi a farsi carico della propria affidabilità e di quella di chi lavora per loro. Ve ne sono invece altri, che nascono su altre e meno sperimentate fondamenta, che hanno un raggio più locale, che per sopravvivere cercano di accaparrarsi soltanto le pratiche più lucrative, rifiutando regolarmente quelle da espletare gratuitamente, che hanno per scopo, insomma, non il servizio ai lavoratori di cui parla l’art.38 della Costituzione, ma la garanzia di un reddito a chi li ha messi su. E’ in questa piccola giungla che maturano fenomeni come quello da cui siamo partiti.
Nella nota che alcuni mesi fa inviai al Governo sui sindacati e sui loro finanziamenti segnalavo io stesso il problema. Notavo che i governi, nell’ansia di ridurre le spese, tendono a ridurre le risorse assegnate ai patronati, con tagli di dubbia legittimità (quelle risorse non vengono infatti dallo Stato, ma dal monte contributi dei lavoratori) e col solo risultato di mettere in difficoltà i più efficienti. Sarebbe urgente invece sottoporli tutti a un controllo di qualità oggi mancante e stabilire standard minimi per la loro stessa costituzione, ad evitare la tentazione degli avventurieri di crearsene uno con fini malsani. Anche di qui uscirebbero dei risparmi e sarebbero anzi quelli da cui cominciare, a danno di chi quei soldi non li merita proprio.
da Unita.it