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"Anticorruzione, a Roma il banco di prova", di David Sassoli

La destra al Governo di Roma e del Lazio è riuscita a rinvigorire i più vecchi e offensivi stereotipi sulla Capitale, carica di trafficoni guidati da un sovrano disprezzo per ogni regola. Ostriche e parentopoli hanno fatto tornare d’attualità l’antica tristissima immagine di «Capitale corrotta, nazione infetta». La questione morale, tuttavia, si presenta
in un contesto nuovo. Scandali e malaffare si inseguono in ogni angolo del Paese. E non solo. Non tutto ciò che non è reato è lecito, e il comportamento della classe politica e degli amministratori pubblici deve essere soggetto a maggiore trasparenza e verifica. A Roma dobbiamo ricostruire sulle macerie.
È una buona notizia, e arriva nel momento giusto, l’approvazione della legge contro la corruzione. Non è perfetta, ma mai come in questo caso vale il vecchio adagio che «il meglio è nemico del bene».
Roma, che tra pochi mesi avrà un nuovo governo cittadino, ha l’occasione e il dovere di essere la prima città ad applicare con il massimo di rigore le nuove regole integrandole con nuovi e vincolanti codici di comportamento. Perché non basta, non basta più, presentare ai cittadini una nuova classe dirigente sobria e onesta, dopo la stagione di scandali odiosi.
C’è il rischio, e a ragione, che l’opinione pubblica non si fidi per le tante delusioni patite. La gente ha il diritto di vedere i fatti e capire gli anticorpi concreti che sapremo mettere nel cuore dell’amministrazione.
Qualche esempio? La trasparenza, sulla rete internet di ogni contributo erogato a chicchessia; la rotazione dei dirigenti e dei funzionari impegnati sui fronti più «delicati»; regole obiettive e trasparenti per il conferimento degli incarichi dirigenziali; la riforma delle regole per le assunzioni – nel Comune e nelle società controllate – e la pubblicità del curriculum di tutti gli assunti. E ancora: nel sito del Comune dev’essere indicato il cronoprogramma quanto si spende, i tempi, le tappe, gli imprevisti – di ogni opera pubblica. Fondamentale sarà utilizzare gli standard previsti dalla gare europee.
A Roma dobbiamo con rigore assumere anche un altro impegno previsto dalla nuova legge, che richiama una regola in vigore da molti anni e mai applicata. La costruzione in ogni amministrazione di un codice etico «personalizzato», attento ai problemi, ai rischi, alle specifiche patologie di quel contesto. È un codice che dobbiamo costruire insieme, con i cittadini e i lavoratori, le associazioni e i sindacati. E sarà la bussola per la responsabilità disciplinare di dirigenti e dipendenti pubblici, e per ogni nomina politica o amministrativa.
Il «codice etico» dovrà essere il frutto di una grande riflessione cittadina: dove si annida la cattiva amministrazione, dove i favori schiacciano i diritti, dove il vantaggio di pochi diventa il disastro per tutta la città.
Infine – anzi, prima di ogni altra cosa l’anagrafe pubblica dei redditi e dei patrimoni sul modello in vigore nelle istituzioni europee. Al Parlamento europeo gli eletti devono presentare una «dichiarazione di interessi finanziari» all’inizio della legislatura e ripresentarla a metà mandato.
Questo strumento dovrà essere obbligatorio, per i futuri assessori, consiglieri e amministratori delle aziende capitoline. Restituire fiducia e speranza alla nostra città non è un optional, ma un percorso fatto di regole certe, trasparenza, comportamenti pubblici soggetti a verifica da parte dei cittadini.
l’Unità 02.11.12