partito democratico, politica italiana

“Attenti a giocare con l’arma della delegittimazione”, di Francesco Cundari

La continua polemica sulle regole da parte di Matteo Renzi ha un carattere di delegittimazione che non fa bene al centro sinistra e tanto meno al Partito democratico, però funziona. Alimenta sui grandi mezzi di comunicazione la rappresentazione di un vertice ottuso e incattivito, che le escogita tutte pur di ostacolare la partecipazione popolare. Ma soprattutto legittima qualsiasi forzatura da parte dello sfidante e dei suoi sostenitori.
Se infatti le regole sono quelle comunemente stabilite e che tutti, dopo averle liberamente discusse, votate e sottoscritte, si sono impegnati a osservare, c’è poco da fare: chi cerca di aggirarle, se non di violarle apertamente, non fa una bella figura. Ma se invece quelle stesse regole non sono altro che una serie infinita di trucchi, trappole e tranelli escogitati dagli «scagnozzi» del capo, dai guardiani del regime oppressore che in tal modo cerca di sottrarsi al giudizio popolare, allora no: allora qualunque mezzo usato per aggirare gli ostacoli è legittima difesa, disobbedienza civile, coraggioso e giustificatissimo atto di resistenza.
Nel merito, l’intera battaglia ruota attorno all’interpretazione del regolamento, concentrandosi di volta in volta su una regola diversa: prima sulla registrazione in sé, poi sul luogo fisico in cui doveva avvenire, quindi sui tempi (fino al giorno prima del voto o anche il giorno stesso?). Dall’inizio della campagna per le primarie non c’è stata una giornata in cui non si sia protestato per una di queste ragioni (o per una delle tante altre che non citiamo per motivi di spazio).
Questa strategia ha sicuramente pagato, dal punto di vista del candidato Matteo Renzi. Ma forse ha preso la mano ai suoi sostenitori. L’avviso a pagamento promosso ieri dalla «Fondazione Big Bang» su diversi grandi giornali è evidentemente un passo falso. L’avviso recita infatti: «Anche chi non ha votato al primo turno può farlo al ballottaggio richiedendo la registrazione, è sufficiente iscriversi entro venerdì 30 novembre ore 20.00 scrivendo una email al coordinamento “Primarie Italia bene comune” della propria provincia». Comunque la si pensi nel merito sulle regole e sulla decisione di chiudere le registrazioni il giorno del voto per il primo turno (dopo avere tenuto aperti i seggi apposta mattina e pomeriggio in tutta Italia per ben venti giorni, non per cinque minuti), è evidente che l’avviso non dice la verità. Infatti nello stesso sito internet creato ad hoc dalla fondazione per bombardare di email i coordinamenti provinciali, nell’apposito modulo, si invita a dichiarare testualmente: «Di essere stato/a, per cause indipendenti dalla propria volontà, nell’impossibilità di registrarsi all’albo degli elettori entro la data 25 novembre 2012».
Ma come? L’avviso pubblicato sul giornale, proprio quello che invita ad andare sul sito, dice chiaramente che «anche chi non ha votato al primo turno può farlo al ballottaggio». Non fa alcun cenno a impedimenti e cause di forza maggiore. Si stanno dunque invitando i propri sostenitori a mentire? Nel momento stesso in cui si accusano i vertici del proprio partito di ogni nefandezza, portando avanti questa infinita polemica sulle regole, si chiede pubblicamente ai propri sostenitori di sottoscrivere il falso?
Per applicare una regola, dice il filosofo, bisogna prima sapere la regola secondo cui applicarla; così come, per servirsi di un dizionario, una lingua bisogna conoscerla già. Tutti però abbiamo imparato a parlare, a un certo punto, e lo abbiamo fatto naturalmente, nella pratica, cioè vivendo con gli altri, in accordo con gli altri. La possibilità di seguire delle regole, come quella di parlare una lingua, dipende dall’appartenenza a una comunità. In sé e per sé, nessuna regola sarà mai a prova di contestazione, nessuna spiegazione sarà mai sufficiente, nessun codice a prova di equivoco. E qui sta l’elemento più rischioso della polemica sulle regole tra i contendenti: che finisca per mettere in discussione non il regolamento e nemmeno le primarie, ma la loro appartenenza a una stessa comunità.
da l’Unità