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"Pdl in risalita. Ma il Pd è avanti di dodici punti", di Carlo Buttaroni

L’ultimo sondaggio di Tecnè per Sky Tg 24, effettuato all’indomani dell’intervista di Michele Santoro a Silvio Berlusconi, registra un incremento del Pdl e un contestuale calo dei consensi al Pd e alla lista Monti. Un effetto B, quindi, effettivamente c’è stato. Nel complesso la coalizione di centrosinistra è diminuita dello 0,8%, lo schieramento che fa riferimento a Monti dell’1,3% mentre Pdl e alleati sono cresciuti dell’1,6%. Nel complesso si accorciano le distanze tra il centrosinistra e il centrodestra ma i rapporti di forza rimangono sostanzialmente invariati, con quasi 12 punti percentuali che distanziano la coalizione di Bersani da quella di Berlusconi. Per il 42,5% degli intervistati sarà, comunque, la coalizione di centrosinistra a vincere le elezioni, mentre solo il 18,3% assegnerebbe, oggi, la «maglia rosa» a Berlusconi e il 17,4% a Monti. Insomma il tempo resta buono dalle parti del centrosinistra. Anche se tutto può ancora accadere e ciò che è interessante notare, nel sondaggio di Tecnè per Sky, è proprio come alcuni fatti influenzino, più di altri, gli orientamenti politici degli elettori.
Come tutti i fenomeni sociali, infatti, gli avvenimenti politici producono effetti che hanno un’intensità e una durata. Soprattutto quelli che trovano un’accelerazione nella comunicazione politica che tende a scendere in profondità.
La variazione misurata dal sondaggio (+1,6%) a favore del centrodestra è tanto o poco? La risposta a questa domanda dipende dall’unità di misura che si sceglie. Se la scala temporale è breve, l’oscillazione è indubbiamente indicativa di un fenomeno di grande intensità. Se si allunga la scala e l’unità di misura è in settimane, anziché in giorni, il fenomeno, molto probabilmente, tenderà a stabilizzarsi su valori diversi. Su quali valori, però, lo sapremo solo in seguito.
Bisogna tenere presente, però, che la variazione delle percentuali, in questo momento, non deriva dagli spostamenti da un partito all’altro o da una coalizione a un’altra, ma dai flussi da e per l’area dell’astensione e dell’incertezza. Gli elettori che più si muovono in quest’ambito sono prevalentemente poco informati, meno attenti alle vicende politiche quotidiane e meno influenzati da fatti specifici. Molti di loro probabilmente non hanno visto la trasmissione con Berlusconi e non hanno letto i giornali che hanno dato ampio spazio all’evento. Sono più sensibili al clima d’opinione generale. E nel mutamento del clima di questi giorni hanno avuto un ruolo gli elettori più attenti e i militanti di centrodestra, nei confronti dei quali la performance del leader del Pdl ha avuto sicuramente un effetto mobilitante.
Da quanto questi ultimi sapranno rendere favorevole il clima sociale intorno a Berlusconi dipende il punto di caduta finale in termini di consensi. Nel frattempo, però, altri fatti caratterizzeranno la campagna elettorale. Alcuni saranno meno importanti, altri lo saranno persino di più. Il monitoraggio quotidiano dell’opinione pubblica è particolarmente interessante proprio perché registra le oscillazioni in uno scenario in costante evoluzione.
IL VANTAGGIO DI BERSANI
In questo contesto bisogna anche tenere presente che la distribuzione dei pesi politici sul mercato elettorale non è ancora definitiva. Man mano che ci si avvicina alla data del voto è probabile assistere a un riequilibrio dell’articolazione dei consensi più vicina ai valori che tradizionalmente sono espressi nel nostro Paese. E il calo del centrosinistra sembra iscriversi proprio all’interno di questa dinamica. La coalizione guidata da Bersani per mesi ha fatto registrare un vantaggio molto ampio nei confronti del centrodestra. Ma ciò era determinato anche dalla crisi politica del centrodestra e dall’essere il centrosinistra l’unica vera offerta politica in campo. Oggi si registra una flessione in termini relativi perché la fase espansiva dei consensi ha fatto registrare un picco nei giorni delle primarie, mentre l’area d’incertezza e astensionista era rappresentata prevalentemente da elettori di centrodestra. Ora una parte di questi elettori sta rientrando nel mercato elettorale, assestando progressivamente i rapporti di forza tra i partiti su valori più simili a quelli registrati in altre elezioni, seppur con significative variazioni a favore del centrosinistra.
Ma proprio la lettura di queste dinamiche ripropone l’anomalia di un sistema politico che ancora non trova un punto di equilibrio. Si presenta apparentemente come una competizione tripolare tra una sinistra, un centro e una destra ma in realtà è un bipolarismo in apnea, subordinato alla «competizione nella competizione» tra Mario Monti e Silvio Berlusconi per la leadership del centrodestra. Da una parte il centrosinistra di Bersani rende fluida la sua offerta di governo, anche in virtù del primato di consensi che tutte le indagini gli attribuiscono da molti mesi a questa parte. Nel centrodestra (e nel centro) la scelta di un’opzione di governo, invece, lascia il posto al proposito di impedire che ci sia «un vincitore».
In questo complesso confronto le strategie comunicative richiamano indirettamente le parole di McLuhan. Per il grande sociologo canadese il messaggio non sta soltanto in ciò che si trasmette, ma anche in come si trasmette. E la comunicazione di questa fase pre-elettorale esalta la sopravvalutazione del mezzo, che finisce per rappresentare il messaggio stesso. Peraltro, l’evocazione di un possibile stallo di sistema suona anche come un avvertimento: votare potrebbe avere come effetto «nessun governo». Oppure, detto in altre parole, votare potrebbe servire soltanto a definire un equilibrio da spendersi, a tempo debito, nel futuro Parlamento. Cioè al di là del voto. Questa alterazione del paesaggio politico, dove si svolge la competizione elettorale, ha inevitabili conseguenze anche nell’area dell’incertezza e dell’astensione che, infatti, continua a rimanere insolitamente alta.
STRATEGIE COMUNICATIVE
Per quasi cinquant’anni la comunicazione politica ha avuto, in primo piano, gli orizzonti della società. Democrazia, lavoro, classi sociali, diritti, doveri, libertà di mercato, meriti, bisogni, solidarietà sono state parole alcune in sintonia, altre in conflitto che evocavano grandi matrici dell’immaginario collettivo, rappresentando le tensioni ideali del secolo scorso. Oggi di quelle parole non c’è che una vaga traccia. Ma sembrano eclissate anche le suggestioni e le promesse (per lo più irrealizzate e irrealizzabili) che hanno caratterizzato la comunicazione politica della seconda Repubblica. Al loro posto prevale l’ineluttabilità di un governo che forse non ci sarà. Lo show dell’«impatto zero» sugli assetti istituzionali ha preso il sopravvento. È naturale che, con questi paradigmi, il messaggio politico non abbia più bisogno di contenuti concettuali. Ci si può affidare solo a elementi extraverbali. Non contano gli argomenti, ma il modo in cui si è capaci di rendersi convincenti. Non quello che si dice, ma come si dice.
Ecco perché, in questa campagna elettorale, si usa un vocabolario di base, colloquiale, non ricercato, molto sfumato, che ha la sua metafora perfetta in una coalizione politica, quella di centrodestra, che ha un leader di riferimento ma molti candidati premier al suo interno. Anche le frasi sono ripetute spesso e più volte, perché la ripetitività è l’unico modo per memorizzarle senza perimetri definitivi. Soprattutto senza orizzonti.

L’Unità 14.01.13