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"Liste Pd, tre esclusi e due rinunce", di Simone Collini

Sono nomi illustri in Sicilia, difesi sul territorio a spada tratta, e portano in dote consistenti pacchetti di voti, che soprattutto in una regione in bilico come questa sono decisamente preziosi. Ma sono stati esclusi dalle liste elettorali del Pd. Il motivo? La tutela dell’immagine e dell’onorabilità del partito.
Sono stati cancellati dalle liste elettorali del Pd Mirello Crisafulli, Antonio Papania e Nicola Caputo. I primi due avrebbero dovuto correre in Sicilia, il terzo in Campania. I garanti del Pd hanno però emesso dopo una lunga discussione un verdetto di esclusione perché hanno giudicato le loro candidature, giudicate le vicende giudiziarie che li riguardano, inopportune e in contrasto con i principi del codice etico. Il primo è stato rinviato a giudizio per concorso in abuso d’ufficio, il secondo dieci anni fa ha patteggiato due mesi e 20 giorni di reclusione per abuso d’ufficio, convertiti in una multa, in un processo su una presunta compravendita di posti di lavoro, il terzo è stato coinvolto in un’inchiesta sui rimborsi ai gruppi consiliari della Campania.
Hanno volontariamente rinunciato al posto in lista Bruna Brembilla (ha compiuto il passo indietro il giorno che la direzione Pd ha dato il via libera alle liste) e Antonio Luongo (era stato inserito nelle liste della Basilicata), mentre non sono invece stati giudicati incompatibili con le liste Pd gli altri due siciliani Angelo Capodicasa e Francantonio Genovese (uno tirato in ballo da un pentito con dichiarazioni che non hanno trovato riscontro, l’altro indagato per abuso d’ufficio), il calabrese Nicodemo Oliverio e la giornalista anti-camorra Rosaria Capacchione (indagata per calunnia).
Spiega il presidente della commissione di garanzia del Pd Luigi Berlinguer che si è voluto mantenere fermi due principi «tra di loro in difficile equilibrio»: «Da un lato quello costitzionale che si fonda sulla presunzione di innocenza del singolo e, dall’altro, quello che impone alla commissione che presiedo la tutela dell’immagine e della stessa onorabilità di quel grande corpo collettivo che è un partito di massa come il Pd. Di fronte a polveroni mediatici e a sommari processi di piazza, magari via web, che creano un irrespirabile clima di intolleranza e di generiche accuse all’intero sistema democratico, la Commissione di garanzia ha scelto sulla base dell’interpretazione severa di codice etico, statuto, leggi dello Stato. Questo ci ha portato a ottenere 2 rinunce volontarie e a deliberare l’esclusione, con motivazioni tra loro diverse, di tre candidati dalle liste del partito».
L’operazione liste pulite non è stata un blitz inaspettato. I garanti hanno ascoltato i diretti interessati, per sentire la loro versione dei fatti, poi si sono riuniti giovedì e riconvocati ieri, per una lunga discussione. Prima di far uscire la nota in cui si comunicavano le esclusioni hanno anche telefonato ai protagonisti della vicenda, per comunicar loro la decisione. Inutile dire che non l’hanno presa bene.
Bersani, prima che si chiudessero in stanza per decidere il verdetto, aveva espresso «piena fiducia» nell’operato dei membri della commissione di garanzia: «Sono sicuro che faranno bene». E anche se non ha commentato pubblicamente la sentenza, è certo che la linea del rigore dimostrata dall’organismo presieduto da Berlinguer lo ha lasciato soddisfatto. Si vede anche da questa decisione la differenza col centrodestra, che candida personaggi come Marcello Dell’Utri.
È proprio il criterio di «opportunità» che ha spinto i garanti ad escludere dalle liste Crisafulli, Papania e Caputo. È vero infatti che il decreto sulle liste pulite recentemente approvato dal Parlamento prevede norme di incandidabilità per chi sia stato definitivamente condannato a pene superiori a due anni di reclusione, ma i garanti hanno voluto far riferimento anche al codice etico e allo Statuto del Pd, che prevedono norme anche più stringenti. Nella delibera in cui si rende noto il verdetto, i garanti richiamano «tra i principi fondativi del Pd, il profilo etico della politica e delle sue concrete attività»: «In questo delicato frangente – sottolineano – la scelta delle candidature non può prescindere da criteri di eticità, da perseguire anche con valutazioni di opportunità, espressamente previste dalle norme interne del Pd e rafforzate dalla novità introdotta nella legislazione nazionale». E quelle di Crisafulli e Papania sono state giudicate, alla luce delle vicende giudiziarie in cui sono coinvolti, candidature «inopportune». Idem per Caputo, che la scorsa settimana è stato indagato nell’ambito di un’inchiesta sui rimborsi gonfiati dei gruppi consiliari della Campania.

L’Unità 19.01.13