attualità, memoria

Quando la Storia si fa con le Battute, di Pierluigi Battista

Avesse declamato la massima più frequentata dai nostalgici, «i treni arrivavano in orario», la perorazione pro-mussoliniana (e pre-rituale rettifica) di Berlusconi avrebbe raggiunto la perfezione della battuta al bar di sera. Mussolini aveva fatto «cose buone»? Sicuro, mica c’era la delinquenza di oggi, e «si dormiva con le porte aperte». Questa non l’ha detta Berlusconi? No, questa (ancora) no. Ma più o meno, ieri, l’ex premier era nello spirito adatto per dirla.
Tutti a scervellarsi sull’enigmatico perché. Ma questa cosa di Berlusconi che, nel Giorno della Memoria, nel corso di una cerimonia che avrebbe dovuto essere solenne, si è messo a disquisire sulle cose «buone» che Mussolini avrebbe fatto, che significato ha? Possibile che Berlusconi non capisca che in una giornata molto particolare non solo in Italia ma in tutto il mondo, nel ricordo imperituro dell’Olocausto, non è che ci si può concedere ai microfoni dei cronisti come se si dovesse sciorinare l’ennesima battuta sull’Imu da abolire sulla prima casa? Ipotesi dietrologica: è stato forse un messaggio subliminale a ciò che resta di un elettorato fascista o neofascista? Ipotesi fantasiosa: aveva forse saputo che le liste di CasaPound (poi rientrate in lizza) non erano state accettate? Ipotesi realistica: non era esattamente nelle condizioni di soppesare con un minimo di saggezza le avventurose considerazioni storiografiche in cui si stava cacciando? Ipotesi estremista: era una voce dal sen sfuggita, perché in cuor suo Berlusconi è un cripto-fascista come da decenni vanno dicendo i suoi detrattori? Ipotesi psico-politica: era già in uno stato di semi-sopore prima che i fotografi lo cogliessero dormicchiante durante la cerimonia delle Giornata della memoria?
Intanto, un piccolo dettaglio, per dire la vacillante conoscenza delle date della storia in casa da parte del leader del centrodestra. Nel ’38, quando Mussolini e il regime fascista vararono l’orrore delle leggi razziali, non c’era nessuna alleanza bellica con la Germania di Hitler. Non ci fu imposizione «tedesca», costrizione, patteggiamento, ricatto: il regime fascista accettò l’abiezione di quelle leggi persecutorie in uno stato di pur demenziale autonomia, non gliela ordinò proprio nessuno. Cominciò a discriminare gli ebrei per proprio conto, con vocazione imitativa nei confronti della Germania hitleriana: ma non ci fu nessuna costrizione, come con non sorvegliata velleità politico-storiografica ha invece detto Berlusconi (prima della rituale rettifica, ovvio). E poi Berlusconi non è nuovo a una lettura minimizzante ed edulcorata del regime fascista. Qualche anno fa, sembra aizzato dallo storico giornalista britannico Nicholas Farrell, non seppe frenarsi nel dire che Ventotene, durante il fascismo, più che un luogo dove venivano confinati gli oppositori del Mussolini che fece anche cose «buone», era soprattutto un ameno luogo di «villeggiatura», forse menzionando inconsciamente il titolo di un film di Marco Leto, girato per la verità con tutt’altro spirito.
Insomma Berlusconi, immortalato con un fez quando, ironia della storia, disse che avrebbe appoggiato Fini nel ’93, più volte accusato dall’opposizione più oltranzista di voler instaurare un «regime» simile a quello fascista, sfidato da Michele Santoro con una celeberrima versione di «Bella ciao» per esaltare le imprese dei nuovi partigiani in prima serata tv, sembra davvero non considerare il fascismo come un capitolo interamente oscuro della storia italiana. No, le leggi razziali, proprio no, ma c’è lo stereotipo dell’italiano brava gente a salvarci: sono stati i cattivi tedeschi ad imporceli. Certo la libertà d’opinione conculcata, gli oppositori perseguitati, ma volete mettere la ferocia repressiva fuori dell’Italia con il blando trattamento riservato agli oppositori nei luoghi di confino-villeggiatura, malgrado le descrizioni di Giorgio Amendola nell’«Isola». È un continuo ammiccare a un’opinione pubblica più «afascista» che «antifascista», un parlare a un pezzo d’Italia che alle «cose buone» di Mussolini un po’ di credito lo dà. Salvo poi, raccontano i retroscena politici (seguiti da rituale rettifica), bollare come insopportabili «fascisti» gli ex An che facevano pesare la loro presenza molesta del Pdl creando il grande rimpianto della non «fascista» Forza Italia. Salvo tirar fuori un po’ volgarmente le «fogne» per saldare i conti con il nemico Fini. Ma forse voleva riferirsi al Mussolini delle cose «cattive». Mica erano la Giornata della memoria.
Da Il Corriere della Sera

——————————-

Fuori Berlusconi dall’Europa, di Gad Lerner

L’uomo che vent’anni fa sdoganò, con abile calcolo politico, il neofascismo italiano, ancor oggi alla presidenza della Regione Lazio ricandida quel Francesco Storace di cui ricordiamo le maledizioni contro Gianfranco Fini, colpevole di aver reso omaggio in Israele al memoriale degli ebrei sterminati dal nazifascismo. Mentre in Lombardia vorrebbe cedere il comando al segretario di un partito xenofobo e antieuropeo, Roberto Maroni, che da ministro dispose la raccolta delle impronte digitali dei bambini rom.
Prima di liquidarla come ennesima gaffe (con solita smen-tita), conviene ascoltarla e riascoltarla testualmente la dichiarazione rilasciata ieri di fianco al binario 21 da cui partirono verso Auschwitz i trenimerci dei deportati. Rivelatore è l’impulso di Berlusconi a comprendere le motivazioni del regime fascista: «È difficile adesso mettersi nei panni di chi decise allora…». Ancor più netta è l’identificazione con «un leader, Mussolini, che per tanti altri versi aveva fatto bene
». D’accordo, c’è il delirio personalistico di un uomo che si ricandida per la sesta volta consecutiva a capo dell’Italia, immedesimandosi nel mito del Ventennio. Ma proprio per questo Berlusconi avverte la necessità di addomesticare la storia. Quasi che assolvendo quel Mussolini che, prima delle leggi razziali, «aveva fatto bene», gli venisse più facile chiedere poi agli italiani di chiudere un occhio anche sulle proprie, di malefatte.
Per questo ci vengono nuovamente propinate, sfregiando la Giornata della Memoria, le favole su una «connivenza non completamente consapevole » del fascismo nella persecuzione degli ebrei. Fino a pretendere indulgenza per il Duce che promulgò le leggi razziali e ordinò la deportazione nei campi di sterminio, cui sarebbero da addebitarsi «responsabilità assolutamente diverse» rispetto a quelle di Hitler. Provo un senso di vergogna a commentare simili affermazioni; pur sapendo che lo stereotipo degli “italiani brava gente” è duro a morire in un paese che per reticenza e pavidità culturale delle sue classi dirigenti (Chiesa compresa) non ha fatto con la dovuta severità
i conti con le sue responsabilità storiche.
Ormai è dimostrato incontrovertibilmente che il regime fascista aveva sprigionato il suo antisemitismo già ben prima del 1938, l’anno delle leggi razziali. Così com’è risaputo che il nazionalsocialismo tedesco aveva tratto ispirazione dalla dittatura mussoliniana, di cui era un alleato naturale. Ma la destra di Berlusconi si nutre di questa teoria giustificazionista dei due tempi, secondo cui sarebbe esistito un fascismo buono, prima, e un fascismo cattivo poi. Non a caso gli manifestava benevolenza già dieci anni fa, quando doveva pur essere più lucido: «Mussolini non ha mai ammazzato nessuno. Il Duce mandava la gente in vacanza al confino», affermava. Dimenticati in una sola boutade gli assassinii politici, i Tribunali speciali, la soppressione delle libertà democratiche che avevano preceduto le leggi razziali. Altro che «Mussolini per tanti altri versi aveva fatto bene».
Ma più ancora che il falso storico, colpisce il degrado morale rivelato da Berlusconi quando ci invita a comprendere la scelta di Mussolini alle prese con la forza di quell’alleato
tedesco che pareva destinato a conquistare l’Europa intera. Ascoltiamolo di nuovo testualmente: «È difficile adesso mettersi nei panni di chi decise allora. Certamente il governo di allora, per il timore che la potenza tedesca si concretizzasse in una vittoria generale, preferì essere alleato alla Germania di Hitler piuttosto che contrapporsi. E dentro questa alleanza ci fu l’imposizione della lotta…» – qui Berlusconi esita un attimo sull’uso osceno della parola “lotta”, prima di aggiungere – «… e dello sterminio contro gli ebrei. Quindi il fatto delle leggi razziali è la peggiore colpa di un leader, Mussolini, che per tanti altri versi aveva fatto bene».
Dobbiamo ritenere che, date le circostanze, per necessità, per convenienza, anche lo “statista” Berlusconi potrebbe subire simile “imposizione” da dittatori criminali contemporanei? Noi sappiamo bene che il Duce era razzista e antisemita in proprio, senza bisogno dell’incoraggiamento di Hitler. Ma a Berlusconi che vuole ignorarlo, e si sforza di entrare nei panni di Mussolini, dovremmo forse concedere una tale infame esitazione?
Da La Repubblica