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I condoni, di Roberto Petrini

La strizzatina d’occhio c’era stata nell’estate del 2011, quando il governo Berlusconi ancora in carica cominciava a navigare nella tempesta della crisi finanziaria che avrebbe portato il paese sull’orlo del baratro. Un manipolo di quaranta deputati guidati dall’azzurro Amedeo Laboccetta firmò una lettera a favore di un condono fiscale tombale. In autunno Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera disse che si doveva discutere dell’argomento «senza tabù».
Arrivò anche Scilipoti che affermò senza pudore: «Milioni di italiani ci chiedono il condono ». Il governo cadde nelle settimane successive e non se ne fece nulla ma il meccanismo che si era messo in moto era assai simile a quello del dicembre del 2001 quando, durante la discussione della Finanziaria, l’azzurro Gianfranco Conte lanciò l’idea del «condono di Natale»: in prima battuta l’operazione fu bloccata ma sei mesi dopo le truppe d’assalto, da Daniela Santanché allo stesso Cicchitto, tornarono a chiedere a viva voce la sanatoria, che Berlusconi annunciò a settembre, a Bari, alla Fiera del Levante. Fu una carneficina: forse il più grande condono della storia d’Italia, che sommava dodici sanatorie e che consentì nel biennio 2002-2003 di raccogliere 20 miliardi di euro. Fu tombale, definitivo e anonimo. Con la firma di Berlusconi e del suo ministro dell’Economia Giulio Tremonti.
Oggi Berlusconi torna alla carica, in piena campagna elettorale e garantisce, nel caso di una sua improbabile vittoria alle elezioni, un «condono tombale» nuovo di zecca e invia un messaggio esplicito al popolo dei 3 milioni e 200 mila evasori che aderirono alla sanatoria dieci anni fa. Con il rischio documentato e quasi matematico che l’evasione fiscale nei prossimi anni eroda ancor più di oggi il bilancio pubblico: basti pensare che è stato calcolato che se in Italia si fossero pagate le tasse come negli Stati Uniti o in Svezia il debito pubblico sarebbe abbondantemente sotto quota 100 per cento del Pil da anni.
Ed invece si rischia il contrario. Se si prende l’indicatore
della fedeltà fiscale nel nostro paese, redatto da una istituzione indipendente come il World Competitiveness, si scopre che dopo un elevato tasso di fedeltà fiscale, che arriva ai massimi proprio nel biennio del condono, dal 2004 in poi la curva precipita. Capìta l’antifona e aspettandosi nuove sanatorie, gli italiani hanno preferito non pagare. «Quando all’“ultimo condono” se ne aggiungono altri, a distanza di poco tempo uno dall’altro si generano aspettative di nuovi condoni nel futuro », ha spiegato la specialista di fisco Maria Cecilia Guerra sulla Voce.info. Ed infatti: la precedente sanatoria, varata
sempre dal governo Berlusconi nel 1994 e portata a termine nel 1996, era assi fresca nella memoria dei contribuenti. Un giudizio severo condiviso dalla Corte dei Conti che nella relazione al Parlamento, scritta da Luigi Mazzillo, tracciava un amaro bilancio del «condono tombale» e ne indicava con chiarezza «l’effetto diseducativo » per aver premiato gli evasori e non gli onesti.
Senza contare che a consolidare la presenza dell’iceberg da 120 miliardi che rappresenta l’evasione fiscale italiana c’è anche la paralisi dell’amministrazione finanziaria: tra moduli, circolari e assistenza ai contribuenti resta bloccata per almeno due anni e deve sottrarre risorse alla lotta all’evasione.
Se è vero dunque che l’evasore è una sorta di «animale razionale » in grado di fiutare nell’aria l’arrivo di un condono, il debutto di una nuova sanatoria rischierebbe di buttare a mare tutto quanto si è fatto con i blitz a Cortina, con le indagini sugli scontrini e sulla tracciabilità del contante negli ultimi anni, soprattutto dall’ultimo governo Prodi e, in parte, anche sotto il governo Monti. E a dimostrazione che condono chiama condono c’è una indagine della Demoskopea fatta, a caldo, nel 2004: il 75 per cento dei contribuenti intervistati dichiarò che il condono, in qualche misura, era atteso. Allora perché pagare le tasse?
Oggi il rischio di un nuovo devastante crollo della onesta adesione alle ragioni del fisco degli italiani si ripresenta. Del resto la storia degli ultimi vent’anni parla chiaro: ogni volta che il centrodestra arriva al governo c’è un condono. In questo modo dal 1994 abbiamo totalizzato due condoni fiscali, due scudi per il rientro dei capitali dall’estero e due condoni edilizi. Dell’abusivismo Berlusconi non ha ancora parlato, ma sono passati circa dieci anni dall’ultima sanatoria e non per niente nelle ultime settimane del 2012 un blitz guidato dall’azzurro Nitto Palma tentò di far passare il colpo di spugna al Senato. Dipenderà dall’esito delle elezioni.
da La Repubblica