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Bersani: saremo noi a tagliare gli sprechi «Grillo è come il Cav», di Andrea Carugati

Napoli, Caserta, Benevento, Avellino. Pier Luigi Bersani continua il suo tour nel Mezzogiorno. Ieri tappa in Campania, dove i temi chiave della campagna elettorale Pd, lavoro e legalità, sono particolarmente caldi. Il leader Pd cerca di tenersi alla larga «dai politicismi», dal risiko delle alleanze, dai quotidiani attacchi di Monti a Vendola e al Pd. Prende di petto, invece, la destra, la Lega, i populismi. A partire da Grillo. «Lui ha nominato i deputati al pari di Berlusconi, bisogna tenere ben presente come è organizzato quel movimento. In Sicilia Grillo offre mille euro a tutti per tre anni, somiglia a quell’altro che propone di abolire l’Irpef, dice via l’Irap e promette quattro milioni di posti di lavoro. Sarebbe inimmaginabile venire a patti con lui». E ancora: «Il Pd è il contrario del populismo dove c’è sempre qualcuno che suona il piffero e il popolo deve andargli dietro. Che si chiami Grillo o Berlusconi, il meccanismo del populismo è quello. Noi non siamo così, noi siamo per la libertà della gente che sceglie qualcuno finché tocca a lui. E poi si cambia».
LA SFIDA A GRILLO
L’obiettivo di questi ultimi giorni di campagna elettorale è polarizzare la sfida tra Bersani e Berlusconi: «Qui vince uno solo, chi arriva primo. O vincono la destra e il leghismo o vinciamo noi», è il messaggio che lancia ai tanti indecisi, e in particolare a chi è tentato dai 5 stelle, a chi vorrebbe interpretare questo voto come uno «sfogo» contro il sistema. «Noi possiamo offrire una possibilità di cambiamento serio a tutte queste persone», non fa che ripetere Bersani. «C’è tanta gente che è ancora disposta a riflettere». Lo faremo, spiega, «senza raccontare favole», ma puntando anche su quei temi come la sobrietà e i costi della politica che tanta presa fanno sull’elettorato mobile. La sfida a Grillo è aperta. E sarà uno de leit motiv di questi ultimi giorni di campagna. Per ricordare agli indecisi che col voto al comico non si va da nessuna parte.
MENO SOLDI AI PARLAMENTARI
Di qui l’idea di lanciare alcune proposte, prima del 24 febbraio. Di annunciare che il prossimo governo, nei primi 100 giorni, si farà sentire su temi come lo stipendio dei parlamentari, quelli dei manager pubblici, la pletora dei cda. «Non c’è ragione per cui un parlamentare guadagni più di un sindaco di una grande città», è una della convinzioni che il leader Pd ripeterà anche in questi giorni. Numeri alla mano, si tratta di un tetto intorno ai 5000 euro, meno della metà delle retribuzioni attuali degli onorevoli. «Guardate, mi hanno consigliato di spararle grosse anch’io, ma ho resistito alle pressioni», ha detto ieri sera ad Avellino. «Così come Berlusconi non può rinunciare a raccontare balle, noi non possiamo rinunciare a dire la verità». Tra queste verità, ci sarà anche un impegno diretto «del governo» a ridurre i costi della politica.
Ma una stoccata a Berlusconi non può mancare: «Vuole restituire dei soldi? Cominci coi 4,5 miliardi delle quote latte, dai 4 miliardi di Alitalia e dai 4 mancanti dal condono tombale 2002. Sono 3 volte l’Imu. Ma li deve tirare fuori di tasca sua».
Nel merito delle proposte, il leader Pd ribadisce che sull’Imu «si può fare un’operazione intorno ai 2,8 o tre miliardi di euro per ottenere uno sgravio a favore dei ceti popolari», mentre «si potrebbe caricare qualcosa in più sui grandi patrimoni immobiliari, senza fare Robespierre». «L’idea della non pignorabilità della prima casa e del luogo di lavoro va salvata: nel settore della riscossione, per intenderci Equitalia, sono d’accordo che un bene produttivo non venga pignorato e credo che si possa fare qualcosa di preciso anche per ottenere una moratoria sulla rateizzazione dei mutui», ha detto in un’intervista al Mattino di Napoli.

L’Unità 14.02.13

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