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"Esodati, il Governo prepara un piano in tre mosse", di Massimo Franchi

Rifinanziamento del Fondo salvaguardati, introduzione di elementi di flessibilità nella riforma delle pensioni, staffetta generazionale. Il ministro Giovannini punta a risolvere in modo definitivo la questione esodati. Mercoledì a via Veneto sono arrivate le «ricognizioni» dell’Inps sul fenomeno: una elaborazione sulle platee delle varie categorie degli esodati (lavoratori in mobilità, prosecutori volontari, lavoratori cessati) che il ministro Giovannini sta studiando con il suo staff. Per evitare lo stillicidio delle cifre che creò grandissimi problemi al suo predecessore Elsa Fornero (fu lei stessa a chiedere all’Inps la stima che portò al numero di 392mila, per poi accusare la stessa Inps del problema), il ministro come promesso presenterà al Parlamento delle stime variabili. I numeri infatti possono cambiare (e di molto) a seconda che si consideri i lavoratori che andranno in mobilità nei prossimi anni o le persone che hanno fatto domanda per la prosecuzione volontaria del pagamento dei contributi ma sono lontanissime dall’età pensionabile (anche 35 enni). Le stime dell’Inps serviranno a Giovannini per «realizzare la mappa concettuale», primo passo per definire numeri precisi e puntare «ad una soluzione sistematica del problema». Ad oggi i salvaguardati, coloro che sono (o meglio andranno) in pensione con le vecchie regole sono 130.130, frutto di tre distinti decreti (65mila prima, 55mila poi, 10.130 infine). Il governo punta ad aumentarne di almeno 30mila il numero. Per farlo servono almeno due miliardi che dovranno rifinanziare il Fondo già previsto dall’ultima legge di bilancio. Prima di bussare al ministro Saccomanni, il titolare del dicastero del Lavoro vuole però annunciare altre due misure che permetteranno di affrontare e ridurre la portata del fenomeno. La prima è una modifica della riforma delle pensioni che permetta un’uscita flessibile. Facendo propria la proposta di legge Damiano-Baretta che prevede la possibilità, avendo almeno 35 anni di contributi, di andare in pensione da 62 anni di età con una decurtazione dell’8 per cento a scalare fino ad annullarsi a 66 anni, Giovannini punta a incentivare l’uscita di possibili esodandi. Il terzo tassello è invece quello della cosiddetta staffetta generazionale: i lavoratori vicini all’età pensionabile sarebbero incentivati a passare al part time, potendo insegnare ad un giovane neo assunto il mestiere. Lo Stato finanzierebbe la copertura intera dei contributi e gli sgravi fiscali per i giovani assunti. Anche questo meccanismo permetterebbe una flessibilità del sistema, oggi rigido. Il primo firmatario della proposta di modifica della riforma delle pensioni, Cesare Damiano, commenta positivamente il piano del governo: «Tentare di risolvere il problema in modo definitivo è sempre stata la nostra priorità spiega Damiano . Tenderei a distinguere il rifinanziamento del fondo di salvaguardia per i cosiddetti esodati, queste persone devono andare in pensione con le vecchie regole, dalla mia proposta di legge che guarda invece al futuro e andrebbe in vigore dal 2014. Oltre alla staffetta generazionale, propongo una solidarietà espansiva: invece di uno scambio fra un giovane e un anziano, sarebbe un intero reparto a ripartire l’orario di lavoro per permettere l’assunzione di giovani». Il piano del governo trova però subito l’altolà della Cgil: «Noi siamo per tenere distinti i piani, sennò c’è il rischio di tornare alla confusione dell’epoca Fornero spiega il segretario confederale Cgil Vera Lamonica Il ministro ci ha promesso un tavolo sul tema, lo convochi al più presto con noi sindacati e con l’Inps».

L’Unità 25.05.13