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"Chiuse 55mila aziende manifatturiere. S&P: le banche hanno tolto 44 miliardi alle imprese", di Matteo Colaninno

“I dati comunicati oggi dal Centro Studi di Confindustria confermano la profondità della crisi e le sue pesanti ripercussioni sul sistema industriale italiano. È necessario tamponare con urgenza un’emorragia che tra il 2009 e il 2012 ha fatto chiudere i battenti a 55 mila imprese, al ritmo di 40 al giorno, e perdere oltre mezzo milione di posti di lavoro nel settore manifatturiero. Affinché l’Italia si confermi nei prossimi anni la settima potenza industriale del mondo e la seconda in Europa alle spalle della Germania, non possiamo più attendere l’adozione di nuove politiche industriali, fondate su una strategia di riposizionamento competitivo del nostro sistema industriale, che faccia dell’occupazione e innovazione i punti di riferimento imprescindibili. Per questo è necessario concentrare su queste due priorità le risorse che il governo riuscirà a recuperare e insistere a livello europeo per un cambiamento della linea politica della Ue, in modo da affiancare all’attenzione sui conti pubblici la spinta e il sostegno allo sviluppo”. Così Matteo Colaninno, parlamentare e componente della segreteria del PD.

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Nel manifatturiero il calo di occupati “ha già raggiunto le 539mila persone nel periodo tra il 2007 e il 2012 e superato le -490 mila rilevate tra il 1990 e il 1994 e rischia di superare le -724mila registrate tra il 1980 e il 1985”. Lo rileva il Centro studi Confindustria negli >Scenari industriali spiegando che “le imprese italiane saranno probabilmente costrette a tagliare ulteriori posti di lavoro nei prossimi mesi”.
Ma, avverte ancora il Csc, “a differenza di quanto avvenuto nei primi anno Ottanta l’espulsione di manodopera in corso non appare corrispondere a un’esigenza di ricerca di maggiore efficienza nel settore”.

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Sono pari a 44 miliardi di euro i finanziamenti che nel 2012 le banche hanno tagliato alle imprese italiane. Il dato emerge da un report di Standard & Poor’s. Il documento evidenzia un crescente “ricorso alle emissioni obbligazionarie” per tamponare i tagli al credito.

Le imprese italiane, lo scorso anno, hanno messo obbligazioni per 20 miliardi, che hanno parzialmente compensato, il calo di 44 miliardi di credito dalle banche. Oltre ai problemi innescati dalla crisi, si legge nel rapporto, “le imprese italiane si trovano ad affrontare un ulteriore problema, che riguarda non solo le grandi, ma anche le piccole aziende, ovvero quello di emettere obbligazioni sul mercato finanziario”. Le imprese italiane “trovano sempre più difficile ottenere finanziamenti bancari, che tradizionalmente rappresentano la loro maggiore fonte di credito”.

Aggiungendo poi “l’allentamento della normativa societaria e fiscale introdotto lo scorso anno”, ci sarà un aumento del ricorso all’emissione obbligazionaria.

“Noi crediamo – prosegue poi il rapporto – che un maggiore ricorso al mercato obbligazionario potrebbe contribuire a migliorare le strutture di capitale delle imprese italiane e ridurre i rischi di rifinanziamento” allungando le scadenze di finanziamento delle imprese italiane e diversificando la base degli investitori. Tale processo, avverte però l’agenzia di rating, potrebbe essere “lungo e arduo” a causa dello scarso interesse degli investitori istituzionali domestici alle obbligazioni delle piccole e medie imprese e all’assenza di uno sviluppato mercato del collocamento privato, che rimane limitato tra i 150 milioni e i 200 milioni di euro.

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