attualità, politica italiana

"L'Italia non tutela i suo figli. Minori sempre più poveri", di Luciana Cimino

Un «Paese socialmente disintegrato». L’allarme del Garante per l’infanzia e l’adolescenza, Vincenzo Spadafora, che ha presentato ieri al Parlamento la Relazione annuale dei suoi uffici, non potrebbe essere più netto: «Se la classe dirigente di questo Paese non modifica l’approccio verso i temi dell’infanzia e dell’adolescenza, noi consegneremo alle future generazioni un Paese socialmente disintegrato e responsabile di essere rimasto indifferente nei confronti di una parte rilevante e strategica del proprio capitale umano». Spadafora parla chiaramente di «fallimento » delle politiche sin qui adottate. A partire da quell’«atteggiamento quasi caritatevole » tenuto dalle istituzioni sino ad ora e che andrebbe subito sostituito da «un’azione organica di lungo periodo, che dimostri di cogliere il valore cruciale delle giovani generazioni». Il Garante porta come prova i dati Istat: quasi due milioni di minorenni in uno stato di povertà relativa, 17,6% dei bambini e degli adolescenti. I17% è invece in una condizione di povertà assoluta. Di questi la maggioranza vive al Sud dove maggiore è l’incidenza della povertà se la famiglia è numerosa. Tanti non hanno nemmeno più accesso al servizio sanitario di base. Si amplifica quindi anche il rischio di esclusione sociale. Secondo l’Unicef, nella classifica del benessere di bambini e adolescenti l’Italia occupa il 22° posto su 29 Paesi «ticchi ». Inoltre è anche il Paese, dopo la Spagna, con il tasso di Neet (coloro che non studiano né lavorano) più elevato d’Europa. L’11% dei giovani tra 15 e 19 anni non frequentano né scuola né corsi di formazione e non lavorano. Questi numeri fanno dire al Presidente del Senato Pietro Grasso che il paese non si trova più «di fronte ad un “disagio sociale” ma dobbiamo parlare di una vera e propria “questione sociale” da porre al centro dell’attenzione e dell’azione pubblica». Il presidente di Telefono Azzurro, Ernesto Caffo, parla di «disimpegno» delle istituzioni, soprattutto economico con un continuo taglio di fondi. «La spending review ha tolto ossigeno alle associazioni no-profit – aggiunge il Garante – I tagli hanno determinato una completa deresponsabilizzazione del settore pubblico, e molti non ce la fanno più». «Non basta dire che le risorse non ci sono perché c’è la crisi. In Germania e Francia la crisi la stanno affrontando investendo proprio sui più giovani. Berlino destina alla famiglia e all’infanzia il triplo delle risorse di Roma, Parigi oltre il doppio». A tal proposito parla anche sospensione dell’Imu: «È propaganda politica. Si fa credere alle famiglie che risparmieranno e invece si toglie loro molto di più» e chiede al governo un completo cambio di passo; Grasso risponde che non c’è dubbio vi sia bisogno di una «inversione di rotta in materia di spesa pubblica destinata ai minori e alle loro famiglie ». Una questione particolare, poi, è costituita dai bambini in carcere con le madri detenute o quella dei minori che compiono reati. «Stiamo lavorando affinché questi bambini vivano accanto alle loro mamme in una condizione di tutela, di vigilanza ma in una sorta di carcere attenuato », ha detto sul primo punto il Guardasigilli Anna Maria Cancellieri che intende anche «avviare l’elaborazione di un ordinamento penitenziario minorile più moderno, accompagnato da un coerente corpo di norme sull’esecuzione delle pene ». I nodi da sciogliere li elenca il Garante. Unire le competenze, per prima cosa. «Il Consiglio dei ministri deve assegnare al più presto le deleghe sui temi che riguardando i minori. I partiti devono fare un passo indietro rispetto alla divisione, perché non ci sia uno smembramento di queste responsabilità in troppi ministeri. Non chiediamo un ministero dell’Infanzia ma almeno che ci sia un coordinamento delle deleghe». Questo comporterebbe anche una maggiore razionalizzazione delle risorse. Quindi ridefinire le priorità di spesa e ricostituire l’Osservatorio nazionale sull’infanzia e adolescenza e varare un nuovo Piano infanzia, definire i livelli essenziali di assistenza sanitaria e gli investimenti sulla scuola. «La classe dirigente continua a non comprendere che tali investimenti possono essere un antidoto per uscire dalla crisi. Oltre a rispettare i diritti dei bambini e degli adolescenti, investire oggi su di loro significa domani avere un numero inferiore di famiglie povere da sostenere, meno sussidi per i disoccupati, meno spese per disagio sociale e detenuti ».

L’Unità 11.06.13