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Mozione approvata alla Camera dei Deputati su scuola, università e cultura

Ieri è stata approvata alla Camera dei Deputati la mozione Pd – Pdl che impegna il Governo a favore di Scuola, Università e Cultura. Il Pd lunedì scorso aveva presentato una propria mozione su cui c’è stata la convergenza delle forze di maggioranza. Le questioni che riguardano Quota 96 e Inidonei erano presenti solo ed esclusivamente nella mozione Pd e sono confluite in quella unitaria. Gli impegni assunti dal Governo sono di buon auspicio per la risoluzione di queste questioni.

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Testo Mozione approvata
La Camera,
premesso che:
    il recente rapporto Ocse 2012 evidenzia come la media di investimenti in istruzione dei paesi membri sia cresciuta fortemente negli ultimi anni e risulti pari al 5,7 per cento del Pil, ma l’Italia si colloca al di sotto della media, investendo solo il 4,5 per cento del Pil. Penultimi in graduatoria, davanti solo alla Slovacchia. Eppure è dimostrato che la maggiore spesa per istruzione produce rendimenti certi, come un maggior gettito fiscale ed una maggiore occupabilità e la stessa Banca d’Italia sostiene, sulla base di complesse analisi, che il rendimento medio dell’investimento in istruzione è dell’8,9 per cento;
    le indicazioni dell’Unione europea, in particolare della Strategia UE 2020 e della precedente Strategia di Lisbona e della UE 2020, sono volte a sviluppare un’economia basata sulla conoscenza, caratterizzata da riforme profonde e volta a promuovere una crescita sostenibile, intelligente, l’occupazione, l’innovazione, la competitività, il rafforzamento della coesione sociale, economica e territoriale. In un momento di crisi economica e finanziaria, come quello che attraversa il nostro Paese, risulta indispensabile ridefinire la spesa pubblica e gli investimenti, in particolar modo quelli relativi alla istruzione, formazione, università e ricerca, in linea con gli obiettivi UE 2020. Ulteriore obiettivo è creare uno spazio europeo della conoscenza che consenta a tutti gli attori (studenti, docenti, ricercatori, istituti di istruzione, centri di ricerca e imprese) di beneficiare della libera circolazione delle persone, delle conoscenze e delle tecnologie, e pertanto di supportare ed incentivare tutte le misure volte alla mobilità. Nel quadro del programma europeo «Istruzione e formazione» (ET2010) inoltre quattro sono gli obiettivi strategici: fare in modo che l’apprendimento permanente e la mobilità divengano una realtà, migliorare la qualità e l’efficienza dell’istruzione e della formazione, promuovere l’equità, la coesione sociale e la cittadinanza attiva, incoraggiare la creatività e l’innovazione inclusa l’imprenditorialità a tutti i livelli dell’istruzione e della formazione;
    il rapporto Education at a glance del 2010, relativo all’area Ocse, si evidenzia che dato che i governi, a seguito della crisi economica globale, stanno ridefinendo i loro impegni finanziari, l’istruzione è al centro di un rinnovato interesse. Sono infatti evidenti i benefici sociali ed economici dell’istruzione, ma al tempo stesso non sembra essere sufficiente semplicemente spendere di più. È preoccupante che all’aumento significativo della spesa per studente negli ultimi dieci anni non abbia corrisposto il miglioramento della qualità nei risultati dell’apprendimento. Anche il segretario generale dell’Ocse Angel Gurria nel suo editoriale in Education at a glance ha voluto evidenziare che i risultati «sottolineano la portata dello sforzo che è necessario affinché l’istruzione si rinnovi in modo da accrescere il valore dell’investimento»;
    tali investimenti, insieme ad un maggiore sostegno del sistema di apprendimento permanente, consentirebbero di perseguire, nel contempo la mobilità sociale – che nel nostro Paese è sostanzialmente bloccata – nonché la realizzazione personale e lavorativa. Grazie ad un efficace sistema di apprendimento per tutta la vita sarà possibile promuovere equità, coesione sociale e cittadinanza attiva, anche al fine di incoraggiare la creatività e l’innovazione a tutti i livelli dell’istruzione, della formazione, della ricerca e dell’economia;
    la Relazione del Gruppo di lavoro in materia economico-sociale ed europea (il gruppo dei «saggi» istituito dal Presidente Napolitano nell’aprile 2013) indica tra le priorità la lotta agli squilibri tra le aree del Paese e tra le singole scuole, messi in evidenza, tra gli altri, dai test Invalsi, dai dati Ocse Pisa, dai rapporti sulla qualità della scuola italiana di Tuttoscuola e dalla Fondazione Agnelli. Ancora oggi il successo scolastico e formativo è condizionato dalle origini socio-economiche, tanto che la probabilità di essere in ritardo alla fine delle medie da parte di uno studente figlio di genitori con licenza media è quattro volte superiore a quella del compagno figlio di genitori laureati. I divari sociali di apprendimento e le disparità in particolare nella lettura, rischiano di compromettere il percorso scolastico, specialmente degli studenti di origine più svantaggiata, generando il grave fenomeno dell’abbandono e della dispersione scolastica, come dimostra anche l’alto numero di NEET (ragazzi senza scuola e senza lavoro) tra i 15 e i 29 anni;
    va crescendo la disparità delle scuole che presentano buoni rendimenti e quelle di minore qualità, dove tra l’altro vengono spesso indirizzati gli alunni di origine immigrata, anche se nati e cresciuti in Italia;
    i «saggi» nominati dal Presidente della Repubblica, in linea con la strategia europea, dedicano un’intera sezione al ruolo strategico dell’istruzione e in particolare evidenziano che «Tutte le analisi condotte sul tema della crescita economica indicano nella disponibilità di un capitale umano di qualità uno degli ingredienti fondamentali per sfruttare appieno le nuove tecnologie, per favorire l’innovazione e l’aumento della produttività. Di conseguenza, migliorare le performance dei sistemi di istruzione e formazione è fondamentale per assicurare nel medio termine una crescita economica in grado di riassorbire la disoccupazione e la sottoccupazione di cui è afflitto il nostro Paese»;
    il Presidente del Consiglio Enrico Letta, nel discorso con cui ha chiesto la fiducia al Parlamento, ha tra l’altro sottolineato come «la società della conoscenza e dell’integrazione si costruisca sui banchi di scuola e nelle università», impegnando il Governo a ridare entusiasmo e mezzi idonei agli educatori e riducendo il ritardo rispetto all’Europa nelle percentuali di laureati e nella dispersione scolastica;
    gli elementi e i dati che sull’argomento riguardano il nostro Paese sono particolarmente preoccupanti:
     secondo le classifiche internazionali, l’Italia presenta un forte deficit in termini di qualità del capitale umano rispetto ai principali paesi europei. Esso riguarda sia le competenze maturate dai giovani al termine della scuola dell’obbligo, sia la quota di laureati sulla popolazione. Inoltre, la formazione svolta dalle imprese è significativamente inferiore a quella tipica degli altri paesi europei;
     il tasso di abbandono scolastico in Italia è al 18,8 per cento a fronte di una media UE del 13,4 per cento e dell’obiettivo posto dall’Europa 2020 di ridurlo al 10 per cento; per quanto riguarda i laureati nella fascia di età tra i 30 e 34 siamo all’ultimo posto con il 20,3 per cento, molto lontani dalla media europea del 34,6 per cento e dall’obiettivo 2020 del 40 per cento;
     il rapporto annuale 2012 dell’ISTAT, fa emergere un vero e proprio allarme educativo. L’Italia ha un altro primato negativo in Europa: 2 milioni di giovani tra i 15 e i 24 anni non sono né a scuola, né al lavoro vivendo così in una condizione di vuoto a grandissimo rischio. Il dato cresce fino a 3,2 milioni se si apre la forbice fino ai 34 anni;
     i salari dei docenti delle scuole italiane sono tra i più bassi d’Europa. Secondo i dati Eurydice, che si riferiscono all’anno scolastico 2011-2012, un maestro in Italia guadagna al massimo 32.924 euro lordi, di media 26.359. In Gran Bretagna circa il 60 per cento in più. Un professore delle scuole medie guadagna all’anno da 24.131 euro a 36.157 (in media, 28.257). Un insegnante di liceo da 24.141 a 37.799 (la media è sotto i trentamila). Secondo il rapporto Education at a glance, lo stipendio di un docente italiano a fine carriera è di 4.000 dollari in meno rispetto alla media Ocse;
     nel sistema universitario, l’Italia coniuga tasse molto elevate (terza in Europa dopo UK e Paesi Bassi, che però vantano una spesa per studente quasi doppia) e il peggior sistema di diritto allo studio. Ottiene una borsa di studio solo il 7 per cento degli studenti, con 258 milioni di euro di fondi pubblici, contro il 25,6 per cento della Francia (1,6 miliardi), il 30 per cento della Germania (2 miliardi) e il 18 per cento della Spagna (943 milioni). In 5 anni il nostro dato è calato (-11,2 per cento), mentre è aumentato negli altri paesi (Francia +25,9 per cento, Germania +18,6 per cento, Spagna +39 per cento);
    va poi evidenziata come vera e propria emergenza la situazione dell’edilizia scolastica nel nostro Paese. Oltre il 50 per cento dei 42 mila edifici in cui vivono milioni di studenti e di operatori scolastici non sarebbe a norma e diecimila di essi dovrebbero addirittura essere abbattuti. Non è inoltre stata ancora completata l’anagrafe dell’edilizia scolastica. Su questa emergenza verrà avviata un’indagine conoscitiva in Commissione VII;
    si condividono le linee programmatiche che la Ministra Maria Chiara Carrozza ha illustrato nel corso della seduta congiunta delle VII Commissione permanenti di Camera e Senato, in linea con l’Europa, che «le politiche per l’istruzione, l’università e la ricerca sono di rilevanza strategica per il Governo. In particolare, il livello di istruzione e formazione ha un legame diretto con il tasso di sviluppo economico di una certa popolazione e di un certo paese in un dato momento storico. Tale legame è sempre esistito ma appare oggi ancora più forte per il rapido diffondersi dei nuovi modelli organizzativi e dell’uso delle tecnologie»;
    si apprezzano gli impegni contenuti nelle predette linee programmatiche relativamente alla cooperazione istituzionale tra lo Stato, le regioni e gli enti locali, nel quadro di una visione unitaria del sistema pubblico dell’istruzione, a partire dagli interventi urgenti sull’edilizia scolastica e alla piena attuazione dell’autonomia scolastica, al potenziamento e allo sviluppo dell’offerta formativa dalle sezione primavera alle scuole dell’infanzia, al tempo pieno e al tempo prolungato, all’istruzione superiore, all’alternanza scuola/lavoro e all’istruzione tecnica superiore, all’educazione degli adulti e all’educazione permanente, alle politiche per il personale con la valorizzazione professionale, la formazione in servizio, la stabilizzazione progressiva del personale precario e nuove norme di reclutamento per i giovani, l’avvio di un nuovo sistema di valutazione;
    secondo quanto previsto dai regolamenti attuativi delle riforme si sottolinea l’importanza di effettuare il monitoraggio sull’attuazione dei regolamenti ed in particolare per quanto riguarda i laboratori e la riduzione e l’accorpamento delle classi di concorso;
    si sottolineano anche gli impegni riferiti all’università, con particolare riferimento al ripristino di adeguati finanziamenti statali sia per le università che per la ricerca, insieme al definitivo sblocco delle assunzioni entro i limiti del bilancio degli atenei e degli enti di ricerca e il ripristino di livelli di autonomia responsabile degli atenei e degli enti;
    il settore dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica deve essere oggetto di un intervento diretto e urgente di riordino legislativo e di significativi investimenti finanziari con l’obiettivo di istituire un sistema unitario e integrato della formazione superiore post-secondaria che veda convivere con pari dignità e in pieno coordinamento tutte le istituzioni (università, politecnici, istituti universitari ad ordinamento speciale, accademie di belle arti, conservatori di musica, eccetera), ciascuna mantenendo la propria autonomia; in questo quadro vanno anche affrontati e risolti i delicati problemi degli istituti musicali pareggiati e quelli del personale del settore;
    si evidenzia inoltre la necessit à di nuovi investimenti per il settore della cultura: i beni culturali italiani sono una risorsa insostituibile e non delocalizzabile del patrimonio del Paese. Una parte importante del patrimonio culturale del nostro Paese è costituito da biblioteche e archivi che conservano, racchiusi in preziose raccolte di volumi e fondi documentari di estrema importanza, la memoria storica e collettiva della nazione. Occorre adeguare agli standard europei il sostegno dato alle fondazioni e istituzioni culturali, agli istituti di cultura e alle riviste culturali;
    dare riconoscimento, dignità, diritti, certezze, ai professionisti della cultura e della creatività poiché le politiche attive per la cultura e la creatività rappresentano una delle condizioni indispensabili per uscire dalla crisi valorizzando un patrimonio trascurato;
    la produzione e l’industria dello spettacolo dal vivo e del cinema italiani sono da considerare strategici per la ripresa del Paese e necessitano di adeguatezza progettuale, sia in termini di finanziamento, sia in termini di programmazione e di politica di interventi;
    il Ministro Bray nel corso dell’audizione alla VII Commissione della Camera e del Senato, illustrando le sue linee programmatiche, ha indicato le nuove politiche culturali in discontinuità rispetto al passato ed ha opportunamente ribadito che: «la cultura è un bene comune e un diritto. La tutela, lo sviluppo e la diffusione dei beni, delle attività e dei valori della cultura si collocano necessariamente al centro degli obiettivi di crescita economica, civile e sociale del nostro Paese. La cultura costituisce un bene comune di straordinaria ricchezza e complessità, che in tutte le sue diverse manifestazioni deve essere protetto e potenziato»,

impegna il Governo

   a portare gradualmente l’investimento per l’istruzione e la formazione almeno al livello medio dei paesi Ocse (5,7 per cento del PIL), tornando ad investire sulla conoscenza per garantire a tutti pari opportunità di apprendimento e di educazione e per promuovere una nuova crescita economica dell’Italia;
   ad agire altresì attivando processi di miglioramento della qualità a partire dalle risorse interne della scuola e dell’università;
   a definire un piano pluriennale, utilizzando l’anagrafe dell’edilizia scolastica come strumento di analisi del sistema e di programmazione degli interventi, per la sicurezza, messa a norma, l’efficienza e l’ecosostenibilità energetica, l’abbattimento delle barriere architettoniche, la dotazione di infrastrutture digitali del patrimonio scolastico, concordato e cofinanziato tra lo Stato, le regioni e gli enti locali, anche prevedendo la deroga al Patto di stabilità; sostenere l’approvazione urgente della proposta di legge finalizzata a destinare una quota dell’otto per mille del gettito Irpef;
   ad attuare pienamente il percorso dell’autonomia scolastica in modo da rendere le scuole, nell’ambito del sistema nazionale unitario dell’istruzione, in grado di essere riconosciute anche in base ai parametri europei come vere istituzioni autonome, favorendo, secondo quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999, il raccordo con il territorio, gli enti locali, le associazioni di categoria, le università, gli enti di ricerca, i musei, le imprese, favorendo anche la formazione di reti di scuole. A tal fine risultando particolarmente importante l’attuazione dell’articolo 50 del decreto-legge n. 5 del 2012 con l’assegnazione, almeno triennale, dell’organico funzionale ad ogni istituzione scolastica, anche a livello di reti di scuole;
   a sostenere l’autonomia delle scuole attraverso una programmazione certa dei finanziamenti, attraverso la definizione di un budget triennale, l’erogazione annuale tempestiva di fondi e il ripristino del Fondo d’istituito e dei finanziamenti originariamente previsti dalla legge n. 440 del 1997;
   ad attivare, rafforzare e migliorare, nell’ottica della valorizzazione dell’autonomia scolastica, il sistema nazionale di valutazione, che affiancando e sostenendo le scuole possa consentire l’affermazione della cultura della valutazione e dell’autovalutazione, qualitativa e quantitativa, al fine di definire gli obiettivi, verificare i risultati, individuare le criticità e le azioni per migliorare i risultati, in modo da dare a tutti gli studenti le stesse opportunità di apprendimento e di successo scolastico;
   a potenziare il tempo pieno e il tempo prolungato nella scuola primaria e nella scuola secondaria di II grado e ad attuare pienamente l’obbligo scolastico a 16 anni e il diritto-dovere alla formazione fino a 18 anni;
   a continuare il rilancio dell’istruzione tecnica e professionale e l’alta formazione tecnica (ITS) con la realizzazione di programmi e progetti atti a facilitare l’alternanza scuola-lavoro, i tirocini e l’apprendistato, al fine di realizzare forme innovative e laboratori, attraverso un opportuno coordinamento tra istituti scolastici, imprese, enti locali e regioni, università ed enti di ricerca per favorire la crescita;
   a definire un piano pluriennale per l’immissione in ruolo del personale precario, per dare certezza e stabilità alle scuole, prevedendo la stabilizzazione dei posti attualmente vacanti e coperti con incarichi annuali compresi quelli destinati agli insegnanti di sostegno e quelli necessari per gli organici funzionali; parallelamente curare il reclutamento di giovani laureati, rivedendo e semplificando le modalità concorsuali e l’individuazione degli esaminatori;
   ad intervenire a favore dei lavoratori della scuola della cosiddetta «quota 96», favorendo per quanto di competenza un rapido iter della proposta di legge AC 249 già assegnata alla XI Commissione permanente della Camera, consentendo così nuove assunzioni e favorendo l’allineamento all’Europa per quanto riguarda l’età anagrafica dei docenti;
   a favorire per quanto di competenza un rapido iter della proposta di legge che modifica la norma, introdotta con la «spending review» (articolo 14, comma 13, legge 135 del 2012), definendo un piano per un adeguato utilizzo del personale inidoneo, tenendo conto delle effettive condizioni di salute e delle competenze acquisite nonché, per coloro che lo richiedono e hanno i requisiti applicare l’istituto della dispensa;
   a sviluppare il piano di innovazione digitale e di formazione del personale non solo docente delle scuole, senza il quale qualunque nuova apparecchiatura rischia di rimanere inutilizzata, indirizzo che va anche nella direzione di ridurre la dispersione scolastica, creando una didattica più laboratoriale e di introdurre nella scuola un utilizzo critico dei media;
   a elaborare un piano straordinario finalizzato a riconoscere il ruolo sociale e a dare il giusto valore al personale della scuola, a partire dagli insegnanti, avviando una nuova stagione con il rinnovo del contratto di lavoro sia con la previsione dell’aumento dei salari che con la definizione di incentivi legati alla professionalità e all’impegno profuso nel migliorare la qualità e la sperimentazione di innovazione della didattica, tale valorizzazione va collegata anche alla formazione in servizio, e a una rendicontazione sociale dei risultati;
   a sostenere il percorso di internazionalizzazione e di mobilità di studenti e del personale, nell’ottica dell’implementazione della strategia UE 2020 e finalizzato alla creazione di uno spazio europeo della conoscenza e della mobilità;
   a riprendere il percorso di riforma dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica, seguendo la linea strategica indicata in premessa di istituire un sistema unitario e integrato di tutta la formazione superiore post-secondaria e affrontare e risolvere i delicati problemi degli istituti musicali pareggiati e del relativo personale;
   a ripristinare i 300 milioni di euro a valere sull’FFO delle università statali alle università e i 51 milioni agli enti di ricerca e comunque a varare un programma graduale di investimenti che porti l’Italia a rispettare gli obiettivi previsti dalla Strategia UE 2020;
   ad intervenire affinché siano sbloccati le assunzioni ed il turn over, entro un quadro di sostenibilità economica dei bilanci universitari e riequilibrando il personale tra le varie fasce docenti, garantendo possibilità di carriera a tutti coloro che lo meritano;
   a destinare al tema della contribuzione studentesca universitaria e del diritto allo studio universitario un’attenta e strategica riflessione complessiva e, di conseguenza, ad adottare un nuovo quadro organico di provvedimenti legislativi e di investimenti finanziari statali, allo scopo di sostenere gli studenti universitari capaci e meritevoli le cui famiglie non sono in grado di sostenere i costi di formazione superiore e di mantenimento agli studi affinché i loro talenti possano liberamente esplicarsi nei tempi, nei modi e nei luoghi da loro scelti e così si contribuisca a riattivare la mobilità sociale per rendere la società italiana più equa e fiduciosa;
   a migliorare il sistema di valutazione dell’università e della ricerca, a partire dal ruolo dell’ANVUR, semplificando i vincoli burocratici in direzione di una piena responsabilizzazione in tutte le istituzioni, da incentivare anche con opportuni finanziamenti premiali aggiuntivi rispetto a quelli ordinari;
   a perseguire l’obiettivo di portare progressivamente la spesa pubblica per la cultura ai livelli europei, considerando la cultura un investimento fondamentale per la crescita e lo sviluppo;
   ad avviare un piano di investimenti pluriennali per la tutela dei beni culturali non limitandosi ad interventi straordinari e urgenti;
   a individuare nel settore della cultura strumenti di programmazione certi che consentano un utilizzo più efficiente ed efficace delle risorse a partire dalla riorganizzazione dei finanziamenti straordinari;
   ad avviare una politica di monitoraggio della spesa pubblica e privata in ambito culturale in grado di quantificarne il volume e di definire qualità ed efficacia degli investimenti per la realizzazione della missione pubblica;
   a rilanciare il settore dei beni culturali, rendendo più stabili anche i contributi delle istituzioni di cultura tutelate dal Ministero che hanno un forte ruolo di riferimento per la ricerca e di formazione all’interno della società.
(1-00091) «Coscia, Centemero, Santerini, Ghizzoni, Ascani, Blazina, Bonafè, Bossa, Carocci, Coccia, D’Ottavio, La Marca,Malpezzi, Manzi, Malisani, Narduolo, Orfini, Pes, Piccoli Nardelli, Raciti, Rampi, Rocchi, Zampa, Gelmini, Galan, Lainati, Longo,Palmieri, Petrenga, Abrignani, Capua, Molea, Vezzali, Biondelli, Antezza, Amoddio, Piccione».

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