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"Violenza sulle donne Il 30 per cento colpite da compagni o ex", di Anna Meldolesi

La violenza contro le donne è un’emergenza globale. Lo dice una ricerca dell’Organizzazione mondiale della sanità su abusi sessuali e costi sociali.
Vittime. I dati si basano sull’analisi di 141 ricerche compiute in 81 Paesi e comprendono costi economici e sociali. Indicano che il 35% delle donne è costretto a subire forme di violenza. La più comune è perpetrata da mariti, fidanzati o ex compagni. Ne risulta vittima il 30% delle donne.
Lavoro. La Banca d’Italia ha diffuso intanto uno studio sulla condizione femminile con particolare riguardo al mercato del lavoro: i cambiamenti ci sono, ma sono ancora pochi e lenti.

Dati affidabili non ce n’erano, ora ci sono, e dicono che la violenza contro le donne è una questione strutturale globale. «Un problema sanitario di dimensioni epidemiche», lo ha definito ieri il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità Margaret Chan, presentando il più grande studio mai fatto sugli abusi fisici e sessuali subiti dalle donne in tutte le regioni del pianeta.
Questi i dati più impressionanti emersi dall’analisi di 141 ricerche effettuate in 81 Paesi. Il 35% delle donne subisce nel corso della vita qualche forma di violenza. La più comune è quella perpetrata da mariti e fidanzati. A esserne vittime sono ben il 30% delle donne. E ancora: il 38% di tutte le donne uccise muore per mano del partner, certifica l’Oms che per l’occasione ha lavorato insieme alla London School of Hygiene & Tropical Medicine di Londra e al South African Medical Research Council. Il 42% di coloro che hanno subito violenze fisiche o sessuali da uomini con cui avevano avuto una relazione intima ha riportato danni alla salute. Sono tante, troppe per pensare che siano diverse da noi, queste madri, sorelle, figlie, lavoratrici. Troppe anche per pensare che il problema riguardi i singoli anziché la politica, le istituzioni, la collettività.
Quello che non sappiamo è come il fenomeno stia evolvendo nel corso del tempo: «È la prima volta che i dati sono compilati in modo rigoroso e sistematico, perciò non abbiamo termini di paragone. Il rapporto mostra che i livelli di violenza sono molto alti ovunque. Dobbiamo concentrarci sulla prevenzione e sulle risposte da dare su scala internazionale, nazionale, locale», ha detto al «Corriere della Sera» Jenny Orton, dell’istituto londinese.
Appena la scorsa settimana la rivista medica «Lancet» aveva pubblicato uno studio firmato da un’altra partnership internazionale, secondo cui una donna su sei tra coloro che si fanno curare per delle fratture ha subito violenze domestiche nell’ultimo anno. A quasi nessuna di queste 3.000 donne, prima di allora, un medico aveva mai fatto domande su eventuali abusi subiti dal partner. Questa situazione deve cambiare, ha ammonito l’Oms, presentando apposite linee guida per gli operatori sanitari. L’impatto degli abusi sulla salute, aggiunge l’organizzazione di Ginevra, comprende anche depressione e alcolismo, che sono due volte più probabili in chi ha subito violenze dal partner. Le infezioni sessualmente trasmissibili sono una volta e mezzo più probabili. Il ricorso all’aborto due volte maggiore, mentre i bambini che vengono fatti nascere sono meno sani.
Non vengono rilasciati dati scorporati, divisi per singoli Paesi, ci conferma una delle studiose coinvolte, ma la classifica delle violenze domestiche è guidata da Asia sudorientale, Paesi arabi del Mediterraneo e Africa, tutti con percentuali intorno al 37%. In Europa va meglio, ma non abbastanza: oltre 25 donne su cento sono abusate fisicamente o sessualmente dai partner.
Le sofferenze non hanno prezzo, ma se si potesse conteggiare il danno economico annuale della violenza domestica globale sarebbe enorme, considerato che Inghilterra e Galles da sole stimano un costo di 15 miliardi di sterline. I dati non sono ancora esaustivi, il quadro delle variazioni regionali comunque identifica almeno in parte le radici del fenomeno e suggerisce le contromisure. Proteggere i bambini dalle violenze aiuta a farne degli adulti migliori. L’istruzione femminile secondaria è correlata a una maggior sicurezza. Quanto al lavoro femminile retribuito, l’influenza dipende dal contesto geoculturale, spiegano su «Science» i ricercatori che hanno lavorato con e per l’Oms. Nell’immediato una donna che inizia a lavorare può essere più a rischio, soprattutto se ha un partner disoccupato, che si sente minacciato dalla sua indipendenza. Nel lungo periodo però l’emancipazione è benefica.
Oltre ad aiutare le vittime, c’è un grande lavoro di educazione e sensibilizzazione da fare, che passa anche per le riforme del diritto familiare e la lotta a tutte le disparità di genere. L’obiettivo è rendere le violenze sulle donne sempre meno accettabili socialmente. Un dato infatti è chiaro: anche al netto del grado di sviluppo economico dei Paesi, gli abusi fisici e sessuali sono più diffusi là dove, per affermare l’autorità maschile all’interno della coppia, le norme culturali tendono a giustificare il ricorso alla forza.

Il Corriere della Sera 21.06.13