attualità, lavoro, politica italiana

Camusso: «Difendere le istituzioni. Berlusconi suscita orrore», di Rinaldo Gianola

«Siamo agli ultimi giorni di Pompei, c’è Berlusconi invece del vulcano». Susanna Camusso, leader della Cgil, trova una battuta amara parlando con l’Unità appena dopo la notizia delle dimissioni dei ministri Pdl dal governo. «Questa decisione conferma che la destra è pronta a sacrificare tutto per l’interesse personale di Silvio Berlusconi. Non c’è alcuna ragione di governo, ma solo la volontà di rompere. Viene prima Berlusconi e poi tutto il resto, con disprezzo verso il Paese, le istituzioni democratiche, le persone che soffrono. Mi allarma la disinvoltura con cui si ignorano volutamente le difficoltà delle imprese, dei lavoratori».
Camusso,c’è la crisi di governo, nata dalla necessità di salvare il condannato Silvio Berlusconi. Cosa ne pensa? «La Cgil e tutto il sindacato sono ovviamente molto preoccupati. La crisi scoppia mentre si provava con grande fatica a ridare un po’ di smalto al Paese, si tentava di risollevarlo dagli effetti di una crisi lunga e devastante. Invece, niente. Vincono ancora gli interessi personali, individuali. Perché in una logica politica populista quello che conta è il destino del capo, gli altri non valgono nulla»

Cosa teme da questo corto circuito politico e di governo? «La crisi drammatizza due elementi. Primo: aggrava gli effetti della crisi pluriennale sulle famiglie che, mese dopo mese, hanno visto moltiplicarsi le difficoltà per la perdita del lavoro, la caduta del reddito, il deterioramento delle condizioni di vita. Secondo: l’attacco alle istituzioni è intollerabile, la progressione degli insulti e delle offese alla presidenza della Repubblica, alla magistratura, al Parlamento ha da tempo superato il livello di guardia. È bene ribadire oggi che non è nella potestà di nessuno, né dei partiti, né di singoli leader, attaccare e piegare ai loro interessi le istituzioni democratiche. Il problema vero non è quello della decadenza di Berlusconi, la questione più grave per la nostra democrazia è che un leader politico, un personaggio pubblico come Berlusconi non ha sentito il dovere di dimettersi dopo la condanna ».

Vede un pericolo per la stabilità politica, delle istituzioni del Paese? «Vedo gli attacchi di Berlusconi e dei suoi: mi fanno orrore. Noi siamo figli della Liberazione, del sacrificio del popolo italiano, siamo cittadini fedeli alla Costituzione. Non si possono più accettare queste minacce».

Rischiamo di restare senza governo. Ci toccherà rimpiangere le larghe intese e l’esecutivo Letta? «Abbiamo molte critiche e perplessità sull’azione del governo Letta. Ma la sua caduta interrompe un tentativo di discussione, di elaborazione, in cui noi sindacati abbiamo presentato alcune proposte importanti, di un progetto diverso per uscire dalla crisi. La nostra urgenza è trovare una via d’uscita veloce al modello dell’austerità come politica economica, un’alternativa al liberismo e definire un rinnovato intervento pubblico. Sono temi che stanno discutendo i nostri vicini in Europa, persino in Germania, dopo la vittoria di Angela Merkel, le questioni aperte sono queste. Come è possibile riprendere la strada dello sviluppo, del lavoro, della redistribuzione del reddito, dell’equità, senza ammazzare i cittadini di sacrifici? Proviamo a pensarci e ad agire».

Cosa fa il sindacato, cosa farete, davanti alla crisi politica che potrebbe essere lunga e di difficile soluzione? «Nel direttivo Cgil dei giorni scorsi abbiamo definito questa situazione “la tempesta perfetta”, perché la crisi di governo si combina con i nodi irrisolti del Paese: la mancanza di politica industriale, la questione delle reti, la tutela e lo sviluppo di attività strategiche. Penso a Telecom Italia, al destino di Finmeccanica, ad Alitalia. Non c’è alcun dubbio che questi sono i fronti su cui combatteremo. Partiamo da qui, da queste imprese, da questi settori per cercare di cambiare la stagione dell’economia».

Però siamo riusciti a dare il controllo di Telecom agli spagnoli di Telefonica per 800 milioni di euro, un capolavoro. «E non è finita. Sento ancora dibattiti astrusi sulla rete di accesso. Vorrei ricordare che nessun Paese europeo ha separato la rete dalla compagnia di telecomunicazioni, vorrei aggiungere che nella liberissima Olanda il governo ha imposto “l’azione d’oro” quando un miliardario messicano ha pensato di comprarsi la rete. Francia e Germania, nostri amici e concorrenti, non hanno mai pensato di rinunciare a una grande compagnia aerea nazionale, di lasciarla ad altri, perché hanno ben chiaro che da queste imprese dipende la connettività dei loro Paesi col mondo. Su Finmeccanica vorrei solo dire che siccome parliamo di importantissimi sistemi industriali integrati, strategici per il futuro del Paese, nessuno pensi di poter far cassa trascurando l’opposizione dei lavoratori e dei sindacati ».

La crisi di governo, però, ha fatto scattare l’aumento dell’Iva, così rispetteremoil tetto del deficit al 3%. «È un risultato che ne porta un altro, drammatico. L’aumento dell’Iva è uno schiaffo a chi paga i beni di consumo già di più in proporzione rispetto al reddito. Da questo aumento non saranno certo colpiti i redditi elevati, i ricchi sempre più ricchi non fanno fatica. Pagano, invece, le famiglie, i pensionati, i cittadini con redditi bassi che fanno già fatica a fare la spesa. Abbiamo tolto l’Imu anche alla prima casa dei miliardari e aumentiamo il costo dei beni di prima necessità. È folle: così si tutela solo il privilegio dei più ricchi».
Quali sono i sentimenti dei lavoratori in giro per il Paese? «Incontro lavoratrici e lavoratori davanti alla fabbriche preoccupati e intimoriti. Temono di non riuscire a difendere il loro futuro, i loro figli. C’è chi cerca nella soluzione individuale la strada per superare le difficoltà, ma purtroppo non funziona. La paura porta a rinchiudersi. Dopo tutti questi anni di crisi, di chiusure, di licenziamenti vediamo come la rassegnazione sconfini nella rabbia. Bisogna fare un grande sforzo per mantenere in essere i legami sociali, delle comunità, del lavoro, la solidarietà verso chi ha pagato un prezzo altissimo alla crisi. Il sindacato, nonostante tante critiche, mantiene un ruolo importante».

Camusso, poniamo il caso che si vada a votare presto. «Così no. Spero almeno in un soprassalto di responsabilità da parte di tutti i partiti per approvare una nuova legge elettorale. La maggioranza che sostiene questo governo si era impegnata a varare la riforma elettorale. Andare al voto con questa legge non risolverebbe nulla».

Andiamo alle urne, cosa vorrebbe chiedere alla sinistra? «La sinistra ha commesso molti errori. Spero che, per ritrovare una radicata presenza e una diffusa partecipazione democratica, chi si è lasciato affascinare dal leaderismo individuale e dai partiti personali abbandoni queste tentazioni. Abbiamo bisogno di condividere obiettivi e valori, vorrei che la riduzione delle diseguaglianze fosse la priorità di un programma politico progressista. Non ci si può presentare agli elettori dicendo per prima cosa che si rispetterà il tetto del 3% del deficit e stop. Bisogna avere coraggio, proporre grandi investimenti, ridare allo Stato un ruolo attivo, seguire i patti europei ma con maggiore giustizia sociale nelle azioni di governo».

Come usciamo da questa emergenza? «Il momento è molto difficile. Ma non dobbiamo farci intimidire dall’aggressione e dagli insulti, le istituzioni democratiche si difendono con determinazione. Bisogna avere la forza di reagire, non si possono sempre subire le minacce. Reagire. Questa è anche la condizione fondamentale per far ripartire il Paese».

L’Unità 29.09.13