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“La militanza non esiste più ora l’impegno è occasionale”, di Paolo Rigi

Le iniziative culturali, del «loisir» e sportive sono gli ambiti cui più volentieri partecipano gli italiani. Tuttavia non disdegnano di impegnarsi anche nelle problematiche relative al territorio in cui vivono, piuttosto che nel volontariato sociale.
Meno frequentate, invece, le attività legate alla politica, alla protesta o ai temi della Pace. Prendono parte maggiormente a queste attività, in generale, la componente maschile, i più giovani (fino a 34 anni) e i più adulti (oltre 55 anni), chi risiede nel Nord Est, chi fa un lavoro in proprio, i pensionati e gli studenti. Soprattutto, il nucleo dei cosiddetti «militanti» che si dedica esclusivamente alle attività di un’associazione è una quota marginale (0,8%), mentre numericamente più consistenti sono coloro che partecipano non in modo esclusivo (interessati: 21,6%) o solo saltuariamente (occasionali: 68,5%).
È questa la mappa sull’impegno sociale e il profilo di chi partecipa alle loro attività, secondo la ricerca Community Media Research – Questlab per La Stampa.
La graduatoria Un primo aspetto d’interesse proviene dagli ambiti tematici della partecipazione. Le manifestazioni culturali (59,3%) assieme a quelle dello sport (52,1%) risultano collocarsi in cima alle preferenze degli italiani. Se questo secondo ambito d’attività è tradizionalmente quello più frequentato, è interessante sottolineare come il variegato mondo delle iniziative culturali costituisca un polo di attrazione assolutamente significativo.
Evidentemente, esiste una domanda diffusa – in senso ampio – di cultura, di approfondimento o anche solo estetica che richiede nuovi percorsi e nuovi approcci. Basti solo rinviare ai successi crescenti delle mostre, o al moltiplicarsi delle occasioni dei festival su diversi argomenti.
Non molto distanti, incontriamo poi la partecipazione alle iniziative legate ai problemi dell’ambiente e della salute (49,2%), ai mondi del volontariato sociale (49,1%), al territorio o alle città in cui si vive (40,9%): dunque, ambiti d’impegno legati alla valorizzazione o alla difesa del proprio ambiente, alla costruzione di reti di solidarietà.
Seppure di altra modalità, tuttavia è interessante osservare come una quota rilevante di cittadini si impegni attivamente in iniziative come le sagre o le feste paesane (44,3%). Attività che negli anni recenti si sono assai diffuse sul territorio e, seppure con valenze diverse, non per questo risultano meno importanti nella costruzione del capitale sociale. Più spesso, infatti, si tratta di iniziative volte a raccogliere fondi per le comunità locali, fino a quelle di rievocazione storico e di recupero delle tradizioni.
Se escludiamo quanti partecipano ad associazioni di carattere professionale o di categoria (30,4%), l’ambito della politica in senso generale è quello meno frequentato, benché circa un terzo (35,6%) degli interpellati abbia partecipato a iniziative promosse da partiti o movimenti politici. Ciò non significa che siano militanti: si tratta di cittadini che per interesse personale hanno assistito ad alcune di queste occasioni.
Lo fanno 9 su 10 Solo un decimo degli intervistati (9,1%) dichiara di non aver partecipato ad alcuna iniziativa nell’arco dell’ultimo anno. Quanti restano ai margini di quest’aspetto della vita sociale sono soprattutto la componente femminile (12,5%), le fasce d’età più attive sul lavoro (da 35 a 44 anni: 15,0%; da 45 a 54 anni: 12,8%), i dirigenti e i tecnici (19,4%) e le casalinghe (16,2%).
Quindi, le fasce centrali della popolazione più impegnate sul lavoro, le donne e le casalinghe hanno minori occasioni di sperimentare una partecipazione attiva.
Se una quota analoga (11,3%) è entrato in contatto con una sola iniziativa, è interessante osservare come siamo in presenza di un fenomeno di partecipazione diffusa e, di conseguenza, meno continuativa nel tempo. Si partecipa molto, ma si aderisce poco. In altri termini, esiste un fenomeno di pendolarismo associativo, dove una parte rilevante della popolazione transita in più luoghi, non necessariamente vicini tematicamente, sulla base di specifiche istanze o interessi.
Così, nell’ultimo anno il 32,4% ha frequentato da due a quattro iniziative e ben il 47,1% più di cinque. Da un lato, la molteplicità dell’offerta associativa e di occasioni spinge le persone a scegliere di volta in volta ciò che attrae o interessa maggiormente. Dall’altro, diventa più difficile catturare l’attenzione e un impegno per lungo tempo, perché le progettualità individuali oggi si fanno più corte e più orientate pragmaticamente.
I profili di chi si mobilita Il fenomeno del pendolarismo associativo, si rispecchia anche nel profilo dei partecipanti. Come già detto, circa un decimo degli intervistati non partecipa ad alcun ambito associativo («Assenti»: 9,7%). La quota prevalente (68,5%) ha una partecipazione «occasionale», ovvero circa una volta l’anno. Gli «interessati» (partecipano almeno 2-3 volte l’anno) rappresentano il 21,6%. Infine, i «militanti» (partecipano tutti i mesi) costituiscono una quota largamente marginale (0,8%).
Dunque, le associazioni possono contare su bacini sempre più ristretti di persone che stabilmente prestano la loro opera. Per converso, cresce il noverodi persone aggregabili su azioni specifiche o su iniziative particolari, sia sotto il profilo tematico chedel tempo.
Sono questi i tratti principali delle nuove forme di partecipazione. Il livello di identificazione e di appartenenza esclusivo a una sola associazione (militanti) tende a ridursi, mentre cresce la quota di quanti partecipano attivamente, ma non in modo continuativo (interessati).
Più ampio è, poi, il numero di persone che si mobilita, ma sporadicamente (occasionali) e su un numero plurale di occasioni associative. Quindi, la cifra della partecipazione è caratterizzata da una minore appartenenza esclusiva, ma per converso da una partecipazione plurale e con identificazioni parziali.

La Stampa 30.09.13