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“La rivolta dei senatori 5 Stelle. E Grillo finisce in minoranza”, di Claudia Fusani

Un leader politico delegittimato. E un guru commerciale che comincia a essere sospettato di eccesso di cinismo. Qua e là il dubbio che Grillo e Casaleggio, in costante tensione elettorale, annusino l’aria e abbiano capito che stavolta i voti i Cinquestelle li possono raccattare più a destra che a sinistra. Dove l’iniziativa di abrogare il reato di immigrazione clandestina risulta indigeribile. Nonostante le cronache di tragedie quotidiane. È quello che rimane nelle riflessioni dei cittadini-parlamentari pentastellati il giorno dopo la sconfessione pubblica, via blog, di Grillo e Casaleggio dei senatori Cinquestelle che hanno avuto l’idea di cancellare il reato di immigrazione clandestina trovando l’appoggio politico di Pd, Scelta civica e Socialisti.
Giovedì sera l’assemblea parlamentare dei grillini è stata più veloce del previsto, prima delle 23 tutti a casa, tre ore scarse. Nessuno strappo interno e totale sostegno all’emendamento di Andrea Cioffi e Maurizio Buccarella. Semmai il giorno dopo emergono «stupore» per un leader politico «che esterna senza sapere come hanno lavorato le sue truppe». E «posizioni diverse», per non dire «ideali opposti» rispetto al Grillo pensiero. Per evitare dannose piazzate, l’assemblea non ha votato e ha rinviato a un incontro con Grillo e Casaleggio che avverrà «entro la prossima settimana» (è probabile venerdì) e nella solita «località segreta» perché i panni sporchi vanno lavati in casa e in un orario che non danneggi l’attività parlamentare. Ma l’incontro di cui sopra rischia di arrivare troppo tardi. Non tanto perché il provvedimento che cancella il reato di immigrazione clandestina possa diventare legge prima di venerdì. Bensì perché la cronaca incalza, il canale di Sicilia consegna cadaveri e barconi di disperati. E i Cinquestelle non possono permettersi di indugiare su un provvedimento come questo per le bizze e/o i ripensamenti del Capo.
Insomma, stavolta Grillo sembra averla fatta grossa. E la sua ossessione di stare «contro» e «fuori da tutto» (voto contrario anche ieri mattina sulla legge contro il femminicidio) rischia di diventare insostenibile per i parlamentari. Soprattutto per i senatori, la squadra che ha perso più pezzi in questi sette mesi di legislatura (cinque su 53, tre di loro Anitori, De Pin, Gambaro, da ieri hanno dato vita a una nuova componente nel gruppo misto, il Gap, gruppo azione popolare). Andrea Cioffi è tra i più integralisti tra i grillini. Eppure non ha avuto dubbi nello smentire pubblicamente il suo leader. «Sono sereno perché l’emendamento è stato condiviso da tutti i senatori», ha detto mostrando il verbale della riunione a palazzo Madama. S’aggira una domanda. Più che pertinente: «Come mai Grillo non ne sapeva nulla visto che un suo uomo fidatissimo come Claudio Messora è responsabile comunicazione proprio qui al Senato?».
TUTTI DISSIDENTI
Cioffi e Buccarella non mollano il punto. Non hanno cioè alcuna intenzione di ripensarci. Così i loro colleghi senatori sembrano delle stessa idea. «Prima di essere un parlamentare sono un attivista e quindi una persona. Voto secondo le indicazioni dei cittadini ma penso in proprio, secondo coscienza», scrive su Facebook il senatore Francesco Campanella. Che continua: «È criminale respingere donne e uomini che cercano di fuggire da fame, guerra, malattie. Non cercate di mettere poveri contro poveri. Chi impoverisce i nostri cittadini non sono i migranti ma i billionairs che si stanno arricchendo anche adesso mentre i nostri giovani emigrano». Ancora più chiara la senatrice Elisa Bulgarelli, che boccia l’assemblea dell’altra sera come «un’occasione sprecata», il momento per affrancarsi dal Capo. Avanti con l’emendamento e appoggio ai colleghi, ma, dice, «avrei preferito una discussione più aperta per arrivare a una decisione a fine riunione. Invece ci siamo limitati ad avallare la scelta di aspettare il confronto promesso con Beppe Grillo, troppo poco».
Quello che ha fatto infuriare i senatori grillini è stato il contenuto e il tono dei due post di Grillo. «Sicuramente promette decisa Bulgarelli chiederò spiegazioni su una frase del post che non condivido: quella sulle percentuali di voto da prefisso telefonico. Il Movimento 5 Stelle non è mai andato a caccia del consenso elettorale fine a se stesso. Mai. Lo aveva ribadito lo stesso Grillo la scorsa primavera, quando i sondaggi ci davano in calo». Contestare il capo è esercizio di democrazia. Finora nei Cinquestelle ogni divergenza è stata punita. Con l’espulsione e la messa al bando. Questa volta sembra un po’ difficile. Si ribella anche un altro purista di Grillo, il senatore Mario Giarrusso. «Il post di Grillo è inesatto dice perché dice che i senatori non sapevano quando invece tutti noi sapevamo. Il fatto è che nessuna persona intelligente può pensare che una multa di 3-4 mila euro, fatta a una persona nullatenente costituisca un deterrente a non venire in Italia». Un Capo quindi, non solo poco informato ma anche ideologico. Perché? E per conto di chi?
Critica persino un fedelissimo come Alessandro Di Battista: «Quello di Grillo è stato un post eccessivamente di pancia». E si ribella il senatore Luis Orellana, un tempo in predicato per diventare capogruppo: «Inopportune posizioni autoritarie fanno perdere autorevolezza. Peccato». Un tweet che ha il sapore del rimpianto.

L’Unità 12.10.13