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“L’ultima arma della nostra epoca”, di Bernardo Valli

La sorveglianza elettronica è la grande arma della nostra epoca. È l’inafferrabile sistema planetario che raggiunge e spia gli angoli più segreti degli avversari e i più riservati degli alleati. Non c’è distinzione tra amici e nemici. Al tempo stesso ha come obiettivi naturali le nostre vite familiari, sebbene siano estranee alle tenzoni politiche e ai segreti industriali. Per i servizi di intelligence è uno strumento impareggiabile, che rende in parte obsoleti gli eserciti tradizionali, destinati allo sfoltimento. Per i paesi avanzati i conflitti non sono più gli stessi.
Ma la sorveglianza elettronica non riguarda soltanto il militare, si insinua nelle nostre esistenze private, intime, e quindi colpisce i nostri diritti democratici. L’uso dell’orecchio elettronico, il cui valore è immensamente cresciuto in seguito all’11 settembre di New York, è diventato un’insidia perché non ha ancora trovato un equilibrio tra sicurezza, libertà pubblica e privata e diritto all’informazione. Le innovazioni possono essere creatrici e temibili. In questo caso rappresentano un’efficace arma contro il terrorismo e i traffici illeciti: e al tempo stesso una minaccia alla libera concorrenza economica, oltre che alla privacy di noi liberi cittadini. Dopo i tedeschi e i brasiliani, che sono stati i primi a reagire alle rivelazioni di Edward Snowden, ex impiegato della Cia e della Nsa (l’Agenzia nazionale di sicurezza americana), adesso i francesi esprimono ufficialmente la loro indignazione e chiedono spiegazioni agli Stati Uniti per l’intrusione nel loro spazio nazionale, al fine di spiare personalità politiche, privati cittadini e anzitutto, sembra, aziende industriali.
Tra alleati non si dovrebbe fare. Ma lo si fa. Parigi non l’ignorava. Sono state le dettagliate rivelazioni del quotidiano Le Monde a costringere il primo ministro a reagire e il ministro degli Esteri a convocare d’urgenza l’ambasciatore americano. La tardiva, improvvisa mobilitazione, chiaramente provocata, imposta, dalle notizie della stampa, mette in rilievo la lunga discrezione di Parigi, di solito suscettibile, orgogliosa, per tutto quel che riguarda la sovranità nazionale. In questo caso non ha avuto fretta. La perplessit à degli uomini di governo occidentali (compresi quelli italiani) di fronte al sistema di spionaggio elettronico cui sono sottoposti, è senz’altro all’origine del loro singolare, insolito comportamento, del loro ritardato riflesso. Si possono elencare tanti stati d’animo. La timidezza di fronte alla super potenza; il complesso di inferiorità davanti alla superiorità tecnologica del grande alleato; la complicità subalterna. Nel caso inglese è evidente la collaborazione. Nel resto dell’Europa è facile richiamarsi a George Orwell, al suo immaginario Statod’Oceania,sucuidomina l’invisibile Grande Fratello. Il quale ti tiene d’occhio in ogni momento e tu ti sottometti. Ma non è questo il rapporto tra le due sponde dell’Atlantico.
Il passaggio dalla fiction orwelliana alla realtà americana, tanto più se si verifica tra alleati, tra società amiche, non può che creare, comunque, un profondo malessere. Snowden, il rivelatore del sistema di ascolto elettronico, ha parlato del «più vasto programma di sorveglianza arbitraria della storia umana». In giugno, il
Guardianha rivelato che la Nsa aveva ricevuto (dall’operatore telefonico Verizon) intercettazioni riguardanti parecchi milioni di americani, nel quadro di un’ordinanza giudiziaria segreta. Più tardi è emerso che (grazie al programma Prism) sempre la Nsa aveva avuto dal 2007 il privilegio di ottenere i dati di nove grandi imprese americane di Internet, tra le quali Google, Facebook e Microsoft. Un altro metodo di intercettazione ha permesso e permette di prelevare dati attraverso i cavi sottomarini, lungo i quali transita il 99 per cento delle comunicazioni mondiali. Dai documenti verificati dal quotidiano parigino risulta che in un solo periodo di trenta giorni, dal 10 dicembre 2012 all’8 gennaio 2013, sono state registrate dalla Nsa 70,3 milioni di telefonate di cittadini francesi. La sorveglianza
elettronica ha recuperato anche gli sms. I quali sono stati archiviati insieme alle telefonate. Snowden ha spiegato che la Nsa, l’Fbi, la Cia, la Dia (Defense Intelligence Agency) e altri possono servirsi in qualsiasi momento dei dati registrati e archiviati, senza bisogno di particolari autorizzazioni regolamentate. Le restrizioni possono essere soltanto politiche, vale a dire determinate dalla situazione del momento. Insomma grazie al Foreign Intelligence Surveillance Act i dati raccolti dalla sorveglianza elettronica, attraverso i vari programmi, sono a disposizione della Nsa. L’Europa è nuda sotto gli occhi dell’intelligence americana.
Gli Stati Uniti possono frugare nelle nostre vite anche se hanno scarso interesse, spetta loro decidere; sorvegliano i nostri politici; registrano le decisioni dei nostri governi. Loro sono gli entomologi e noi le formiche. Non conosciamo tuttavia, per ora, i personaggi che li interessano particolarmente nei paesi alleati. Edward Snowden ha rivelato un documento dell’aprile 2013, in cui si spiega in quarantuno pagine come servirsi dei dati ricavati da Microsoft, da Yahoo, da Facebook e da Google. All’inizio dell’anno l’attenzione era puntata su
Wanadoo.fr e Alcatel-Lucent.com. Il primo, Wanadoo, ha quattro milioni e mezzo di clienti. Il secondo, Alcatel-Lucent, impiega settantamila persone. I due gruppi sono importanti operatori nel campo delle comunicazioni. Lo spionaggio elettronico americano nei paesi alleati, come la Francia, sembra riguardare soprattutto quell’area.
Da questo si ricava un’evidenza: tra le due sponde dell’Atlantico la concorrenza economica è forte e (se non tutti) molti colpi bassi rientrano nella prassi. Una pratica inaccettabile perché appare chiaro che le grandi imprese di Internet risultano stretti collaboratori della Nsa. Intelligence e commercio si intrecciano. Le regole, democratiche e giudiziarie, possono essere infrante non per soli motivi di sicurezza. Invece di convocare e sgridare gli ambasciatori nei momenti di pubblica collera, bisognerebbe rivedere e poi far rispettare i rapporti tra l’Europa e il suo principale alleato con l’orecchio elettronico.

La Repubblica 22.10.13