attualità, politica italiana

“Quei segnali dal nord”, di Michele Prospero

Nelle analisi politiche dominano sempre più i sondaggi. Quando poi si svolgono elezioni reali, pare si tratti di eventi trascurabili. È il caso invece di attenersi ai risultati delle consultazioni parziali. In Trentino Alto Adige i numeri parlano molto più chiaro dei maghi dei sondaggi che pontificano sugli scenari ipotetici malgrado le continue confutazioni. Al voto del Trentino Alto Adige ha dedicato delle fantasiose interpretazioni Beppe Grillo, che ha parlato di «un risultato stratosferico» per il suo non-partito. Il M5S non era presente nelle provinciali precedenti e quindi il raffronto del suo odierno dato va fatto solo con le politiche del 2013. Nella provincia autonoma di Trento il M5S aveva incassato a febbraio un discreto 20,8 per cento, pari a 63758 voti. Oggi Grillo ottiene soltanto il 5,7 per cento e cioè, in termini assoluti, appena 14 mila voti. Con la perdita secca di 15 punti percentuali e di ben 47 mila voti effettivi è assai arduo cantare vittoria.
A Trento ha vinto in realtà la coalizione organizzata dal Pd (senza Sel e Rifondazione) che si aggiudica il presidente della provincia con il 58,1 per cento dei consensi. Addirittura il candidato Rossi racimola oltre due punti in più rispetto al trionfo di Dellai riportato nel 2008. La destra, che aveva oltre il 36 per cento, si dissolve in tante liste civiche, mentre la Lega, che disponeva di suo del 14 per cento, si ferma ad appena il 6 per cento dei consensi. Considerando le singole liste, buono è senza dubbio il risultato del Pd, primo partito con il 22 per cento (lo 0,5 in più rispetto al turno precedente). Molto penalizzata esce la lista di Dellai che arretra di circa 6 punti rispetto al dato registrato da Scelta Civica otto mesi fa.
Anche gli scrutini della provincia auto- noma di Bolzano sono piuttosto trasparenti. Di una stratosferica affermazione del M5S non si riscontra nessuna traccia nelle urne. All’8,3 per cento delle ultime politiche, risponde un assai modesto 2,5 per cento. E dei 25 mila voti incassati alle politiche, ne rimangono a disposizione solo 7 mila. Grillo, perdendo quasi 20 mi- la voti in pochi mesi, esce pesantemente sconfitto, al pari della destra che si dilegua in percentuali irrisorie. Buona pare invece la tenuta del Pd e significativa è l’affermazione di Sel che, in alleanza con i verdi, sfiora il 9 per cento e intasca 25 mila suffragi.
Da queste consultazioni locali, sia pure molto peculiari e refrattarie rispetto a delle facili estrapolazioni generali, è possibile ricavare un dato politico: continua la disaffezione dei cittadini, che si mani- festa con la caduta visibile della partecipazione elettorale. Sul piano della geografia politica, il test locale lascia intravvedere alcune tendenze in atto nel corpo elettorale. La destra è diventata un vero enigma, appare senza leadership e vaga nello sbando più completo nei territori, dove non resiste alle sfide ed evapora con velocità estrema. Il movimento di Grillo, oltre che di «un rapporto complicato con quell’anziano signore» che abita nel Colle, soffre anche di un palese deficit di radicamento. Non ha messo consistenti radici nei territori e per questo cade drasticamente nella raccolta del consenso quando viene a manca- re il potente traino esercitato dai nume- rosi media amici (di quelli della televisione vecchio stampo, non certo della rete). Quello capeggiato da Grillo è un movimento di protesta a fortissimo trasporto mediatico, che risulterebbe impensabile nelle sue enormi dimensioni elettorali senza le infinite e tutte eguali trasmissioni di video politica che affollano stanca- mente le reti pubbliche e private.
Incamerato il buon risultato del Trentino Alto Adige, la sinistra farebbe bene a non considerare già chiusa la partita con una destra che ora pare latitante e acefala. La destra esiste ancora nel Paese e con estrema velocità essa è in grado di riorganizzarsi attorno ad una aggiornata offerta politica. La destra che permane come sentimento oggettivo annidato in umori e forti interessi, non mancherà di ricomparire ben presto come una temibile formazione soggettiva che contenderà sino all’ultimo la leadership.
Sarebbe inoltre irrealistico giudicare come ormai esaurite le ragioni della pro- testa raccolte a febbraio dal comico del- la rivolta. Dal voto emerge un sistema friabile che, accanto a segnali di assesta- mento ravvisabili nelle elezioni territoriali, nasconde forti momenti di ebollizione, capaci di distruggere ogni apparente equilibrio con esplosioni imprevedibili.

L’Unità 29.10.13