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“L’Europa restituisca una speranza al Sud”, di Martin Schulz

Lo scorso settembre abbiamo celebrato un triste anniversario. Sono trascorsi cinque anni dal fallimento delle Lehman Brothers. Il bilancio degli stregoni della finanza per l’Europa è scioccante. Disoccupazione, in particolare quella giovanile, la contrazione del Pil con ricadute dirette sulla spesa pubblica e più tasse, condizioni penalizzanti per l’accesso al credito per le imprese e instabilità politica. Il miglior cocktail per la disperazione.
Ogni Paese europeo si è imbattuto in alcune “complicazioni” che sembravano superate nel continente più ricco del mondo: l’accesso all’assistenza sanitaria di base in Grecia, lo sfratto delle famiglie spagnole per un pagamento in ritardo, la generazione perduta dei ragazzi costretti a rimanere con i loro genitori, dovendo così abbandonare qualsiasi sogno di costruirsi una carriera o una famiglia. Il prezzo che gli europei hanno dovuto pagare era e
resta molto alto.
CI ERA stato detto che non avevamo scelta, che l’austerità fosse l’unica strada percorribile. La ripresa aveva un prezzo che noi, entusiasti, avremmo pagato. Oggi, invece, stando a quanto ci dice il Fondo Monetario Internazionale (Fmi), l’impatto dell’austerità sull’economia è stato valutato erroneamente. I tagli della spesa hanno «tagliato» la crescita in un modo inatteso. E’ probabile che negli ultimi tre anni miliardi di Pil dell’Eurozona siano stati persi inutilmente a causa di errori politici. L’Fmi ha inoltre stimato che la struttura interna della Troika era inefficace a risolvere i problemi, creando più danni che altro e più recessione di quanto calcolato, senza restituire fiducia agli investitori. La ripresa economica non solo è stata ostacolata, ma così facendo si è impedito all’Europa di riacquistare fiducia. A causa delle decisioni di pochi, la maggior parte dei cittadini si è fatto l’idea di un’Unione europea “aguzzino” senza sentimenti e scrupoli.
Scusarsi non basta più. Qualcuno deve assumersi la responsabilità per questi errori devastanti e un simile dramma, qualcuno deve essere colpevole e pagarne le conseguenze. Non puoi volere il taglio scriteriato dei capelli e accusare le forbici per i danni provocati. La Commissione Economica e monetaria del Parlamento europeo ha già aperto un’inchiesta sul lavoro della Troika in Grecia, Portogallo, Irlanda e Cipro per far luce sul perché siano stati fatti tanti e simili errori; e come sia stato possibile che tante teorie, giudicate tre anni fa giuste, si siano poi rivelate totalmente sbagliate.
Dopo anni di sospensione, il controllo democratico potrebbe finalmente iniziare a funzionare. Pur se fortemente colpiti da tali decisioni sbagliate, i Paesi europei stanno piano piano riprendendo il cammino per invertire il trend. La Grecia si aspetta un ritorno alla crescita nel prossimo anno, l’Ir-landa è pronta ad uscire dal programma di salvataggio entro fine 2013, mentre Italia, Spagna e Portogallo stanno facendo i primi passi verso la ripresa. Ma il danno ormai è stato fatto. Dobbiamo restituire fiducia all’Europa. Non parlo solo per me stesso o delle Istituzioni europee, ma anche dell’economia globale dell’Eurozona.
Come possiamo farcela? L’Europa deve accelerare la ripresa. Deve dare maggior sostegno ai giovani a trovare lavoro, creare maggior stabilità nel settore bancario grazie all’Unione bancaria, rafforzare il
mercato, dare la caccia senza quartiere a evasori ed elusori fiscali e aprire l’Europa a nuovi mercati e investimenti stranieri. Lo stesso Internet potrebbe generare una crescita incredibile se solo armonizzassimo e semplificassimo a livello europeo la nostra legislazione. Potremmo anche considerare il principio di una “Golden rule” che consenta di non calcolare nel deficit gli investimenti produttivi.
Queste sono le grandi sfide, ma i cittadini ci danno poco credito. Sono troppe le promesse fatte e pochi i risultati ottenuti. Non lanceremo slogan, ma misureremo il peso delle nostre richieste con azioni concrete realizzabili. Solo così invertiremo il trend di fiducia e porremo le basi per una ripartenza proprio dal Sud dell’Europa.
(L’autore è presidente del Parlamento Europeo)

La Repubblica 01.10.13

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