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“Ok al bonus e digitale fai-da-te . Ma saltano i 41 milioni per le università più virtuose”, di Valentina Santarpia

Via libera della Camera dei deputati sul decreto scuola, approvato con i voti favorevoli di Pd e Pdl, il parere contrario di Lega nord e Fratelli d’Italia e l’astensione di Sel e Movimento Cinque stelle. Ora passerà al Senato. Saltano i fondi aggiuntivi per le università migliori, si tratta di una questione tecnica. Restano fuori dal decreto anche quasi tutte le proposte di modifica sulle graduatorie, tranne l’emendamento che salvaguarda circa 2386 presidi, trasformando le graduatorie di merito in graduatorie ad esaurimento, e facendo quindi sì che non venga bandito un nuovo corso-concorso finché non saranno assunti i dirigenti scolastici in attesa. Ma la Camera approva un ordine del giorno perché il ministero, una volta per tutte, si chiarisca in quali modi avvengono i reclutamenti e dove possono essere apportati correttivi. Impegno ufficiale dell’esecutivo anche sulle borse di studio: i 40 milioni per finanziarle dovranno essere trovati nell’ambito della legge di stabilità. Tra i provvedimenti approvati, un piano triennale 2014-2016 per l’assunzione a tempo indeterminato del personale della scuola, la rideterminazione della dotazione organica dei docenti di sostegno, risorse per andare incontro alle esigenze di trasporto degli studenti delle scuole medie e superiori.

UNIVERSITA’ – Sfumano i 41 milioni aggiuntivi per le università virtuose: i fondi, già disponibili presso il Ministero delle finanze, sono risorse destinate agli investimenti e non possono quindi essere dirottate sul fondo per le università, quelle risorse degli atenei che vengono attribuite anche in base al merito certificato dall’Anvur. “Abbiamo invano cercato una soluzione contabile che ci permettesse di usare quei fondi, che altrimenti rischiamo di perdere. Ma non è stato possibile”, spiega la deputata Pd Manuela Ghizzoni, la nuova relatrice del provvedimento alla Camera dopo le dimissioni del pidiellino Giancarlo Galan. Secondo Ghizzoni, si è trattato di un problema puramente “tecnico”, che però di fatto frena le aspettative dei rettori. Il fondo per le università, che ammonta a circa 6,3 miliardi, è sottoposto da tre anni a tagli, al ritmo di 300 milioni l’anno, per cui tutte le università arrancano: avranno «solo» 150 milioni in più .

BONUS MATURITA’ –Con il via libera alla Camera, si fa più vicino l’ingresso degli esclusi dal bonus maturità nelle università a numero chiuso, cioè Medicina e chirurgia, Odontoiatria, Veterinaria e Architettura. Come previsto dal compromesso trovato in Commissione, infatti, gli studenti che, vantando il credito del bonus, avrebbero potuto raggiungere il punteggio necessario per essere ammessi, saranno iscritti in sovrannumero nelle università, secondo il punteggio complessivo ottenuto e l’ordine di preferenza delle sedi indicate al momento dell’iscrizione al test di accesso. Potranno vedersi assegnare il voto aggiuntivo della maturità solo gli studenti che hanno ottenuto almeno venti punti al test di accesso. Gli studenti coinvolti potranno scegliere se iscriversi subito, oppure l’anno prossimo, nel caso vogliano completare l’anno accademico presso un’altra facoltà e farsi poi convalidare gli esami sostenuti. La stessa opportunità è data a quegli studenti che non hanno potuto, sempre perché penalizzati dal mancato bonus, iscriversi nell’ateneo preferito: anche in questo caso potranno trasferirsi immediatamente oppure riservarsi quest’opzione per settembre 2014. Una scelta, quella della commissione, dettata dalla necessità di non voler penalizzare chi si è visto cambiare le regole in corsa: il bonus, voluto dall’ex ministro Francesco Profumo, era infatti stato cancellato proprio nei giorni del test dall’attuale ministro Maria Chiara Carrozza, senza essere mai stato applicato.

POLITICAMENTE CORRETTA. E SANA.– La scuola non serve solo a imparare nozioni, ma ad acquisire un pensiero aperto e rispettoso. E’ una delle vere novità che emerge dagli emendamenti approvati durante la discussione finale del decreto scuola. A dettare la linea, due punti: un emendamento, che prevede esplicitamente che i 10 milioni per la formazione dei docenti dovranno essere utilizzati non solo per migliorare le competenze degli studenti, ma puntare anche sull’educazione “all’affettività, al rispetto delle diversità e delle pari opportunità di genere e al superamento degli stereotipi di genere”. E un ordine del giorno, accolto dal governo, che introduce il rispetto del codice delle pari opportunità nei libri di testo: mai più didattica che rischi di discriminare o offendere, per capirci. Il decreto punta anche ad educare al rispetto del corpo e della salute: il divieto di fumo è esteso ai cortili e alle sigarette elettroniche, mentre gli stili di vita sani – educazione fisica e abitudini alimentari corrette- vengono promossi.

PIU’ BREVI E PIU’ SNELLI – Sempre per gli studenti di Medicina, arriva un’altra novità dal decreto scuola: le specializzazioni dureranno di meno, in linea con quanto accade negli altri Paesi europei. In generale, saranno tagliati i corsi di specializzazione almeno di un anno. Le nuove regole saranno gradualmente introdotte per gli studenti dei primi anni, mentre per quelli dal quarto anno in poi saranno valide le norme precedenti.

NO ALLE CLASSI POLLAIO – Una riduzione dovrebbe avvenire anche per il numero di studenti per classe: per ora un ordine del giorno impegna il governo ad occuparsi delle famigerate classi pollaio. E si punta pure a far calare quella fetta enorme di ragazzi che lascia la scuola prima del tempo: fondi ad hoc finanzieranno i progetti integrativi contro la dispersione scolastica.

MONDO DIGITALE –Entro il 2015 gli istituti scolastici potranno elaborare da sé il materiale didattico digitale da usare, sotto la supervisione di un docente che garantisca la qualità dell’opera sotto il profilo scientifico e didattico. E comunque lo Stato non può più tirarsi indietro: il suo compito è quello di “promuovere – si legge al 2 quater – lo sviluppo della cultura digitale”, definire “politiche di incentivo alla domanda di servizi digitali” e favorire “l’alfabetizzazione informatica anche tramite una nuova generazione di testi scolastici preferibilmente su piattaforme aperte che prevedano la possibilità di azioni collaborative tra docenti, studenti ed editori”.

INGLESE ALLA MATERNA – Viene introdotta la lingua inglese anche alla scuola materna dove verrano insegnati i «primi rudimenti» della lingua.

ORIENTAMENTO PERMANENTE – Si comincia all’ultimo anno della scuola media, per capire verso che istituto scolastico secondario orientarsi, si prosegue negli ultimi due anni di liceo o istituto professionale, per indirizzarsi all’università oppure nel mondo del lavoro. Si chiama orientamento, ed è uno dei cardini del decreto, che punta a fare degli studenti di oggi dei lavoratori domani, non fra decenni. Per questo viene avviato, a partire dal triennio 2014-2016, un programma di sperimentazione con formazione in azienda e contratti di apprendistato.

EDILIZIA SCOLASTICA – Ottocento milioni per ricostruire o costruire di sana pianta le scuole malandate del nostro Paese: il mutuo che l’Italia contrarrà con la Banca di sviluppo europea le costerà 40 milioni di euro all’anno per i prossimi trent’anni, ma dovrebbe permettere un risanamento generale delle strutture, in base alle esigenze dichiarate dalle Regioni. Ma, per evitare sprechi e ritardi, il ministro delle Infrastrutture, quello dell’Economia e il titolare dell’Istruzione predispongono insieme una relazione da trasmettere ogni anno alle Camere sullo stato di avanzamento dei lavori relativi a interventi di edilizia scolastica e sull’andamento della spesa.

IMPARA L’ARTE- Nel senso letterale della parola: il decreto rilancia l’Alta formazione artistica, musicale e coreutica e stanzia un milione di euro per le accademie di belle arti non statali “al fine di rimediare alle gravi difficoltà finanziarie”. Al via anche un monitoraggio della didattica negli istituti superiori: dopo aver riportato la geografia negli istituti tecnici professionali, potrebbe essere il primo passo per salvaguardare l’insegnamento della storia dell’arte, penalizzato dalla riforma Gelmini.

Il Corriere della Sera 02.11.13

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«Certificare la qualità senza incentivi Così puniamo le nostre eccellenze», di Elvira Serra

«Non possiamo morire di cavilli amministrativi». Stefano Paleari, presidente della Conferenza dei rettori delle università italiane e alla guida dell’ateneo di Bergamo, rinuncia al suo proverbiale equilibrismo («sono considerato un diplomatico, anche nella valutazione e nei giudizi») per commentare la notizia che dal decreto scuola sono spariti i quarantuno milioni di euro previsti per gli atenei virtuosi. I soldi c’erano, ma un problema tecnico non ha permesso lo stanziamento.
Cosa la amareggia di più?
«Mi si può spiegare che è un fattore tecnico, che ci sono delle ragioni precise e insormontabili, ma sono stato a Stoccarda da poco, dove l’ateneo ha 26 mila studenti e i finanziamenti statali sono sette, otto volte quelli italiani. È stupefacente vedere come a fronte di una volontà politica precisa di trovare le risorse per valorizzare il merito, e addirittura in presenza di quei fondi, poi non se ne sia fatto nulla».
Lei lo aveva chiesto in una lettera indirizzata lo scorso settembre al premier Enrico Letta e al ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza: un segnale al merito e ai giovani.
«Sì, due proposte semplici da inserire nella legge di stabilità. Ci sembrava che il messaggio fosse stato recepito. Le università si sono sottoposte alla valutazione della loro attività di ricerca sulla base di parametri internazionali da parte dell’Anvur, l’agenzia di valutazione dell’università e della ricerca: ci aspettavamo che a questo corrispondesse una sensibilità finanziaria correlata ai risultati, non una distribuzione a pioggia. Questa è cultura delle punizioni. Quale messaggio stiamo dando ai giovani?».
Lo dica lei.
«Sono segnali pessimi. Dal 2009 a oggi il costo dell’università è passato da sette miliardi e mezzo a sei miliardi e mezzo di euro, il numero dei ricercatori è sceso da 62 mila a 52 mila: chi è uscito per ragioni di anzianità non è stato sostituito. Siamo l’unico comparto della pubblica amministrazione che ha subito questa riduzione di finanziamenti e di organici. Cos’altro dobbiamo fare? Ovvio che poi i ragazzi se ne vanno. In tutto il mondo, non soltanto in quello occidentale, l’università è considerata uno dei pilastri sui quali costruire la competitività del Paese. Perché in Italia è l’ultima delle preoccupazioni?».
Non si può dire, però, che la crisi stia risparmiando qualche settore…
«In Germania l’università costa 25 miliardi all’anno, in Francia venti, in Inghilterra, malgrado quanto paghino gli studenti, lo Stato finanzia per dieci miliardi. E, restando in Germania, realtà che conosco giacché faccio parte del board dei rettori europei, laggiù non solo studiare costa di meno, ma il rettore ha la possibilità di modulare gli stipendi dei ricercatori sulla base del merito».
Perché la cultura del merito fa così paura?
«Posso dire che oggi i ragazzi costruiscono la loro posizione nella società aperta sulla base dell’impegno profuso e in funzione delle loro qualità. La loro generazione è estremamente competitiva. Ma l’affermazione della qualità e del merito può avvenire solo se trova collateralmente gli incentivi per essere promossa, altrimenti si trasforma in cultura della punizione».

Il Corriere della Sera 02.11.13

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